29 luglio -
Gentile Direttore,
mi ero ripromesso di osservare in silenzio la politica regionale, dopo cinque anni molto duri come assessore alla sanità, ma le recenti cronache mi costringono a prendere la penna per alcune osservazioni, visto anche il disinteresse dell’attuale minoranza. Intanto rilevo che la campagna elettorale continua, nonostante siano passati 18 mesi dalle elezioni politiche e circa sei mesi dalle elezioni regionali. In un anno, soprattutto, vi era ampiamente la possibilità di correggere i presunti disastri della sanità fatti dalla Giunta Pigliaru.
Perché presunti? Perché non esiste nessun disastro, come confermato dalle visite fatte recentemente nei nostri ospedali dall’attuale assessore, e da alcuni parlamentari, ultima quella all’ospedale di Nuoro. Si è parlato infatti di reparti altamente qualificati anche rispetto agli standard nazionali, e la stessa cosa può essere detta per numerosi altri reparti sardi. Una prima domanda: ma l’ospedale di Nuoro non era stato distrutto e demansionato? No, non è stato demansionato: come per tutti gli ospedali italiani, ha vissuto le difficoltà legate alle nuove regole sull’orario di lavoro del personale sanitario, approvate nel 2015, alla carenza di alcune figure specialistiche, al numero elevato di dipendenti che usufruiscono delle agevolazioni della Legge 104, o fruiscono per altri motivi di riduzione dell’orario di lavoro, al personale che è andato in pensione, alla lentezza e rigidità delle procedure concorsuali.
Posso testimoniare da clinico che tutti i cittadini seguiti presso il reparto ematologia di Nuoro hanno accesso alle terapie più avanzate e costose messe a disposizione dalla ricerca, a riprova che non c’è stato nessun taglio del fondo sanitario. Il fondo sanitario regionale anche per l’anno 2019 è stato fissato, per la Sardegna, in sede di conferenza stato regioni, in 3 miliardi e 50 milioni di euro; pertanto spese superiori creano disavanzo, e devono essere obbligatoriamente coperte dal bilancio regionale (si vedano in proposito le indicazioni del MEF nel documento su “spending review in sanità” redatto durante questo governo e la Relazione della Corte dei conti sul Monitoraggio della spesa sanitaria delle Regioni, dove si parla del caso Sardegna).
La Sardegna ha firmato (e quindi accettato) che si debba far funzionare il sistema sanitario con quelle risorse di bilancio; a sentire le promesse fatte dall’attuale compagine di governo regionale, parrebbe però che questo non costituisca un problema, e che i soldi abbondino. Per quanto riguarda la querelle dei 243 milioni, tali risorse fanno parte del fondo del cosiddetto ex articolo 20/88 per edilizia sanitaria e ammodernamento attrezzatura sanitaria, che prevedeva un accordo di programma con le Regioni, firmato con la Sardegna nel 2016. Nelle interlocuzioni avute con i ministeri emerse chiaramente che il finanziamento, per cui saremmo stati messi in lista d’attesa, presupponeva l’applicazione degli standard di qualità previsti dal DM 70. La rete ospedaliera è stata approvata dal Consiglio regionale nell’ottobre 2017 e il suo testo inviato al ministero.
Ricordo che le osservazioni ministeriali del 2018, trasmesse in risposta alla proposta, sottolineavano il mancato rispetto del DM 70 per un eccesso di offerta ospedaliera e un eccesso di frammentazione, proprio perché abbiamo utilizzato tutte le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale dall’articolo 3 per derogare le disposizioni del decreto. Infatti, non abbiamo chiuso nessun piccolo ospedale, è importante sottolinearlo data la cattiva informazione diffusa in proposito, ma abbiamo cercato di ridefinire i ruoli dei presidi in base all’epidemiologia, alla demografia e al loro reale utilizzo, monitorato e misurato analiticamente negli anni (non certo per sentito dire o per aneddoti).
Abbiamo identificato un ospedale DEA I livello per ciascuna delle 8 provincie, proponendolo come presidio di riferimento per area omogenea, con più stabilimenti (piccoli ospedali), per favorire l’integrazione e la mobilità delle equipe, nel rispetto dei contratti di lavoro, e quindi la condivisione delle migliori esperienze cliniche. L’approvazione della rete è la precondizione per poter accedere a quel finanziamento: questa ovvietà è stata da me rimarcata innumerevoli volte, ma qualche onorevole esponente del Parlamento lo scopre solo ora! Nella proposta della rete ospedaliera avevamo già ipotizzato l’uso di quelle risorse, nel rispetto degli standard di qualità e sicurezza: un unico nuovo ospedale per Alghero, un unico ospedale per il Sulcis Iglesiente (una stima ha quantificato che paghiamo circa 20 milioni in più all’anno di spesa corrente per i doppioni), e un nuovo ospedale per Cagliari.
La precedente programmazione aveva inoltre finanziato il nuovo DEA di II livello di Sassari con 200 milioni, e l’Ospedale Brotzu con la nuova piastra dell’emergenza urgenza, che permetterà di avere il primo Trauma Center della Sardegna. Deve essere chiaro che le deroghe introdotte nella rete ospedaliera approvata dal Consiglio, non è senza oneri: essa comporta costi ulteriori, rispetto agli standard del DM 70, di oltre 120 milioni, risorse che verranno tolte al territorio, a meno che si decida di aumentare le addizionali regionali IRPEF/IRAP e mettere ticket sui farmaci, azioni che sono state decisamente evitate dalla giunta Pigliaru, coerentemente con una giunta di centro sinistra che ha pensato ai più deboli.
In sintesi, basta con la propaganda, se sono capaci governino! Dicano se sono d’accordo che le donne sarde vengano operate per tumori alla mammella in centri con meno di 150 interventi all’anno; se sono d’accordo per far partorire le donne in ospedali che non hanno gli standard minimi di qualità e quantità; ci dicano, al di là delle dichiarazioni fatte per accontentare tutti, come pensano di organizzare la sanità territoriale; come pensano di far integrare gli ospedali con gli specialisti territoriali (che, non essendo dipendenti, non hanno avuto nessun blocco del turnover); come pensano di garantire la sostenibilità del sistema sanitario gestendo i tre miliardi di euro del fondo sanitario, garantendo farmaci innovativi, farmaci anti epatite C, nuovi vaccini.
Concludo con l’ennesimo appello per un dibattito pubblico, per un confronto in streaming effettuato presso il vostro giornale. Intanto mentre a Cagliari attendono di mettersi d’accordo l’AOU di Sassari, da marzo, e ATS attendono un direttore generale.
Luigi Arru
Medico Ospedaliero, Ex Assessore Sanità della Regione Sardegna