4 novembre -
Gentile Direttore,
ormai da diverse settimane come Cisl Medici siamo qui nel Lazio a rimarcare sulla stampa e con ogni mezzo la gravità del fenomeno delle aggressioni ai camici bianchi. Abbiamo scritto al Ministro degli Interni, ai Prefetti, ai politici regionali. Sono state convocate riunioni provinciali per l’ordine e la sicurezza, sono state presentate interrogazioni urgenti nel Consiglio Regionale del Lazio, abbiamo ricevuto incoraggiamenti solidali ad andare avanti in questa battaglia di civiltà.
Abbiamo comunicato di avere deciso di costituirci parte civile, e lo faremo, in caso di aggressione ad un collega iscritto al nostro sindacato. Abbiamo chiesto l’inasprimento delle pene e la tolleranza zero nei confronti di chi delinque aggredendo un operatore sanitario.
Abbiamo tirato le somme di questo percorso di denuncia e di sensibilizzazione e per un attimo ci siamo ritenuti soddisfatti di quanto avevamo messo in moto anche da un punto di vista mediatico.
Poi, in queste ore, sulla mia posta di segretario generale della Cisl Medici Lazio ho ricevuto la mail di una collega nostra iscritta. La riporto integralmente perché dopo averla letta e riletta più volte ho capito che quello che avevamo già fatto non era motivo di soddisfazione e non potevamo abbassare la guardia. E questa mail è un altro giusto stimolo per andare avanti.
“Buongiorno, ho compiuto proprio ieri il mio 58esimo compleanno e forse proprio per questo sono più vecchia, più saggia ma soprattutto più rompi. Il lavoro del medico di Pronto Soccorso è ritenuto lavoro usurante? Quali sono i requisiti e le mosse politiche e sindacali per far si che sia ritenuto tale? Sono veramente motivata a far rispettare i diritti dei lavoratori perché spesso siamo consapevoli del non rispetto di essi ma si va avanti senza poter far nulla per non opporsi a un sistema di progettualità sul risparmio di risorse che paradossalmente premia con la moneta chi la qualità non sa neanche dove sia di casa, sfruttando medici, infermieri ed ausiliari psicologicamente e fisicamente. Infine ricordo che il capitale di ogni medico viene messo a rischio per le denunce a volte ingiuste, da parte dei pazienti e dei parenti di pazienti e anche se le assicurazioni garantiscono, è il medico che deve anticipare sia in preoccupazioni, a volte laceranti, che in moneta. La mia battaglia in questo periodo la sto portando avanti grazie a voi ed è per questo che vorrei aiutare anche chi non ha più la forza di lottare. Bisogna riaccendere quel fuoco che ci rende vivi quando si lotta per le cose giuste.
Con questo per oggi ho finito grazie per la pazienza”.
Quando un medico è aggredito, verbalmente o fisicamente nell’esercizio delle sue funzioni sarebbe opportuno che si possa procedere d’ufficio e non a querela di parte. Avere la certezza che i tuoi datori di lavoro, l’Azienda Sanitaria e la Regione, si costituiscono parte civile nel procedimento penale verso gli aggressori darebbe vigore al senso di appartenenza che ormai è da ritenersi nullo.
Noi della Cisl Medici comunque non molliamo: questa è una battaglia di civiltà che portiamo avanti per sensibilizzare l’opinione pubblica, la politica e le Istituzioni e per fare capire loro che non siamo carne da macello.
Luciano Cifaldi
Segretario generale Cisl Medici Lazio