11 novembre -
Gentile Direttore,
l’articolo 80 stabilisce un aumento delle accise sui tabacchi irrisorio. La nostra complessa regolamentazione permetterebbe di assorbire l’aumento dell’accise senza ricaduta sul prezzo. Ma anche nel caso i produttori decidessero di scaricare tutto l’aumento della tassazione sul prezzo al consumo, l’aumento sarebbe pari a 10 centesimi a pacchetto, mezzo centesimo per sigaretta e 0,25 centesimi a sigaretta rollata. Nessun aumento per prodotti a tabacco riscaldato né per le sigarette elettroniche e liquidi di ricarica.
La traduzione in norme tradisce il dettato del titolo II che recita:
Misure fiscali a tutela di ambiente e salute. Quale effetto dissuasore sui consumi potrà avere un aumento tanto esiguo?
Per comprendere il perché di tale tradimento bisogna sforzarsi di leggere le
pagine 173-174 e 279-287 della Relazione al Disegno di Legge di Bilancio, in cui il MEF fornisce le motivazioni tecniche.
Gli obiettivi dichiarati dal MEF sono contrari alla tutela della salute
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) dichiara che “le misure fiscali mirano ad evitare un eccessivo potenziale incremento dei prezzi di vendita dei prodotti, che potrebbe comportare ripercussioni negative sui consumi …” In altri termini, MEF non vuole diminuire il numero di fumatori, e quindi ridurre il carico di malattie croniche, i costi per le famiglie e il servizio sanitario né salvare vite umane (si stimano circa 70000 decessi attribuibili al fumo di tabacco all’anno!). Per timore di ridurre le entrate dello Stato.
La letteratura scientifica sostiene che l’aumento delle accise sui tabacchi riduce il numero di fumatori, in particolare tra i giovani e tra i soggetti più poveri, e – allo stesso tempo – aumenta le entrate fiscali, perché la riduzione dei consumi non è proporzionale all’aumento dei prezzi. La Banca Mondiale concorda con l’organizzazione mondiale della salute nello stimare che per ogni aumento del prezzo dei tabacchi del 10%, corrisponderà una riduzione dei consumi del 4% (elasticità della domanda in base al prezzo = -0.4 oscillando tra -0,2 e -0,6). Nel caso del tabacco la domanda è abbastanza rigida, perché il consumatore è dipendente dalla nicotina. Per questo motivo, nonostante la riduzione dei consumi, gli introiti fiscali aumentano.
Dati distorti sulla elasticità della domanda rispetto al prezzo
Per rafforzare le sue conclusioni, la nota si produce in una stima della elasticità della domanda di sigarette in Italia, affermando che nel 2019 “a fronte di un aumento medio dei prezzi del 3 per cento, intervenuto nei primi mesi dell’anno, si sono registrati cali nei consumi di circa il 4 per cento”. Ci troveremmo quindi di fronte ad un caso unico, in cui i consumi si sarebbero ridotti ancora più di quanto atteso in base all’aumento del prezzo. Come si spiega questa anomalia? Si tratta di una illusione ottica.
Basta infatti continuare a leggere la nota: “Inoltre potrebbero accentuare lo spostamento della domanda verso prodotti sostitutivi (trinciati per sigarette, tabacchi e liquidi da inalazione) su cui grava una minore fiscalità.” E’ proprio quello che accade in Italia: in pochi anni i consumi di trinciati per rollare sigarette, di prodotti a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche sono aumentati in modo esponenziale, uno spostamento dei consumatori su prodotti più economici oppure potenzialmente meno dannosi. E’ a causa di questo spostamento che i dati del MEF risultano fortemente distorti e ingannevoli.
Lo spostamento di prodotto è causato dalla politica fiscale
Perché i consumatori si spostano su altri prodotti? Le ragioni sono molteplici, ma una è la nostra politica fiscale che tassa in maniera disuguale i diversi prodotti e succedanei del tabacco, favorendo lo spostamento di prodotto. Anche con l’applicazione dell’articolo 80 nella sua veste attuale, trinciati e prodotti a tabacco riscaldato. E’ da notare che fra questi prodotti alternativi, i trinciati per sigarette sono ugualmente dannosi rispetto alle sigarette, mentre per i prodotti a tabacco riscaldato e le sigarette elettroniche c’è una possibile riduzione del rischio, la cui dimensione non è ancora stata dimostrata scientificamente.
Non poteva mancare nella nota, un altro cavallo di battaglia dell’industria del tabacco: “Ulteriore effetto [dell’aumento dei prezzi] potrebbe essere l’incremento del consumo di prodotti di contrabbando e contraffatti.” L’attuale evidenza scientifica NON supporta questa tesi. Al contrario, alcuni importanti studi hanno dimostrato che il prezzo non sia un determinante importante del contrabbando.
Altri paesi simili al nostro hanno avviato politiche fiscali con l’obiettivo della tutela della salute
Grazie a politiche fiscali mirate sul serio alla tutela della salute, In Inghilterra e Irlanda il prezzo delle sigarette è quasi il doppio rispetto all’Italia. In Francia hanno capito che è questa la strada da seguire per ottenere un aumento delle entrate e un grande risultato in termini di anni di vita guadagnati: il prezzo di un pacchetto di sigarette è stato recentemente aumentato a 10€.
Il gruppo del Tobaccoendgame chiede quindi al Legislatore di non lasciarsi fuorviare e di avere coraggio per contrastare sul serio quello che, ancora oggi, è il più grave rischio per la salute della popolazione italiana.
Prof. Fabrizio Faggiano
Associazione Italiana di Epidemiologia
Dr. Vincenzo Zagà
SITAB Società Italiana di Tabaccologia
Dr. Laura Bodini
Società Nazionale Operatori della Prevenzione
Prof. Maria Sofia Cattaruzza
Società Italiana di Igiene e Medicina Preventiva
Dr. Paolo D’Argenio
Associazione Italiana di Epidemiologia
Dr. Silvano Gallus
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
Dr. Giuseppe Gorini
Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPRO)
Dr. Giacomo Mangiaracina
Agenzia Nazionale per la Prevenzione