23 settembre -
Gentile Direttore,
concordando con
l’articolo di E. Messina sugli aspetti di natura sindacale della Medicina di’iniziativa, rilevo in generale ancora una volta un approccio troppo centrato sulla componente medica. Sarebbe a mio parere più opportuno parlare di “sanità” d’iniziativa, in quanto senza l’apporto di altre figure professionali, segnatamente quelle del settore infermieristico, non sarebbe stato possibile attuare la presa in carico e il coinvolgimento dei malati cronici e dei loro familiari in un percorso di prevenzione e cura delle polipatologie in essere.
Per gli infermieri la Sanità d’Iniziativa ha significato rispettare i contenuti dei percorsi clinico assistenziali standard definiti dai professionisti all’interno dell’Azienda Sanitaria di riferimento e sulla base delle indicazioni fornite dalla Regione, e in particolare, personalizzare alcuni aspetti all’interno di questi percorsi, se e quando indicato dal Medico di Famiglia. La personalizzazione dell’assistenza, di concerto con il medico di MG, implica aver iniziato a conoscere profondamente la persona, avere chiare le risorse personali e familiari disponibili, comprendere le difficoltà personali e socioeconomiche ed attivarsi per trovare soluzioni originali e spesso individuali ai bisogni di salute.
Per l’implementazione del modello organizzativo-gestionale della SdI le figure maggiormente coinvolte sono i medici di MG e gli infermieri; questo, forse, ha reso ancora più vivo tra le due professioni, l’arcaica preoccupazione legata alla presunta invasione di ruolo e di attività, alla perdita di spazi di autonomia operativa, il timore per il sorgere di contrasti per il mantenimento del ruolo professionale o del suo recupero.
La sanità d’iniziativa, almeno come declinata nella Regione Toscana, si proponeva di:
- Offrire agli assistiti le massime facilitazioni nell’accesso ai servizi, utilizzando ampiamente strumenti come linea telefonica dedicata, e-mail e internet nelle relazioni tra pazienti, la famiglia e i professionisti.
- Coinvolgere i pazienti nei processi assistenziali attraverso il più ampio accesso alle informazioni, il counselling e il supporto all’autocura, attraverso personale opportunamento preparato.
- Allestire sistemi informativi in grado di documentare i risultati e la qualità degli interventi sanitari;
- Organizzare sistemi di follow-up e reminding che agevolassero il controllo dei processi di cura, in particolare nel campo delle malattie croniche, come diabete, BPCO, cardiopatica ischemica.
- Garantire l’attuazione di percorsi diagnostico-terapeutici, il conseguente coordinamento tra i diversi professionisti e la continuità dell’assistenza tra differenti livelli organizzativi come tra ospedale e territorio.
Di questo non tutto è andato a buon fine, ma in alcune realtà il processo della SdI ha portato buoni risultati come è possibile verificare consultando i dati dell’Agenzia Regionale di Sanità.
Saffi Giustini
Medico di MG Montale (PT)
Coordinatore AFT Sanità d'iniziativa
Commissione Farmaco Reg. Toscana