18 gennaio -
Gentile direttore,
solitamente le due parole sono pronunciate in ordine inverso, ma ci preme affrontare la questione prima nel merito. Il disegno di legge che prevede (finalmente!) di affrontare la pericolosa situazione che i medici (e non solo) si trovano ad affrontare quotidianamente per il solo fatto di cercare di curare al meglio le persone è un primo punto, importante ma non sufficiente, perché occorreranno tempi certamente più lunghi rispetto ad una decretazione d’urgenza (e la situazione è ben oltre i limiti che imporrebbero l’urgenza) e perché non si riconosce al medico o al professionista che lavora in ambito sanitario quella qualifica di “pubblico ufficiale” che non gli garantirebbe forse il rispetto che merita, ma almeno consentirebbe una diversa e più rapida incisività all’azione penale susseguente agli atti che ogni giorno si compiono verso i camici bianchi.
Abbiamo scritto, però, è lo ripetiamo, che almeno si compie un primo passo. I colleghi che hanno perso la vita e coloro che la rischiano più o meno consapevolmente ogni volta che hanno a che fare con pazienti e congiunti di cui non possono prevedere le reazioni lo meritavano.
Fin qui il merito.
Come CISL Medici, ci perdonerete, siamo però quasi più preoccupati per il metodo.
Ci domandiamo cioè se questo non sia il classico “placebo” che offre una soluzione all’opinione pubblica per far ritenere che per i medici le cose vanno migliorando e che quindi anche per il SSN e l’Italia le cose andranno meglio.
Perché allora non ci siamo proprio… Sia chiaro: non ci siamo proprio.
In primis perché i medici sono aggrediti proprio come gli insegnanti, o il personale delle ferrovie o i conducenti dei bus o mille altre categorie poco pagate e molto a rischio. E’ un problema quindi della società a tutto tondo e non della particolare professione lavorativa svolta da ciascuno. Si ritiene di aver subito un torto e ci si fa giustizia da soli, magari incoraggiati da qualche politico.
Un’Italia allo sbando dove solo la sopraffazione (verbale in tv, fisica nella vita di tutti i giorni) è la via per ottenere soddisfazione. Un nuovo medioevo, insomma, se ci pensiamo un attimo.
E poi il metodo è sbagliato perché stiamo parlando – per i medici – di persone con una preparazione di prim’ordine, gli stranieri fanno a gara per assumerli, (vedi notizie giornalistiche di questi giorni) a comprova dell’eccellenza che le ns. scuole mediche – a dispetto delle risicate risorse – ancora offrono), che sperimentano, sviluppano e consolidano tecniche innovative, che si inginocchiano letteralmente accanto ai pazienti adagiati su barelle di fortuna messe a terra, nei corridoi di ospedali fatiscenti, mentre i politici giocano a chi “taglia di più “.
Stiamo parlando insomma delle persone che non smettono mai di studiare e di aggiornarsi per curare gli altri.
Persone che dimenticano il proprio interesse sia quando indossano il camice, sia quando lo tolgono, perché non si smette mai di essere un medico.
Neppure quando lo stato (patrigno) si dimentica per 10 anni di rinnovarti un contratto che all’estero potresti serenamente raddoppiare. Senza essere insultato e picchiato mentre cerchi di fare soltanto il tuo lavoro.
Biagio Papotto
Segretario nazionale Cisl Medici