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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Lettere al Direttore

L’ultima consulenza

di Giovanni Leoni (Cimo, Veneto)
18 maggio - Gentile Direttore,
in questo periodo denso di negatività per la classe medica ma anche di attenta attesa per l’immediato futuro politico, esiste un qualcosa di cui nessuno potrà privarci  “lo spirito di colleganza”. Possono bloccarci lo stipendio per 10 anni, toglierci il sonno,  ma non la possibilità di riconoscerci tra  soggetti con i medesimi ideali, a volte spinti ad estreme conseguenze  come la morte, e mi riferisco alla Psichiatra Paola Labriola, uccisa da un suo paziente a Bari nel 2013.
 
In ospedale esiste una parola magica  che chiude una richiesta telefonica “arrivo”. Certo ormai la quasi totalità  delle richieste viaggia solo  via pc , dove si accumulano quelle del Pronto Soccorso, dei vari reparti e sono abbastanza vecchio da aver visto  gli uscieri fare il giro dell’ospedale  con  la cartella delle richieste cartacee in entrata ed in uscita.        
 
Ma ci sono dei casi in cui devi per forza telefonare ad un collega, perché  ti serve una radiografia urgente, una vena centrale, una visita cardiologica, e tutto  subito o quasi , e sai che aggiungi un altro incarico a qualcuno che sta già facendo qualcosa, anzi molte altre cose.
 
Ma va fatta anche questa perché hai un problema con un tuo paziente, quello che sta peggio di tutti, quello che potrebbe occuparti la maggior parte del tuo tempo  quella  mattina, pomeriggio o notte.
 
Il tempo  è una variabile indipendente del lavoro  nel nostro mestiere, essenzialmente è quello che serve,  nel rispetto della dignità di tutti, con buona pace di tanti algoritmi. Chi si occupa di organizzazione sanitaria dovrebbe vivere un po’ di più la corsia.  Medici, infermieri, operatori sono tutti coinvolti nel problema, visto che il tempo per i pazienti, spesso visto come interminabile, a volte scorre rapidissimo.  Siamo nati   così  è il nostro lato debole,  e  naturalmente, in un mondo in cui il primo valore è il denaro,  c’è chi si approfitta di noi.      
 
“Arrivo”è una parola che precede  l’apparizione di un collega con cui  rapportarsi direttamente, oltre le carte,  uno che molla quello che sta facendo,perché quando lo chiami sta già facendo qualcosa,  che ti raggiungerà e ti darà una mano.
 
La consulenza rappresenta un completamento dell'iter diagnostico  per offrire la maggior assistenza possibile al paziente ma anche una condivisione di problemi, visto che nessuno è onnisciente in medicina, e  tutti devono sapere anche quando è giusto chiedere . 
 
A volte questo passaggio è semplice, a volte è estremamente complesso per i vari rapporti tra gli addetti ai lavori,  in cui situazioni cliniche ed organizzative si amalgamano indissolubilmente.
 
Nei Pronto Soccorso il problema  è costante, opprimente, per le riduzioni di dotazioni, letti ed addetti, che vengono attuate  implacabilmente   su precisa  indicazione politica  ponendo l’Italia al minimo della dotazione a livello Europeo.     
 
Pazienti e parenti a volte si ribellano, scrivono agli uffici dedicati quando  va bene, picchiano chi trovano in servizio quando va male, assalgono il personale del 118 come a Napoli in  questi giorni.  
“Il tuo  paziente viene in Rianimazione ma devo mandare fuori qualcuno prima, devo decidere chi è il più stabile”. E’ un continuo prendersi delle responsabilità che esulano dal medico, vanno sull’organizzativo in cui chi lavora in prima linea di norma può  incidere poco o nulla,  però alla fine se  qualcosa andrà male la responsabilità sarà sua.
 
Qualcuno, in quel momento distante,  si premurerà si dire “si poteva  fare così”  con un fantastico senno del poi. 
 
Poi c’è un’altra  parola magica, che chiude l’ennesima telefonata da un altro reparto: “Manda” . 
 
E’ la chiusura di una conversazione che  aggiunge un’altra visita interna in un ambulatorio  strapieno tra pazienti interni ed  esterni sotto lo sguardo incredulo dell’infermiere, anche lui incamminato sulla strada della beatificazione .
 
