24 dicembre -
Gentile Direttore,
relativamente all’approvazione da parte del Senato della legge “Lorenzin” chi Le scrive concorda con quanto asserito dalla Presidente del Comitato Centrale della Fnomceo, dott.ssa Chersevani e dal dott. Renzo, Presidente della Commissione Nazionale Albo Odontoiatri, riportato in questi giorni dal Suo eccellente Giornale online.
Inoltre, chi Le scrive, è stato uno dei 106 Presidenti di Ordine che ha sempre espresso contrarietà all’approvazione definitiva della cosiddetta “Lorenzin” - nella veste definitiva presentata all’approvazione due giorni orsono al Senato della Repubblica in uno con i Consigli Nazionali (CN) dei Farmacisti e dei Veterinari. Contrarietà ribadita anche in un CN tenutosi presso il Ministero della Salute, cui ebbe modo di partecipare anche l’On.le Donata Lenzi, Deputata del Partito Democratico della mia circoscrizione.
La mia personale contrarietà ha avuto modo di estrinsecarsi anche in altri due CN della Fnomceo tenutisi negli ultimi mesi, anche in quello in cui si decise di “uscire” da tutti i Tavoli Istituzionali interrompendo ogni collaborazione vista la totale assenza di ascolto da parte della componente politica che stava discutendo sulla “Lorenzin”. Quest’ultimo sussulto della Fnomceo ha solo provocato un’audizione “informale” da parte della XII Commissione del Senato durante la quale il nostro Rappresentante, nell’occasione il Segretario dott. Sergio Bovenga, ha ribadito –inutilmente- le nostre perplessità.
Gentile Direttore, Le chiedo scusa per questo lungo e certamente noioso preambolo ritenuto comunque necessario per ribadire l’inutilità dell’espressione delle perplessità da parte di chi si occupa giornalmente della salvaguardia della salute della cittadinanza rivestendo quel ruolo di garanzia costituzionale che alla nostra professione è stato conferito dalla nostra Carta nell’art. 32.
Dal mio personale punto di vista sarebbe l’argomento che sto per sottoporle sarebbe stato ampiamente sufficiente per proporre il procrastinamento, a fini emendativi, della legge appena approvata.
Infatti l’articolo 4
(Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie) così espressamente recita al punto “
l) (gli Ordini)vigilano sugli iscritti agli albi, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività professionale, compresa quella societaria, irrogando sanzioni disciplinari secondo una graduazione correlata alla volontarietà della condotta, alla gravità e alla reiterazione dell’illecito
, tenendo conto degli obblighi a carico degli iscritti, derivanti dalla normativa nazionale e regionale vigente e dalle disposizioni contenute nei contratti e nelle convenzioni nazionali di lavoro.”
Naturalmente la sottolineatura del testo è stata fatta da chi le scrive. L’impressione che si potrebbe trarre in conseguenza di ciò e che ragionevolmente, a mio avviso, si potrebbe inferire dal sottolineato è che potrebbe verificarsi- nella sua applicazione- che i medici italiani possano ormai essere considerati distinti in due categorie: 1) Medici operanti nel settore privato sottoposti all’osservanza del Codice di Deontologia Medica; 2) Medici Dipendenti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e Medici Convenzionati con il SSN entrambi sottratti al Codice in virtù di deliberazioni regionali, nazionali o da accordi stipulabili nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNNL).
Questa interpretazione, forse eccessivamente pessimistica per chi crede nella medicina ippocratica e nell’importanza dei Codici di comportamento autoregolati a garanzia del Cittadino, potrebbe essere un grande successo per gli amministratori nazionali e regionali della sanità perché potrebbe essere loro concesso di “amministrare” la medicina amministrando i medici con delibere contenitive di qualunque genere: interventi sull’organizzazione, interventi sul contenimento della spesa. Ad esempio, così verrebbe rimesso in pista il famoso decreto sull’appropriatezza (prescrittiva?). Per quest’ultimo basterà dire che bisogna dare il farmaco preselezionato dalle commissioni ospedaliere. E ancora, basterà una delibera regionale per dire che i medici del 118 possono delegare atti medici a personale non medico perché così, per esempio, si potrebbe risparmiare?
Il successo per i Cittadini però sarebbe difficilmente individuabile vista il crollo dell’autonomia della professione: il rapporto medico-paziente è così condizionato da fattori esterni e lontani dall’interesse clinico del paziente.
Cosa vuole Direttore, la lingua batte dove il dente duole. Il timore è che il Codice Deontologico venga svuotato del suo valore intrinseco (ben sottolineato da Cavicchi in un suo recente intervento su QS) e a nulla varranno le coraggiose sentenze della Cassazione o della CCEPS sulle fattispecie pertinenti. Mi chiedo: ma i medici che siedono in Parlamento si sono accorti di questo autogol? O forse era proprio questa la loro intenzione: sottrarsi al Codice Deontologico? Chissà se qualcuno di loro, o qualche uomo politico che ha approvato la legge vorrà tentare di dare una risposta a questi semplici quesiti!
Dott. Giancarlo Pizza
Presidente OMCeO di Bologna