10 maggio -
Gentile Direttore,
le scrivo per descriverle, attraverso una storia, l’attuale situazione della Regione Lazio. Marco è un medico di frontiera. Da più di dieci anni lotta nei pronto soccorso, le notti nei reparti, di guardia nelle sale operatorie. Negli ambulatori, nei servizi sempre più poveri di personale, sempre più anziani, sempre più affollati del Lazio.
Marco, Anestesista precario da più di dieci anni, con famiglia, con figli, combatte per difendere, tra mille difficoltà, ciò che resta del nostro disastrato Servizio Sanitario Regionale.
Marco concorsi ne ha fatti, sì, lì dove i concorsi si facevano, Marche, Umbria, Lombardia...Marco, Anestesista come i colleghi di Marche, Umbria, Lombardia, è “utilmente collocato'” in graduatorie di altre regioni. Marco non ha mai fatto un concorso nel Lazio.
Non per antipatia, non per pigrizia, ma semplicemente perché in questa Regione, di concorsi non ce ne sono stati.
Maria, Neurologa di frontiera, come Marco è Anestesista di frontiera. Dopo anni di precariato, collocata “utilmente” in graduatorie di altre regioni, è stata stabilizzata.
Perché?
Perché quella graduatoria è stata “gentilmente messa a disposizione”, mentre quelle di Marco, semplicemente, no. Eppure le norme che regolano la loro professione sono le stesse, Nazionali...Le norme, per il tanto sbandierato “superamento del precariato”, sono le stesse, è lo stesso DPCM che ha sancito criteri, limiti e requisiti.
Come è possibile che la differenza fra “i sommersi e i salvati” sia rimessa alla gentile disponibilità di altre regioni, “proprietarie” delle graduatorie, e quindi del futuro, delle speranze, delle legittime aspirazioni dei nostri “giovani” precari diventati ormai anziani ed esperti, al servizio ininterrotto da tanto, troppo tempo ormai, perché il silenzio assordante delle istituzioni possa essere considerato più che arbitrio ed ingiustizia senza scusanti?
Né la “crisi economica”, né il piano di rientro c’entrano niente.
Non hanno impedito che lavorassero per decenni accanto a colleghi a tempo indeterminato, come non hanno impedito che partecipassero con successo a concorsi lì dove c'erano.
Né che salvassero vite e fossero sottoposti, entrambi, a turni massacranti e, per l'Unione Europea, illegali.
Chiediamo a gran voce che i Precari del Lazio non siano lasciati soli, che il Governo Nazionale detti Regole Imperative, Eque ed Univoche per trattare situazioni identiche e che non sia più permesso che Mario e Maria, in identiche situazioni, vengano trattati in modo così diverso.
Chiediamo che il disastro di una Sanità a 21 velocità non si trasformi anche nella Giungla delle regole e della supremazia dell'Arbitrio.
Chiediamo una soluzione per tutti i colleghi che si trovano nelle stesse situazioni, non tollereremo più questa lotteria della fortuna!
Chiediamo che lo Stato Centrale intervenga in via definitiva, surrogando le Regioni là dove la loro autonomia, come in questi casi, si trasforma in caos e arbitrio.
Chiediamo che il Servizio Sanitario del Lazio, non i suoi politici né i suoi amministratori, con i suoi lavoratori non vengano lasciati soli, ed immolati sull'altare del perenne precariato.
Chiediamo che lo stesso Ministro della Salute intervenga lá dove le Regioni, da sole, non sono state in grado di aiutarsi, con quello spirito di 'leale cooperazione' sancito da principi morali e di buon andamento prima ancora che costituzionali.
Ora, oggi, adesso, non a ridosso delle elezioni, non come moneta di scambio del “consenso pilotato”, ma come Atto di Giustizia, più che dovuto, più che meritato, da Marco, Maria e da tutti i precari e i cittadini della nostra Regione e della nostra Italia.
Dott. Luigi Zurlo
Vice Presidente AAROI-EMAC Lazio