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QS Edizioni - giovedì 26 dicembre 2024

Lettere al Direttore

Violenza contro le guardie mediche. Siamo ancora alle chiacchiere

di Maria Francesca Falcone
20 febbraio - Gentile Direttore,
non posso più tacere una amara riflessione sullo stato delle cose a riguardo della Medicina del Territorio nel nostro Paese. Gli assetti ed i modelli organizzativi, ancora vigenti, hanno funzionato nel corso dei primi lustri dalla loro implementazione; tuttavia, dopo trent’anni, a fronte dell’evoluzione del quadro demografico ed epidemiologico, sarebbe auspicabile, se non indispensabile, una evoluzione della “cenerentola” del nostro Servizio Sanitario Nazionale.
 
Il tema del riordino della Medicina del Territorio, dalle Cure Primarie - medicina generale (MG) e continuità assistenziale (CA) - alla specialistica ambulatoriale, per passare dall’emergenza sanitaria territoriale, in vero, in molte Regioni è stato posto all’attenzione dell’opinione pubblica e del decisore politico, ma solo a causa di alcuni gravissimi episodi di violenza, venuti alla ribalta della cronaca nazionale, consumati ai danni dei Medici nell’esercizio della propria professione nelle trincee delle guardie mediche, ad operadi tossicodipendenti,persone affette da disturbi psichiatrici, delinquenti.
 
Trattasi di professionalità, ormai svilite nella loro dignità di Medici, che, oltre a dover fare i conti con un sistema indifferente al cambiamento, laddove hanno più volte lamentato che in taluni presidi di CA sovente manchino gli standard ed i requisiti minimi richiesti per l’erogazione di prestazioni sanitarie a nome e per conto del SSN.
 
Ma l’onta peggiore la hanno subita dal dispiegarsi di sterili iniziative (convegni, osservatori, campagne pubblicitarie, ecc.) e dalla enunciazione di promesse e proclami, all’insegna del “tutto cambia perché nulla cambi”, da parte di politici nazionali e regionali, rappresentanti della Professione medica, Direttori Generali, opinionisti della stampa di settore.
 
Tante belle parole e tanti buoni auspici, ma, ad oggi, nessun atto concreto. Da più parti è stato paventato un intervento in sede legislativa al fine di dotare i medici nell’esercizio della professione dell’equiparazione ai pubblici ufficiali. Tale ipotesi, mi sia consentito affermarlo con convinzione, non rappresenta una soluzione per i Medici di trincea della CA!
 
Bisogna invece risalire alle radici profonde del problema ed intervenire a quel livello, prevenendo i possibili episodi di violenza, e non intervenendo ex post, fosse anche con un inasprimento delle conseguenze per chi commetta atti violenti nei confronti degli operatori sanitari.
 
In altre parole, come è possibile che i Medici di CA siano lasciati ad operare in perfetta solitudine dal proprio datore di lavoro, ovvero lo Stato, nell’attesa che il turno di lavoro termini nel più breve tempo possibile, sperando che non si verifichino eventi che ne segnino l’esistenza? E come è possibile che lo Stato non intervenga tempestivamente per tutelare i propri lavoratori, risolvendo alla radice le criticità esistenti?
 
La chiave di volta (o per meglio dire la svolta), per chi scrive, non può che essere rappresentata da una necessaria riforma della Medicina del Territorio, che possa fare da reale filtro sul crescente carico di cronicità che altrimenti si riversa sui Pronto Soccorso e sulle liste d’attesa per le visite specialistiche erogate nel setting ospedaliero, con tutte le conseguenze del caso.
 
E il Focus Osservasalute 2018, recentemente pubblicato, ha reso noti i dati allarmanti circa la prevalenza delle malattie croniche nella popolazione italiana. Sono evidenze che non possono continuare ad essere sottovalutate dal decisore politico!
 
Ma, più passa il tempo, e meno credibile appare la realizzazione di una coraggiosa riforma che imponga una capillare evoluzione della sanità del territorio, tenuta a distanza di sicurezza da resistenze culturali al cambiamento, da logiche di parte e da una mancata visione di sistema.
 
In vero, negli ultimi mesi, qualche Regione ha provato a correre ai ripari. Di contro, la scorsa settimana il Consiglio dei Ministri ha impugnato due leggi regionali, segnatamente una emanata dalla Regione Puglia e l’altra dalla Regione Piemonte.
 
Ma il paradosso è che, giusto in questi giorni, è di attualità politica l’ipotesi di introduzione del regionalismo differenziato. Volendo guardare agli eventi ed all’attualità in tema di politica sanitaria con approccio laico, ma speranzoso, sembra che il Governo ed il Parlamento intendano rievocare a sé le competenze decisionali e legislative in tema di sanità.
 
Ed è lecito sperare che la politica nazionale eserciti in maniera incisiva le proprie prerogative, mettendo mano da subito ad una seria riforma della Medicina del Territorio, implementando le Cure Primarie ed intermedie, superando gli steccati della Contrattazione Collettiva, e restituendo dignità a migliaia di Medici del territorio che, dopo 30 anni di lavoro senza aver riconosciute le tutele minime (ferie, malattia, gravidanza), si affacciano all’età della quiescenza con la certezza di non potere ricevereun trattamento di fine rapporto.
 
Chi scrive è un Medico con doppio incarico (MMG e CA) e ritiene di poter affermare, senza smentita, come i MMG siano oggi “ridotti” al ruolo di meri prescrittori, sopraffatti dalla burocrazia, divenuti esperti di note, codici, priorità, nomenclatori, mentre i Medici di CA siano sovraesposti in molte realtà ad aggressioni, insulti, minacce, nonché a condizioni lavorative proibitive (per mancanza di defibrillatori, elettrocardiografi o altri presidi sanitari) e, spesso, siano relegati a coprire turni nel corso dei quali si erogano un numero di prestazioni vicine allo zero, se si escludono i consulti telefonici e le rilevazioni di parametri clinici.Invito il Ministro Grillo a visitare una guardia medica della propria Regione per verificare personalmente quanto lamentato.
 
Se ci fosse realmente la volontà politica di cambiare, come ho avuto modo di dire nel corso di una ormai datata audizione in Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, allora basterebbe fare un’operazione verità, rendendo pubblici i dati sulle prestazioni (numero e tipologia ovviamente retrodatati) erogate dai presidi di continuità assistenziale in alcune realtà del nostro Paese.
 
Maria Francesca Falcone
Medico di Medicina Generale e Continuità Assistenziale (Catania)
 
 
 
20 febbraio 2019
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