20 luglio -
Gentile Direttore,
la questione vaccini, almeno su larga scala, non sta progredendo. Mi sono già pronunciato a riguardo e so che alcuni hanno guardato con sospetto la manovra mia e di altri di votare per la riduzione del numero delle vaccinazioni obbligatorie. A questo punto è necessario chiarire un fatto, al di là di quanto siano utili o meno i vaccini: non riusciamo a comunicare perché non ci sentiamo sulla stessa barca. Non ci sentiamo parte di una stessa comunità, non siamo più un gruppo come "italiani".
L'essere umano (uomo o donna che sia) è naturalmente portato a costituire gruppi. Non lo facciamo perché ci piace ma perché è necessario, è costitutivo della nostra natura. La nostra sopravvivenza come uomini dipende dal gioco di squadra. Questo non è mai cambiato, anzi, è su questo preciso tratto che abbiamo costruito quel che siamo adesso, nel bene e nel male. In tempi antichi non potevamo cacciare se non in gruppo, perché di armi naturali e corazze non ne abbiamo. In tempi recenti la società vive come insieme unico di parti diverse, che una volta montate insieme non sono più divise, ma formano un unicum, come il nostro stesso corpo.
Il gruppo, così costruito, è alla base della nostra sopravvivenza sociale (e quindi anche fisica, in molti sensi). Questo ci porta direttamente alla questione vaccini e a molte altre. All'interno del gruppo non si deve, né si vuole, restare isolati. Si spalleggiano opinioni e soluzioni comuni, rifiutando e a volte respingendo con rabbia opinioni diverse, anche quando coadiuvate da fatti e dati certi. Non è, ripeto, un comportamento stupido: è assolutamente normale ed è parte della forza che l'uomo ha usato per progredire fino ad oggi.
Il nostro problema, adesso, è la mancanza di un gruppo in cui poterci riconoscere in quanto italiani. La sfiducia cronica nelle istituzioni, l'abitudine a pensare che chiunque, a cominciare da chi amministra il paese, lavori solo per i propri interessi a scapito di quelli di tutti, ci ha tolto il più importante gruppo di riferimento.
Convincersi l'un l'altro di qualsiasi cosa diventa quindi impossibile perché si trasforma in una lotta tra gruppi distinti, in una questione di "noi contro di loro". Ognuno sembra voler togliere ad un altro gruppo il proprio stile di vita e la propria libertà di decidere.
Per questo snocciolare dati medici (per quanto esatti) è quasi inutile. Per questo il dialogo non progredisce in tutti i principali temi politici che da anni sono fermi, come salute, eutanasia, cittadinanza e molto altro.
Chi ha il dovere per primo di comunicare e chiarire le questioni (politica e giornalismo) dovrebbe fare uno sforzo in questa direzione prima, molto prima, di iniziare a battere sui soliti tasti per convincere gli altri della propria tesi. Dobbiamo prima creare collegamenti tra tutti questi gruppi diversi, ricordando che siamo tutti parte di uno stesso Stato, che quello che facciamo influenza gli altri, che chiunque può sbagliare, chiunque può parlare e che quello per cui lottiamo è un bene comune.
A quel punto avremmo di nuovo un gruppo in cui poterci identificare e diventerebbe più facile e naturale coordinarsi e trovare soluzioni ai problemi comuni. Senza questo processo però, rimarremo arenati in una situazione sterile di polemica, battibecchi e offese.
Senatore Maurizio Romani (Italia dei Valori)
Vicepresidente della Commissione Igiene e Sanità