22 ottobre -
Gentile Direttore,
uno studio italiano presentato al 33° Congresso della Società Europea di Cardiochirurgia ha riaperto la discussione sulla sicurezza delle procedure di impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI), rispetto all’impianto di una valvola con intervento cardiochirurgico tradizionale (SAVR). Come Società Italiana di Cardiologia Interventistica, siamo rimasti sorpresi e preoccupati dai dati rilanciati dal Prof. Gino Gerosa, Presidente della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca. Sgomenti per
come è stata presentata la notizia.
L’articolo fa infatti riferimento all’esposizione preliminare, al congresso di Lisbona, di un’analisi condotta con un rigore statistico del tutto discutibile. Le risultanze di tale analisi non sono ancora state sottoposte alla valutazione di revisori scientifici dedicati, come di norma accade per tutti gli studi prima della loro divulgazione, e l'analisi stessa, di conseguenza, non è infatti ancora stata pubblicata su alcuna rivista scientifica. La divulgazione di tali informazioni ad un pubblico di non addetti ai lavori, che non possa pertanto farne una lettura critica e comprenderne le intrinseche limitazioni, è pericolosa e fuorviante. Rischia di generare purtroppo una grave disinformazione e un conseguente, immotivato allarmismo nella popolazione.
Ci sentiamo di tranquillizzare la popolazione in generale, ed in particolare tutti coloro che sono già stati sottoposti a procedura transcatetere di protesi valvolare aortica o che sono in procinto di esserne sottoposti o che hanno dei familiari candidati ad essa. La procedura di impianto transcatetere di protesi valvolare aortica viene effettuata nel mondo dal 2002, ed in Italia nel 2018 sono stati effettuati circa 7000 interventi di TAVI nei centri di Cardiologia Interventistica in tutta Italia. La sicurezza e l'efficacia della TAVI è supportata da robusti studi scientifici, condotti con le metodologie statistiche le più raffinate (trial randomizzati), e pubblicati sulle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, dopo aver superato revisioni di esperti nel settore ed essere state incluse nelle linee guida internazionali. Questi studi ne hanno via via confermato la validità come metodica terapeutica dapprima nei pazienti a elevato rischio operatorio, quindi inoperabili, ma vogliamo sottolineare la non inferiorità rispetto alla chirurgia tradizionale anche nei pazienti con un rischio operatorio intermedio.
È fondamentale che il centro di emodinamica in cui si procede all’impianto di valvola aortica con TAVI abbia un consistente volume di procedure, almeno non inferiore a 30 all’anno. Inoltre il paziente deve essere valutato e selezionato correttamente dall’Heart Team, un pool multidisciplinare di esperti che è in grado di valutare la scelta di eseguire la TAVI piuttosto che procedere con la chirurgia tradizionale ed esamina attentamente le caratteristiche cliniche ed anatomiche di ogni singolo caso. Nell’Heart Team sono sempre presenti almeno un cardiologo interventista ed un cardiochirurgo, proprio a garanzia di una corretta selezione del tipo di trattamento per quel singolo paziente.
È dimostrato che non solo TAVI ha raggiunto la non-inferiorità rispetto alla soluzione a cuore aperto, in termini di mortalità ed incidenza di ictus cerebrale, ma si è dimostrata superiore alla chirurgia per quanto riguarda l’incidenza di morte, ictus e re-ospedalizzazione ad un anno. A confermare la consistenza dei dati scientifici disponibili sono stati recentemente presentati i risultati a 5 anni di uno studio effettuato con una metodologia rigorosa (PARTNER 2A) che ha ulteriormente validato la bontà di tale metodica, dimostrando l'efficacia di TAVI rispetto alla cardiochirurgia in particolare se effettuata con approccio che utilizza come via di accesso l'arteria femorale. Da sottolineare infatti come sia solo l’approccio mininvasivo transfemorale, e non gli approcci ibridi che prevedono l'inserimento della valvola attraverso l’apice del cuore per esempio, a rendere la TAVI altrettanto efficace rispetto alla chirurgia tradizionale.
Su questo possiamo citare l’OBSERVANT II, presentato proprio all’ultimo Congresso Nazionale del GISE dalla Dott.ssa Fulvia Seccareccia, epidemiologa responsabile del più grande studio italiano sul trattamento della stenosi aortica, presso il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità. Lo studio ha raccolto dati su 3000 pazienti sottoposti a procedura TAVI nelle Emodinamiche Italiane e rappresenta un’accurata fotografia dell’evoluzione del trattamento percutaneo della stenosi aortica nel mondo reale. I risultati preliminari, che riguardano solo il primo anno di attività, dimostrano che il passaggio da device di prima generazione a device di nuova generazione si accompagna ad una importante riduzione di eventi avversi intraprocedurali e di mortalità a 30 giorni. Questo netto miglioramento dei risultati ottenuti si riflette anche confrontando i dati su procedura transcatetere e intervento di sostituzione valvolare chirurgica”.
Gli italiani affetti da problemi valvolari sono oltre un milione. Tra chi ha più di 75 anni, 200.000 le persone colpite da stenosi aortica e circa 600.000 alle prese con insufficienza della valvola mitrale. Ma solo 1 su 7 di questi pazienti ha accesso alle terapie transcatetere più innovative, ormai standard di cura in Europa e nel mondo. Il nostro obiettivo ora è ottimizzare le prestazioni, per ridurne i costi, migliorarne la produttività e favorirne l’appropriatezza. Puntiamo a contribuire attivamente ad un sistema regolatorio che favorisca l’introduzione di tecnologie all’avanguardia: esistono soluzioni terapeutiche impensabili fino a qualche anno fa, dobbiamo renderle accessibili, superando ostacoli siano essi clinici logistici ed economici.
Prof. Giuseppe Tarantini
Presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica