2 giugno -
Gentile Direttore,
in precedenza
ho scritto della solitudine dei Medici di Guardia Medica, del lavoro in locali sporchi e fatiscenti (almeno in molti realtà che insistono in Sicilia), a volte anche non agibili e strutturalmente non in sicurezza, quasi sempre privi di presidi fondamentali e, talora, anche di farmaci, nonché della pericolosità connessa all’accesso, soprattutto nelle ore notturne, di utenti di tutti i generi, compresi tossicodipendenti, soggetti con disturbi mentali, delinquenti.
Ed ancora oggi, a distanza di due anni dalla violenza subita dalla dott.ssa Strano, nonché a quindici anni dall’omicidio avvenuto in Sardegna della collega, Roberta Zedda, poco o nulla è cambiato in alcuni presidi di continuità assistenziale.
Questa volta intendo soffermarmi sugli aspetti contrattuali e sulle implicazioni medico-legali connessi al ruolo del Medico di continuità assistenziale, probabilmente sconosciuti ai più. Siamo titolari di un contratto derivante da un rapporto in convenzione, e non di dipendenza. Siamo pagati ad ore (circa 12 euro al netto) e, quando ci ammaliamo, per un singolo giorno o per un breve periodo, allorché perdiamo il turno non percepiamo alcun compenso. Lavoriamo anche a 100 km di distanza da casa, spesso in zone impervie, territori dove puoi rimanere bloccato per il mal tempo oltre il turno di lavoro, per ore o addirittura per giorni, senza ricevere una retribuzione aggiuntiva.
Non sono previsti la malattia (breve), le ferie, i congedi straordinari, la maternità, neppure un Trattamento di Fine Rapporto. Siamo considerati dei Medici di Emergenza/Urgenza, sia dall’utenza che dai magistrati, ma così non è, come, invece, è chiaramente specificato nel nostro contratto. In verità, siamo Medici di Medicina Generale, che lavorano quando gli ambulatori dell’assistenza primaria sono chiusi, ovvero nelle notti, nei festivi, nei week end. Copriamo almeno due turni di notte a settimana, per un totale di più di 90 notti all’anno, ma il nostro lavoro non è inquadrato come LAVORO USURANTE.
Ed avanti così, per 20-30 anni, per percepire una pensione quasi pari a quella sociale. Il lavoro è svolto in totale solitudine, ricoprendo contemporaneamente le mansioni di medico, infermiere, telefonista, ausiliario (siamo noi a ripulire l’ambulatorio tra visita e l’altra , quando necessario), usciere, autista per le visite domiciliari, ed abbiamo imparato ad usare al meglio Google Map in quanto abbiamo sperimentato che un Giudice ci potrebbe condannare laddove si abbia impiegato troppo tempo per espletare la visita, lasciando scoperto il servizio.
Qualche giorno fa, si è avuta notizia di alcuni Medici di continuità assistenziale indagati, sia in Calabria che a Sassari, per detenzione e somministrazione di farmaci scaduti. Evidentemente, chi era preposto al controllo dei farmaci non lo ha fatto, ma mi si consenta di osservare che negli ospedali è previsto che tali controlli siano posti in carico a delle figure differenti da quella del medico.
Ed ancora, ci sono stati casi in cui siamo stati “comandati” dalla Centrale del 118 a salire su un’ambulanza non medicalizzata (ancora scandalosamente esistenti) per dare assistenza a pazienti da codice rosso, venendo condannati per aver lasciato la postazione di guardia incustodita, ma anche, viceversa, casi in cui chi si è rifiutato di assistere un paziente critico fino al Pronto Soccorso (poiché non previsto da contratto) è stato condannato per omissione di soccorso.
La sensazione è che, qualunque cosa si faccia, si sia sempre dalla parte del torto. In ultimo, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle che, se ti uccidono o ti violentano sul posto di lavoro, non avrai mai nessun risarcimento da alcuno in quanto l’assicurazione, che siamo OBBLIGATI a stipulare, riconosce solo l’infortunio e la malattia (lunga), laddove debitamente documentata, ma non copre gli stupri e gli omicidi nell’esercizio delle proprie mansioni di Medico di guardia di continuità assistenziale: oltre al danno anche la beffa! Il combinato disposto di questi eventi ci fa sentire abbandonati e sfruttati.
Eppure, abbiamo conseguito una laurea in Medicina e, spesso, più di una specializzazione. Ci sentiamo una forza lavoro a bassissimo costo che lo Stato Italiano sfrutta e non tutela adeguatamente. Ci sentiamo confinati in una sorta di limbo, la Guardia Medica, alieno alle altre articolazioni del Servizio Sanitario Nazionale, dove ogni singolo Medico viene “costretto“, con un patto non scritto, a fare tutto e da solo. Quanto dovremo attendere ancora per essere considerati MEDICI al pari degli altri colleghi?
Quando le Istituzioni nazionali e regionali, ma soprattutto i Sindacati tutti, che tanto dicono di battersi per le tutele dei loro iscritti, e che firmano i rinnovi contrattuali, decideranno di rivisitare l’attuale Accordo Collettivo Nazionale per superare tutte queste criticità, note ai più da anni? E quando gli Ordini, sordi ed indifferenti alle nostre istanze, tanto a livello locale che nazionale, prenderanno posizione affinché non esistano più Medici di serie A e B? Ci aspettiamo che lo Stato ci stia accanto e ci tuteli. Non chiediamo altro, soltanto questo, diritti e dignità!
Maria Francesca Falcone
Medico di Medicina Generale e Continuità Assistenziale - Regione Sicilia