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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Lettere al Direttore

Terapia del dolore e cure palliative, ancora troppe carenze

di Marco Ceresa
27 aprile - Gentile Direttore,
l’assenza, od almeno il miglior controllo possibile della sofferenza in qualsiasi condizione patologica è certo fra gli auspici di ciascun essere umano, eppure vi è ancora parecchia strada da fare, affinché ciò davvero si possa realizzare almeno nei luoghi di cura.
 
La riduzione della sofferenza certo migliorerebbe la qualità di vita e verosimilmente consentirebbe di affrontare con maggior efficacia la malattia, al di là della sua fase e della presenza o meno di terapie eziologiche risolutive (ridurre il logorio della sofferenza inutile potrebbe consentire oltre a miglior vissuto psichico anche miglior uso della riserva funzionale).

In Italia il vero primum movens verso la ricerca di riduzione della sofferenza in tutti i luoghi di cura, fu la “normativa sull'Ospedale Senza Dolore” voluta fortemente dal Prof. Umberto Veronesi quando era Ministro della Salute sin dal lontano 2001.

Va precisato che, controllare la sofferenza in ospedale, non vuol dire affatto limitarsi a considerare i ristretti periodi dell'immediato post-operatorio, del parto o del fine vita, la sofferenza infatti è una triste compagna di viaggio di molte malattie, talora purtroppo sin dall’esordio ed in particolare proprio nei vari episodi di acuzie.
 
L'ospedale è quel luogo in cui ogni malattia importante si trova prima o poi ad essere trattata, quindi intercettare già durante i ricoveri gli stati di sofferenza significativa, ne consente non solo il trattamento nell'immediato, ma soprattutto l'invio, in fase di dimissione, ai più adeguati setting di cura successivi.
 
Ciò significa, certamente migliorare la qualità di vita, ma anche maggior adeguatezza delle cure complessive, con risparmi effettivi di sistema per riduzione di ricoveri ed accessi in Pronto Soccorso, spesso causati da sofferenza non controllata recidivante.
 
L'esperienza sul campo mi porta a stimare una presumibile necessità di consulenze intraospedaliere per Terapia del Dolore e Cure Palliative (con esclusione ovviamente dell'analgesia specifica correla al parto ed agli atti chirurgici) di circa 120 -180 consulenze al mese ogni 1.000 posti letto di ricovero ordinario ospedaliero, consulenze che sarebbero ben erogabili in tutti i presidi che abbiano almeno una minima attività ambulatoriale in tali settori, anche al fine di poter poi garantire un monitoraggio diretto delle terapie impostate con prestazioni successive, ovvero con rinvio adeguato a centri specialistici di 2° livello.
 
Eppure ancora oggi a livello intraospedaliero l'effettivo controllo della sofferenza non è affatto diffusamente raggiunto, essendovi una situazione a macchia di leopardo, sia per luminosi esempi che per servizi precari basati sulla volontà dei singoli od addirittura per gravi assenze; ciò accade nonostante siano passati molti anni, caratterizzati da atti normativi importanti, fra i quali ricordo solamente, dopo l'Ospedale Senza Dolore del 2001, la Legge 38 del 2010 ed i LEA del dpcm 12.01.2017, ultimo atto fondamentale in vigore ormai da oltre un biennio, che a chiare lettere aveva statuito con l'art 38 comma 2 l’obbligo di garantire durante il ricovero ordinario, in ogni struttura ospedaliera, la “Terapia del Dolore e le Cure Palliative” (sancendo quindi l’effettivo controllo della sofferenza come un diritto di tutti i malati ricoverati).
 
Purtroppo ai LEA non sono seguiti i necessari atti regolamentari sul tema specifico della sofferenza, che avrebbero dovuto definire precisamente l'adeguata dotazione standardizzata di servizi e quindi di personale in relazione al bacino d’utenza (ovvero ai posti letto); le dotazioni di servizi ospedalieri sono rimaste infatti ancora oggi ancorate al precedente DM 70/2015, quel “Regolamento degli Standard Ospedalieri”, che come è noto aveva del tutto scordato proprio la presenza delle Cure Palliative ospedaliere in palese violazione della stessa legge 38/2010, fatto oggetto di numerose interrogazioni parlamentari che poi hanno contribuito ad ottenere proprio il citato art 38 comma 2 dei LEA, ma non ancora la necessaria modifica regolamentare.
 
Anche molte recenti deliberazioni regionali in tali settori, generalmente si occupano in modo quasi esclusivo di regolamentare la fondamentale attività di assistenza domiciliare o residenziale rivolta allo stretto periodo di fine vita, ovvero del diritto all’analgesia nel parto, non affrontando con la stessa precisione il nodo ospedaliero delle reti di Terapia del dolore (TDol) e Cure Palliative (CP), nodo fondamentale in quanto interessa in modo trasversale ogni patologia ed ogni fase delle stesse.
 
Probabilmente, per poter davvero erogare tale LEA ubiquitariamente, sarebbe necessaria l’effettiva sinergia di tutti i servizi di CP e TDol, in particolare laddove questi siano formalmente distinti, stante anche la carenza di personale medico, sia generale che specifica nel settore; in effetti il legislatore cita insieme tali servizi ospedalieri, forse anche per superare antieconomiche ed in parte vecchie divisioni che difficilmente in epoca di costante spending review il SSN si potrà permettere, almeno a livello intraospedaliero ove la loro carenza è evidente; peraltro la stessa cronicizzazione di alcune patologie oncologiche necessitanti Terapia del Dolore cronico e lo sviluppo di Cure Palliative precoci, volte anche al non oncologico potrebbe portare di per sé in tale direzione.
 
Di queste tematiche si parla davvero poco, eppure il sollievo dalla sofferenza dovrebbe essere un tema che mette d’accordo tutti, senza dare adito a divisioni politiche od a sterili lotte di piccolo potere, interessando in vario modo tutti gli esseri umani nel loro percorso di vita. La sofferenza è un compagno indesiderato e trasversale di moltissime patologie, non certo presente solo nelle fasi finali delle gravi malattie. Sarebbe davvero ora di iniziare a parlare di qualità della vita e di sollievo dalla sofferenza, come uno degli obiettivi della cura delle malattie sin dal loro esordio.
 
La recentissima definizione con codifica ospedaliera dei ricoveri per trattamenti di Terapia del Dolore, seguita alla relazione al parlamento sullo stato d’attuazione della legge 38/2010 che ha dovuto ammettere “al momento attuale, è assai difficile fornire evidenze in merito all’effettiva attuazione della legge n. 38/2010 in materia di terapia del dolore”, potrebbe essere una occasione per un ripensamento globale in tale materia, che possa giungere anche a stabilire la minima dotazione del personale dedicato che deve essere in servizio negli ospedali.
 
Ciò potrebbe auspicabilmente portare, finalmente, alla creazione di servizi stabili, per ottemperare davvero a quanto statuito cogentemente dall'art 38 comma 2 dei LEA e quindi garantire la adeguata cura della sofferenza (“nell’ambito dell’attività di ricovero ordinario sono garantite tutte le prestazioni …. incluse la terapia del dolore e le cure palliative”), giungendo infine a riformare in tal senso il “Regolamento degli Standard Ospedalieri” rimasto per ora ancora codificato da quel DM 70/2015 ormai obsoleto ed incoerente con i LEA e con le altre nuove normative.
 
Marco Ceresa
Medico operante in Cure Palliative e Terapia del Dolore
27 aprile 2019
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