13 maggio -
Gentile Direttore,
la legge 11 gennaio 2018 n. 3 agli articoli 7 e 8 definisce due nuove professioni sanitarie: quelle dell'osteopata e del chiropratico. Nel testo degli stessi articoli si determinano i tempi per la definizione dei profili professionali e dei requisiti dell'esperienza, così come i termini per il riconoscimento dei reciproci corsi di studi: rispettivamente tre mesi per l'identificazione dei nuovi soggetti sanitari e sei mesi per la definizione dei cicli universitari.
L'attuazione mediante Decreti nel riferimento a differenti articoli della stessa legge ha già riscontrato significativi esempi per altre categorie sanitarie, grazie ai provvedimenti assunti dagli Organi competenti e nonostante l'attuale fase di transizione politica. Nessuna evidenza temporalmente congruente, invece, si è ancora manifestata per i ruoli e i requisiti dei neo-professionisti della salute a ormai quattro mesi dalla promulgazione della disciplina.
La chiarezza del dispositivo e la stretta analogia che la legge descrive per le due nuove professioni sanitarie dovrebbe rapidamente tradursi nel varo dei criteri di analisi dei rispettivi requisiti della competenza e dell'esercizio ai fini dei provvedimenti istitutivi che siano coerenti con la medesima legge, ovvero tra essi altrettanto analoghi. Infatti, per gli uni e gli altri la valutazione delle competenze non dovrebbe prescindere dalla verifica dei corsi di studi che, nelle due discipline, hanno durata internazionale quinquennale (livello europeo EQF 7). Al riguardo, le fonti O.M.S. e della standardizzazione comunitaria, oltre alle legislazioni in essere, rappresentano autorevole riferimento.
Ne consegue che il completamento degli stessi corsi di studi potranno essere documentati dagli interessati, essendo stati effettuati in termini di legalità in Italia e/o all'estero, attraverso attestazioni conformi e tracciabili da prodursi in sede istituzionale. Inoltre, fermo restando la rigorosa verifica delle acquisizioni delle competenze, il criterio di attestazione dell’esperienza professionale svolta negli anni passati da parte di tutti i sedicenti osteopati e chiropratici non potrebbe che riferirsi alla loro idonea tracciabilità fiscale, ovvero mediante esplicito riferimento alle rispettive attività con l'eventuale versamento dell’aliquota IVA prescritto dalla norme cogenti.
Non immagino modalità più trasparenti e coerenti per l'attuazione della recente legge rispetto a quanto qui brevemente riferito. Possiamo comprendere le difficoltà dei numerosi neo-professionisti che allo stato non dispongano di certificazioni adeguate; tuttavia, queste non possono e non devono divenire l'alibi per ritardare l'abilitazione di chi già disponga di requisiti idonei, tanto in riferimento alla formazione quanto allo specifico esercizio. La stessa difficoltà di molti nel dimostrare la frequenza di corsi legalmente autorizzati di durata congruente alla quantità e alla qualità prevista dal consenso internazionale non dovrebbe rappresentare motivazione per disciplinare una riduzione delle competenze e dei cicli di studi, mutilando in tal modo e rendendo vane le funzioni terapeutiche e preventive di entrambe le professionalità.
Nella fattispecie, e senza dimenticare la sicurezza dei cittadini, non possiamo neppure ignorare il riferimento ai corsi integrativi previsti dalla legge 3/2018, in evidente riferimento ai lavoratori che non possiedano idoneità pedagogica pur potendo attestare con modalità da definirsi l'esercizio pluriennale delle rispettive attività.
Infine, in riferimento al ruolo sanitario delle due professioni come legalmente disciplinate e in attesa della definitiva istituzione dei corsi universitari pertinenti, riterrei congruente e a tutela della salute dei pazienti e del diritto allo studio dei discenti un provvedimento sospensivo di tutti quei corsi privati che non dispongano di adeguati requisiti di legalità. Le stesse rappresentanze italiane degli osteopati coinvolte nella stesura della norma di unificazione internazionale per la loro professione hanno integrato nello stesso atto il concetto della contestabilità nazionale di alcuni corsi di studi. E' pertanto riferibile a fonti terze l'interesse delle categorie interessate nel mettere rapidamente ordine alla materia.
Vogliamo quindi confidare che, conclusasi la fase tecnica e "di ascolto" dei soggetti a vario titolo portatori di interessi di parte, gli Organi competenti sappiano procedere, a questo punto celermente, al varo dei provvedimenti istitutivi del caso e di tutti gli adempimenti preliminari e successivi in coerenza agli stessi.
Roberto Ronchetti
Osteopata D.O.