In ambulatorio visite ed  esami si fanno in due e poi alla fine il medico sistema le carte della giornata,  l’infermiere  deve sistemare l’ambulatorio e gli strumenti, le ore sono quelle che sono  e passano inesorabili .
 
“Mi hanno detto che  siete già pieni ma mi potresti vedere…” - A volte si può fare, a volte  no,  decide lo stato clinico  del paziente, decide il  collega che te lo chiede, che motiva . “Manda”.
 
E’ la  chiusura di un discorso, è l’invio di un ulteriore carico di dolore, non di un pacco postale ma di una persona,  alla fine  il paziente sarò aggiunto ed in estrema sintesi meglio non perdere tempo al telefono tutti e due, anzi in quattro, i due medici che si parlano , l’infermiere che  aspetta ed il paziente da vedere.
Ma non si può guidare sempre a 200 all’ora, non funziona così.
 
A volte le telefonate arrivano anche dai colleghi del territorio, perché c’è un caso che merita di  essere spiegato a voce, la richiesta urgente non basta, è meglio  parlarsi, meglio capirsi, ma tu devi interrompere quello che stavi facendo, ed hai poco tempo.
 
A volte ricevi a volte dai, a volte non sei neanche nel tuo reparto per accogliere  un collega perché a  tua volta sei da un’altra parte e ti arriva la telefonata: “ho visto il tuo paziente, tu non c’eri ma ti ho scritto tutto, scusami adesso vado ho altre   visite da fare e devo ancora finire il  giro sui  miei letti”.
 
Quante volte questa frase, da una parte e dall’altra. Niente convenevoli, solo discorsi tecnici.
 
Una volta, ma mi sembra un secolo fa,  da me in chirurgia c’erano i consulenti  di reparto, chi era di turno si faceva  i reparti medici chi i chirurgici, uno a testa  il Pronto Soccorso.
Solo lontani ricordi, adesso un medico da solo ha il telefono di servizio e  fa  tutto e ben oltre.
 
Eppure la consulenza  specialistica è un processo intellettuale  su problemi di norma più difficili  della media da cui discende una indicazione diagnostico - terapeutica con precise finalità e responsabilità.
 
Non siamo alla cassa di un supermercato, con tutto il rispetto per chi fa questo lavoro, ma mi è venuta   in mente  questa similitudine, non so perché.
 
E poi, alla fine del turno,  quando  ti stai per cambiare , arriva l’ultima consulenza, quella delle 19.50, quella del “chi c’è di guardia dopo  di te”  perché  dopo parte la guardia interdivisionale  e potrebbe essere necessario chiamare un reperibile specifico da casa  che alla fine è uno come te ed allora ci si ferma,    in fondo tu sei già lì , cosa ci vuole.
 
Avremmo tutto il diritto di chiudere,  com’è  giusto, che sia, com'è  umano che sia, ma uno si trova in una situazione  strana , probabilmente incomprensibile a chi vede la sanità da fuori.
 
A volte  fermarsi non è un dramma,  a volte inizia un percorso di ore  per un caso che non vuoi affidare ad altri.  Sai che quel tuo collega ha già lavorato quel giorno e che domani mattina alle 8.00 è già in servizio  e allora se si può… Magari non tutti fanno così ma ne conosco  molti.  
 
Caro Direttore, il contratto nazionale  del medici ospedalieri arranca in un vuoto  politico  bimestrale, le liste di attesa dipendono dal numero e dalla capacità fisica  degli operatori , non chiediamo alla classe medica l’impossibile , non illudiamo il pubblico con  progetti a pagamento per ulteriori incentivi, non demonizziamo la libera professione che non c’entra niente con l’orario dl servizio ed  ha già una sua precisa normativa.
 
Inoltre  è anche un diritto del paziente scegliere da che medico  essere seguito, certo non tutti possono permetterselo,  ma rientra nelle dinamiche di qualsiasi professione, arte e mestiere, si chiama libertà di scelta.  
 
Rispettiamo le  Direttive Europee sull’orario di  lavoro in primis, bellamente ignorate da più governi italiani che hanno ceduto solo in virtù  delle sanzioni internazionali in materia e poi si ragiona.
 
O forse no.
 
Giovanni Leoni         
Segretario CIMO Regione Veneto  
                     
18 maggio 2018
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