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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Lettere al Direttore

Contro l’omeopatia il rischio di una crociata

di Gemma Brandi
13 maggio - Gentile direttore,
la formazione universitaria non offre mediamente al medico robusti strumenti di conoscenza critica circa le terapie non convenzionali, limitandosi a definirle tali in maniera non più che incidentale. Ne consegue che il medico non sarebbe autorizzato che a stringersi nelle spalle di fronte a cure che ignora e che altri colleghi hanno deciso di approfondire, adottandole quindi come strumenti di produzione di salute. Liquidare questi ultimi medici come ciarlatani, senza avere studiato la materia a sufficienza, appare quanto di più lontano possa esservi dal metodo scientifico e dal codice deontologico.
 
Allorché, alcuni anni or sono, uno stimatissimo cardiologo mi fece notare che, il farmaco non convenzionale che stavo assumendo per contenere i livelli di colesterolo, era usato da molti altri cardiologi in luogo di prodotti assai più noti e garantiti, prescritti alla gente comune, mi interrogai su quella che mi parve una scelta egoistica da una parte, obbligata dall’altra, visto il dovere di attenersi alle guidelines, che certo non includono il prodotto scelto da me e da altri medici, sempre stando al citato rilievo dello specialista convenzionale. Generosi e curiosi occorre rimanere per non essere sopraffatti da un pregiudizio becero.
 
Può darsi che, coloro che demonizzano l’omeopatia oggi, abbiano studiato la materia e si sentano quindi autorizzati a parlarne, anche male. Non oso pensare che si limitino a dare voce al punto di vista di figure altolocate nella piramide medica, senza averne ampiamente verificate le argomentazioni.

Compito della medicina convenzionale è conoscere prima di aggregarsi alla crociata contro il terribile saladino che oggi rischia di essere identificato con la omeopatia. Crociata da cruciata, vale a dire segnata con la croce, anche se qui la croce non c’entra, ma il desiderio di sconfiggere altre credenze sì, visto che se ne continua a discutere come di credenze, anziché di teorie ed esperienze. Non si cessa di evangelizzare in nome di una scienza e di un metodo scientifico che esige prove, è vero, ma anche approfondimento degli effetti e testimonianza della individualità della risposta.
 
Persino l’azione benefica/malefica di spezie diffuse da millenni non risponde a indicazioni generaliste, visto che ci sono persone devastate da tali prodotti, mentre altre sembrano trarre vantaggio dagli stessi. Come pretendere di considerare buona per chiunque una certa terapia, se sappiamo bene che curare tutti allo stesso modo non significa dare a tutti la stessa cura?

Occorre interrogarsi sul casus belli che sostiene la recente levata di scudi, acclamata da alcuni colleghi. Capire meglio cosa li spinga a ritenersi i liberatori di terre conquistate da quella che considerano una operazione disonesta -come accadde ai crociati armati da “buone” intenzioni contro la fede islamica- e a ritenere, i cittadini che ricorrono a queste forme di intervento, persone ingannate e in pericolo. E se dietro non ci fossero idealità e neppure ideologie, cosa potrebbe annidarvisi?

Che dunque gli omeopati non tralascino di fare conoscere in dettaglio le ragioni della loro scelta professionale e mettano a disposizione i dati esistenti, mentre i medici tutti si prendano la briga di avere almeno una infarinatura della materia, per non lanciare anatemi a vanvera e per interloquire con i pazienti che sostengono di avere tratto vantaggio da prescrizioni mediche non convenzionali, complementari, non allopatiche, alternative, integrative, olistiche e chi più ne ha più ne metta.

E per assurdo, se mai accadesse che un farmaco utilizzato a dosaggi che taluni ritengono assimilabili a un placebo, aumentasse il benessere di una sola persona, laddove non riuscirono farmaci all’avanguardia, magari ricchi di effetti collaterali, potrebbe arrogarsi il titolo di medico chi impedisse con ogni mezzo a quella persona di assumere la “sua” medicina? Altro che libera scelta delle cure, tutelata persino dalla Carta Costituzionale!
 
Un tempo il medico aveva l’umiltà di inchinarsi al “miracolo”, quando non riusciva a dare una ragione oggettiva del recupero di un benessere insperato da un punto di vista prognostico, con mezzi a lui sconosciuti; oggi rischia di non ammettere l’esistenza di quanto esuli dalle convenzioni, quando l’eccezione potrebbe fra l’altro confermare la regola. Poiché dietro gli anatemi è difficile rintracciare la convinzione figlia della conoscenza e della esperienza, mentre vi si scorgono presunzione e pregiudizio, sarebbe consigliabile non ricorrervi di getto, ma pensare prima di agire.
 
Anche perché, facendo uscire dalla competenza medica prescrizioni non convenzionali, se mai qualcuno riuscisse in tale scopo, quelle indicazioni cadrebbero nelle mani di tutte le maghe di San Baronto del mondo, con effetti che potrebbero, questi sì, essere di potenziale danno alla persona, cadendo nelle mani di chi non ha dell’anatomia, della biologia, della psicologia, della fisiologia e della patologia umana la conoscenza che permette di esprimere diagnosi, prognosi e terapia.

Infine, poiché il medico cura, oltre che con il bisturi e i farmaci, con la propria persona, che è parte integrante della relazione, alla pari di quella del malato, a ben pensare le medicine cosiddette non convenzionali hanno un vantaggio sulle altre, consistente nella attenzione che pongono a tale rapporto, nel tempo che dedicano alla conoscenza dell’altro, nella curiosità non distratta nei riguardi di chi chiede aiuto, atteggiamento indispensabile per avere una visione diagnostica non circoscritta all’organo o al sintomo, ma allargata a un organismo complesso e fatto di unità comunicanti. E’ qualcosa che potrebbe tornare utile al mulino della medicina convenzionale, in uno scambio rispettoso delle parti che va coltivato e in una reciprocità intelligente e volonterosa che sia sostenuta dal superiore interesse di salute.

Se è grave pensare che le medicine non convenzionali rifiutino la qualità e la potenziale utilità delle convenzionali per partito preso, appare arduo non cogliere il rischio del viceversa. L’integrazione è l’unica vera chance da cogliere e a ciò dobbiamo avere la decenza di lavorare insieme.

Gemma Brandi
Psichiatra psicoanalista
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto
Coordinatrice Commissione sul tema presso l’OMCeO di Firenze 
13 maggio 2018
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