9 gennaio -
Gentile Direttore,
mi permetto di inserirmi, approfittando della sua disponibilità, nell'epistolario tra il
medico Canitano, consigliere Omceo di Roma e Provincia, e il
giornalista Pepe, già direttore di Salute-la Repubblica. Le due posizioni che vanno da "quei numeri a vanvera sulla malasanità" a "la malasanità esiste ed è sciocco negarlo" sono in apparente contraddizione esclusivamente per le sottintese offese reciproche delle due parti. Se da un canto si ritengono "irresponsabili" alcune affermazioni di stampa, dall'altro si definisce come "mascalzonata" tale atteggiamento. Mi permetto di segnalare che tra indicare l'altro come "irresponsabile" o definirlo quale "mascalzone" ci sia qualche rilevante differenza.
Il rispetto dovuto a chi esprime pareri legati alla propria professione, mi consiglia di non stigmatizzare oltre quanto di poco dialogante ci sia in ciò.
Credo non possa sfuggirle il fatto che la problematica, certamente presente e per di più ingravescente, delle liti in ambito sanitario sia un fenomeno complesso, la cui complessità non può essere analizzata e risolta semplicemente valutando alcuni aspetti parcellari e non generali.
E' vero, la letteratura scientifica mondiale parla di una costante presenza di "eventi avversi" nel percorso delle cure, anche se nell'ultimo decennio essi si sono ridotti in modo significativo soprattutto per l'incremento della formazione degli operatori sanitari in tema di "gestione del rischio clinico" e della applicazione diffusa e certificata delle procedure di controllo con indicatori di qualità e check list di processo. Il tutto avvenuto quasi esclusivamente per l'impegno e la sensibilità degli operatori sanitari in un mondo che vede sempre più ridotti gli organici costretti a combattere contro il blocco del turnover e la ridotta disponibilità delle strutture e delle attrezzature mediche.
In ambito chirurgico posso affermare che a fronte di oltre 5 mln di prestazioni operative/anno, gli eventi avversi degni di importanza non superano lo 0.1%. Percentuale statisticamente risibile e in stabile decremento, ma non mi sfugge certamente l'importanza del valore assoluto. E' necessario peraltro ricordare che nella categoria "eventi avversi" sono racchiusi fatti di ben diversa importanza sociale e clinica: si va dalla caduta dal letto di degenza al suicidio in regime di ricovero, dalla complicanza operatoria al rarissimo, seppur ingiustificabile, errore di sito chirurgico, dalla infezione ospedaliera immotivata alla complicanza infettiva di intervento settico. Come lei comprenderà si tratta di categorie, per gravità e responsabilità ben differenti e non uniformabili in un gruppo univoco.
Questa è solo una fetta della realtà della quale fa parte l'incremento del contenzioso medico-legale che è in ultima analisi il tema sul quale Canitano e Pepe si sono affrontati. Lungi da me entrare in ciò che tale fenomeno implica: medicina difensiva, costi diretti e indiretti delle coperture assicurative, anni di patimento per le presunte vittime e per i presunti colpevoli, intasamento delle aule processuali, abbattimento della qualità percepita di un SSN riconosciuto ai massimi livelli mondiali ecc.
Ritengo peraltro mio dovere sottolineare quella che considero una vera e propria nefandezza, questa sì fonte di malcostume, ancorchè mascherata ipocritamente come forma di tutela del cittadino.
Proponiamo un "accordo in base al quale il mio compenso è stabilito in una percentuale sul totale del risarcimento ottenuto"- "Nulla ci è dovuto se non viene ottenuto un risarcimento danni!". Queste sono le frasi che, tra le innumerevoli a disposizione, riporto integralmente da alcuni siti internet dedicati. E questa è la sostanza dello spot incriminato "Obbiettivo risarcimento".
In buona sostanza ci si concentra nell'obiettivo di "cercare i colpevoli" gratuitamente, tanto si sarà pagati solo quando si raggiungerà l'obiettivo economico. Sono consapevole della "legalità" di tale approccio, ma mi chiedo e le chiedo: "è un sistema corretto? E' un modo di tutelare i più deboli? O più semplicemente è una scorciatoia per incrementare incassi, incuranti degli effetti negativi che emergono dall'alta percentuale di procedimenti che non riconoscono colpa sia nel civile e segnatamente nel penale (dove circa il 95% si conclude con assoluzione del "reo" - magari dopo 10 anni si sofferenza per tutti).
In quale altro campo è presente la possibilità di un simile contratto?
Sfiducia verso il medico e le strutture, utilizzo di statistiche e numeri non dimostrati, enfatizzazioni scandalistiche, termini fuorvianti quali "malasanità" utilizzati per una titolistica accattivante... ci dobbiamo ritenere tutti, in maggiore o minore misura, responsabili di quanto contribuisce a deleggittimare il nostro SSN e soprattutto a minare nel profondo quella "alleanza terapeutica" che rappresenta la base imprescindibile per una corretta assistenza.
Noi medici stiamo "sul pezzo", che ci stiano anche gli altri.
Dr. Rodolfo Vincenti
Presidente onorario Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani - ACOI
Co-fondatore Fondazione Chirurgo e Cittadino - onlus - (FCC)