31 luglio -
Gentile Direttore,
la Presidenza del Consiglio ha recentemente trasmesso alle Regioni lo schema di accordo su “
Linee di indirizzo per l’individuazione di percorsi appropriati nella rete di riabilitazione”. Diverse indicazioni che la SIMFER ritiene qualificanti trovano riscontro in questa versione del documento; su altri aspetti si ritiene permangano aspetti di criticità che meriterebbero un’ulteriore approfondimento, o che comunque – in caso di approvazione definitiva - necessiteranno di ulteriori indicazioni attuative.
Di seguito le principali osservazioni della Società Scientifica, nel consueto spirito di confronto propositivo con le istituzioni, i professionisti del settore ed i fruitori dei servizi.
E’ positiva la specifica attenzione manifestata verso il settore della Riabilitazione, visto come un settore dell’assistenza sanitaria che merita azioni programmatorie dedicate. E’ un’impostazione che sottolinea l’unitarietà del settore contrapponendosi alla frammentazione delle attività riabilitative all’interno delle diverse discipline “organo-specifiche”. Si allinea al consenso internazionale sul ruolo cruciale della riabilitazione, che l’OMS - nel programma “Rehabilitation 2030” - definisce come “priorità del 21° secolo” per i sistemi sanitari di tutto il mondo.
Il documento si pone in esplicitacontinuità con precedenti indicazioni normative, come le Linee Guida sulla Riabilitazione del 1998 e con il Piano di Indirizzo sulla Riabilitazione del 2011, ribadendone i principi e sottolineando la necessità di azioni specifiche per giungere ad una più completa ed omogenea traduzione operativa.
Segnala ritardi e disomogeneità fra le Regioni nell’attuazione di quanto stabilito a livello normativo; è significativo che essi vengono attribuiti a difficoltà programmatorie, e non a difetti o carenze del modello organizzativo proposto, che è sostanzialmente confermato nella sua validità.
La SIMFER ha sempre sostenuto la necessità di una cornice organizzativa omogenea, ed in particolare della organizzazione dipartimentale delle attività riabilitative. Tale assetto è più volte richiamato nel documento, che riporta però anche altre possibili opzioni. A giudizio della SIMFER, l’opzione dipartimentale è e rimane la più appropriata a garanzia delle continuità di cura e dell’uso corretto delle risorse.
Il richiamo ad una più corretta ed omogenea codifica delle attività, sia ospedaliere che territoriali, appare in sintonia con le proposte da tempo formulate dalla SIMFER, (sviluppo di Scheda di Dimissione in grado di valorizzare l’attività riabilitativa, inserimento di indicatori funzionali nei sistemi informativi ambulatoriali e territoriali, riferimento alla classificazione ICF…).
Il documento si ispira ad una visione complessiva e sistemica dei servizi riabilitativi nel loro insieme (ospedalieri e territoriali) ed in più punti rimarca criteri di continuità, integrazione e collaborazione, a garanzia della qualità delle cure. Anche questa visione è in accordo con gli indirizzi della Società Scientifica; rimandando ad esempio al concetto di “Percorso Riabilitativo Unico” .
Viene stabilito che la continuità va assicurata con relazioni formalizzate fra UUOO per acuti e UUOO riabilitative e strumenti informativi codificati; è ribadito il ruolo di specifica responsabilità del medico specialista in riabilitazione sia nella fase di passaggio dai setting di acuzie alla riabilitazione, che nella fase di reinserimento territoriale e domiciliare.
Elemento di particolare interesse è il Piano Locale dell’Assistenza Riabilitativa, tema che concorda con una proposta che la SIMFER aveva avanzato già dal 2016. Si tratta di un documento che impegna il programmatore locale a garantire a l’accesso appropriato, equo e tempestivo ai servizi riabilitativi, attribuendo a ciascun erogatore, pubblico accreditato, un ruolo definito nei percorsi di cura per le diverse condizioni disabilitanti, e valorizzando i collegamenti fra le diverse strutture. Si tratta di un’indicazione organizzativa che tra l’altro favorisce l’ ottimizzazione nell’uso delle risorse, ad esempio concentrando attività specifiche in un’unica struttura a servizio della rete (Vedi ad es. i centri ausilii a supporto dell’assistenza protesica).
