10 maggio -
Gentile Direttore,
in merito all’articolo “
Le Centrali sono Centri Direzionali e non Call Centers”, sorgono spontanee alcune riflessioni ma anche interrogativi di come mai a distanza di almeno 15 anni da quando iniziarono le prime manovre riorganizzatrici, solo oggi emerge un “dissenso”. Le Centrali Operative del Soccorso Sanitario, ma per essere più ampio, anche quelle delle degli altri Enti del Soccorso Pubblico in Italia, dal 1 marzo 1968 (nascita operativa del 113) ad oggi non hanno raggiunto livelli accettabili di integrazione con il tempo in cui siamo.
L’idea di Centrale Operativa quale centralino munito di un tavolo, una sedia e un telefono è ancora radicata sia ai livelli progettuali, ergonomici, tecnologici e organizzativi. Pertanto citare il termine Centrali Operative di Comando e Controllo dell’Emergenza, di HRO (High Reliability Organizing) e di C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) è quasi incomprensibile già a chi opera negli ambiti dal livello operativo a quello dirigenziale, figuriamoci al Cittadino.
La Società Italiana Sistemi 118 nel 2012 diede un impulso ideologico all’aspetto strutturale e organizzativo delle Centrali Operative con gli Standards del Sistema 118 (cui partecipai alla stesura dell’allegato tecnico sulle strutture), che sono allo stato attuale ancora disattesi.
Non si è dimenticato il DPR del 27/03/92: lo si è gettato alle ortiche. Fu predittivo sulla rapida revisione dell’assetto provinciale o sovra provinciale delle Centrali Operative, pertanto laddove epidemiologia, orografia e dinamismi particolari, potevano permettere l’accorpamento di aree territoriali minori a quelle maggiori confinanti, non è stato attuato facendo stagnare una situazione dispendiosa per decenni per poi giungere a manovre drastiche e fuori controllo non consideranti nemmeno un briciolo di storia, geografia, società civile, servizi pubblici e infrastruttura tecnologica.
Il Dpr del 1992 fu una profezia sul poter riordinare operativamente gli apparati di Comando e Controllo dell’Emergenza senza fare passi più lunghi delle nostre gambe evitando rischi inutili. La Società Geografica Italiana e la Fondazione Agnelli nell’esporre delle ipotesi di riordino territoriale dello Stato offrono spunti d’aiuto molto interessanti. Oggi in Italia abbiamo più di 800 Centrali Operative di Soccorso Pubblico, molteplici Enti che se ne occupano con partecipazioni miste tra strutturati, volontari, privati, ecc. Ne possiamo ridurre il numero di queste centrali arrivando a meno di 50 ma con una tipologia innovativa che è quella interforze basata sull’impiego di personale strutturato e deputato per definizione dalla normativa statale. Tipologia che sta diventando tendenza in buona parte d’ Europa e in altri Stati del Mondo.
Con vilipendio costituzionale (non uno smantellamento), sì è dato un calcio alle norme riservate allo Stato in tema di professioni: oggi si vedono centrali operative che impiegano operatori tecnici addetti al triage telefonico anziché le figure preposte per legge dello Stato. Con una grave perdita di coscienza, competenza, consapevolezza, appropriatezza e autorevolezza del ruolo della Centrale Operativa. E tutti sappiamo bene quali sono i requisiti per abilitare una professione.
Vi è una compartecipazione di colpa suddivisa tra Stato Centrale, Regioni, apparati della Sicurezza e Soccorso Pubblico, organizzazioni professionali, sindacali, di tutela italiani (e della politica partitica), dovuta a una scarsa conoscenza storico-normativa, a una scarsa conoscenza delle realtà e delle loro peculiarità e una dimenticanza degli eventi avvenuti al fine di progettare con progresso. L’Italia con i propri Enti del Soccorso Pubblico sta mancando una grande opportunità: la revisione di tutto il Soccorso Pubblico Nazionale e della Sicurezza.
L’avvento del modello organizzativo del Numero Unico Europeo di Emergenza 112, basato su Call Center Laici non agevolerà nulla in quanto sarà un tetto che crollerà sopra delle fondamenta ormai troppo frammentate. Pur in presenza di Buone Prassi Europee, la stessa Europa non si pone a invitare i singoli stati membri ad adottare il modello organizzativo in evoluzione e tendenza (interforze).
A maggior ragione per dimostrare la contraddizione Europea (numero unico ma non modello organizzativo unico), serve una riforma trasversale nazionale di esempio, partendo dai tre enti cardine del Soccorso Pubblico Civile (Soccorso Sanitario, Vigili del Fuoco e Polizia di Stato). Non serve creare Dipartimenti Nazionali o organizzazioni a se stanti, ma un’ unica e trasversale Struttura Governativa di Emergenza e Soccorso Pubblico, che comprenda la gestione della Formazione Accademica (non corsifici), dell’Organizzazione Operativa e Istituzionale di Servizio.
Mi auguro che il dissenso esposto nell’articolo del Dott. Balzanelli, non si riconduca a paure individualiste che non agevolano lo spirito di revisione di tale apparato importante quale la Sicurezza e Soccorso, ma sia un dissenso promotore di una seria riforma nazionale congiunta con tutti i tre enti cardine del Soccorso. Almeno per iniziare non pensando ai soldi da risparmiare, ma prima sui principi che se ben progettati, saranno guadagni economici, funzionali, evolutivi, di qualità e non perdite.
Marco Torriani
Già Infermiere di Centrale Operativa