10 gennaio -
Gentile Direttore,
la professione medica, attraverso alcune sue componenti di rappresentanza sindacale, irrompe prepotentemente nel “dialogo” aperto tra le rappresentanze professionali istituzionali degli Ordini, scompigliando ulteriormente i fragili equilibri in un contesto di evoluzione della sanità italiana.
Giusto il tempo di scambiarsi gli auguri di buone feste e ricominciare l’attività nel nuovo anno, il vice di Anelli in uno dei suoi vari incarichi pubblici, quello di segretario regionale di CIMO-Veneto (ma quando i medici inizieranno ad adottare un codice di incompatibilità tra cariche ordinistiche, sindacali, di amministrazione ENPAM, ONAOSI etc?) attacca le professioni sanitarie attivando
un ricorso alla giustizia amministrativa contro la Delibera n.1580 del 29/10/2019 della Regione Veneto che per prima in Italia, in applicazione del CCNL 2016/2018, artt. 14-23, ha approvato l’istituzione dei percorsi di formazione complementare per gli esercenti delle 22 professioni sanitarie, per l’acquisizione delle competenze avanzate e il conferimento di incarichi di professionista esperto.
Ricorso che peraltro arriva proprio il giorno in cui il Ministro della Salute Speranza adotta il decreto che istituisce la
consulta permanente delle professioni sanitarie e sociosanitarie.
Un atto inaudito ricolmo di tanta arroganza istituzionale mai vista prima: un sindacato che fa ricorso sull’applicazione di un contratto, di una distinta area contrattuale, adottando motivazioni facilmente confutabili.
Oggetto del contendere è il percorso adottato dalla Regione del Veneto per attuare il disposto contrattuale che prevede che possa essere conferito un incarico professionale di esperto ad elevata specificità professionale (sempre nell’ambito della disciplina sanitaria di riferimento) ad un dipendente del SSN esercente delle 22 professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, a seguito di formazione post laurea programmati dalle Regioni su modelli specifici di contesto regionale, cioè un’implementazione o meglio un’emersione delle sue capacità, con ulteriori compiti rispetto a quelli iniziali del profilo posseduto, cioè un’implementazione o meglio un’emersione delle sue capacità e potenzialità professionali.
La norma contrattuale era contenuta già nell’Atto di Indirizzo del Comitato di Settore Regioni Sanità che dava direttive all’ARAN per la contrattazione, Atto di indirizzo approvato dal Consiglio dei Ministri e dalla Conferenza delle Regioni, recepita nel vigente contratto nazionale del personale del SSN, approvato dal Consiglio dei Ministri e dalla Corte dei Conti, quindi pienamente legittimo ed operante.
Presupposto normativo era che le competenze avanzate dei professionisti sanitari erano già una solida realtà in molte Regioni, tra cui il Veneto. Era quindi legittimo e doveroso riconoscerle anche contrattualmente con questo nuovo incarico di responsabilità professionale.
Ciò anche per rispondere allo sviluppo del sistema sanitario che chiede maggiore flessibilità e specificità nelle prestazioni sanitarie esaltando la responsabilità delle Regioni ad adottare nuovi modelli per rispondere ai nuovi bisogni di salute derivanti dal mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese, dall’aumento delle cronicità nonché determinato dall’evoluzione scientifica, tecnologica e ordinamentale.
Quindi pienamente rispondente a principi di giustezza contrattuale che le Aziende sanitarie debbano riconoscere tale incarico professionale di esperto e pienamente legittime le Regioni che possano programmare formazione post-laurea che incrementi o faccia emergere le potenzialità professionali dei professionisti dipendenti dalle proprie Aziende sanitarie, sarebbe da condannare se non lo facessero.
Teniamo anche a precisare che nella delibera della Regione Veneto, non si ravvede alcun riferimento ad atti o prestazioni che in qualche modo risultino un’invasione di campo dell’atto medico, a meno che non si voglia considerare che tutto quello che è sanitario sia un atto medico.
In verità, come già ampiamente dimostrato in ricorsi in materia, trattasi di competenze che ben rientrano in quelle delineate dai decreti istitutivi delle medesime professioni sanitarie di cui all’articolo 6, terzo comma, del d.lgs. 502/92, dalle leggi 42/99, 251/00, 43/06 e dal d.lgs. 15/16.
Per questi motivi la FIALS si costituirà ad opponendum verso il ricorso intentato dalla CIMO veneta, in difesa del diritto di valorizzazione contrattuale e della crescita professionale di tutte le 22 professioni sanitarie (infermieri, ostetriche professionisti sanitari tecnici, della riabilitazione e della prevenzione…) che operano nelle aziende sanitarie, per la tutela della salute individuale e collettiva. Diritto loro negato da più di 40 anni di contrattazione e che per la prima volta, con questo rinnovo contrattuale è stato riconosciuto.
Cari signori, è finito il tempo di professionisti ausiliarie, ancillari al medico, privi di formazione, senza rappresentanza ordinamentale… “paramedici o non medici” a cui avete negato per anni anche il diritto al proprio nome di professione.
Giuseppe Carbone
Segretario Generale della FIALS