Aspetto innovativo è l’erogazione in una medesima struttura di degenza riabilitativa di tutti i livelli assistenziali (intensivo/estensivo) a seconda del fabbisogno definito dal Progetto Riabilitativo. Viene inoltre riconosciuto che una quota di pazienti afferenti alla riabilitazione intensiva cod. 56 presenta necessità assistenziali e terapeutico-riabilitative particolarmente complesse, che attualmente non vengono adeguatamente riconosciute e valorizzate. Tale situazione è stata segnalata dalla SIMFER in diverse occasioni, e ribadita in sede di presentazione del documento; la proposta di inserire in questo setting una categoria aggiuntiva di maggior complessità appare recepire tale esigenza.
In relazione all’attività riabilitativa territoriale, si sottolinea ancora il principio di continuità e stretta integrazione con l’attività ospedaliera, ed al ruolo in questo assegnato al medico specialista. Peraltro, si segnala che alcune parti appaiono piuttosto generiche, meritando approfondimento od ulteriori documenti di impostazione più operativa. Circa la specialistica ambulatoriale, sono riprese indicazioni già presenti nel Piano di Indirizzo, con pochi elementi per una concreta ulteriore valorizzazione di un settore di importanza cruciale. In un contesto che tende a contenere l’ospedalizzazione, è necessario un sostanziale salto di qualità nell’offerta territoriale, con enfasi sul passaggio da una logica “prestazionale” ad una prospettiva di reale presa in carico, da tempo sostenuta dalla SIMFER. Ad esempio, il richiamo alle “disabilità minimali”, che necessiterebbero di prestazioni “semplici” senza necessità di Progetto Riabilitativo, confligge con questa impostazione, e rischia di indurre logiche incrementali di “consumo “di prestazioni.
Considerazioni analoghe si possono fare per il settore della riabilitazione domiciliare, residenziale e semiresidenziale, in cui è auspicabile in fase attuativa un più esplicito ed approfondito riferimento al peculiare tipo di fabbisogno. Il settore è connotato da multimorbidità complesse, cronicità, stretta correlazione fra problematiche cliniche e socio ambientali, che meritano una seria revisione e ammodernamento dei modelli di risposta attuali. In questo ambito sarà importante definire meglio modelli di integrazione con le risorse comunitarie (ad esempio nel settore dell’attività fisica adattata e delle strategie/programmi di empowerment della persona con disabilità e del caregiver), come suggerito in alcuni documenti SIMFER (Es: Position papers su “Le attività territoriali alla luce del Piano di Indirizzo della Riabilitazione” e “La riabilitazione della persona in condizioni di cronicità-disabilità). Anche per il settore dell’età evolutiva è auspicabile l’approfondimento di alcuni aspetti in sede operativa (ad esempio nelle relazioni fra centri “hub” di alte specialità e rete dei servizi).
Da ultimo, alcune affermazioni del documento appaiono eccessivamente prescrittive e specifiche, non tenendo conto di possibili variabilità cliniche o giustificate differenze regionali o locali, , e che pertanto necessiteranno di una maggiore modulazione in fase operativa. E’ il caso ad esempio di alcune indicazioni sui setting di alta specialità, che non è possibile dettagliare in questa sede.
Ci preme in conclusione ribadire la piena disponibilità della Società Scientifica a contribuire nella possibile applicazione di un documento che – pur con i limiti indicati – può segnare una fase importante nell’evoluzione della risposta ai bisogni delle persone assistite e delle loro famiglie.
Prof. Pietro Fiore
Presidente Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa