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QS Edizioni - giovedì 18 luglio 2024

Lettere al Direttore

Piano cronicità. Va coinvolto anche il Terapista occupazionale

di Gabriella Casu
20 febbraio - Gentile Direttore,
l’AITO, Associazione Italiana Terapisti Occupazionali e la SITO, Società Italiana Terapia Occupazionale, hanno stilato un documento, curato da un apposito gruppo di lavoro, indirizzato ai Presidenti delle Regioni e delle Provincie Autonome con la richiesta di inserire apieno titolo il Terapista Occupazionale nell’attuazione del Piano Nazionale Cronicità (PNC).
 
I Piano Nazionale Cronicità prevede che le cure devono “coinvolgere, in ruoli diversi, operatori con diverse professionalità e provenienze che collaborano per realizzare progetti unitari, mirati alla soddisfazione di bisogni di diversa natura”.

Per una presa in carico globale, é dunque importante prevedere che i team siano composti, oltre che dal paziente e dal suo caregiver, anche da tutte le figure professionali, che unendo le singole competenze, possono fornire una valutazione multidisciplinare a 360°.
 
Per ottenere questo risultato sono fondamentali, come riportato nel PNC, la formazione e la revisione delle competenze di tutte le figure sanitarie, con una maggiore conoscenza delle peculiarità professionali.
 
Perciò è indispensabile la partecipazione di ogni organismo ed ente capace di offrire un contributo: quello della cronicità è un problema che coinvolge tutti, visti i numeri, riportati in letteratura e dalle indagini statistiche territoriali, e le ripercussioni sociali ed economiche nella società.
 
Il Terapista Occupazionale (TO) viene presentato nel proprio profilo professionale, D.M. 136/97, come operatore sanitario in possesso di diploma universitario abilitante che, tra l'altro
- effettua una valutazione funzionale e psicologica del soggetto ed elabora, anche in équipe multidisciplinare, la definizione del programma riabilitativo, volto all'individuazione ed al superamento dei bisogni del disabile ed al suo avviamento verso l'autonomia personale nell'ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale.
 
Dagli anni 80/90, con l'affermarsi dei primi modelli teorici della professione, infatti, i TO hanno elaborato strumenti, oggi validati e con ampia letteratura che ne determina l’efficacia, atti a raccogliere le storie di vita delle persone con cui lavoravano, la loro soddisfazione e percezione, a studiare il loro ambiente, ad analizzare i bisogni, parlando di cliente e non di paziente, perché è la persona che decide obiettivi e percorso, individuale e personale, di riabilitazione.
 
Il Terapista Occupazionale tiene in considerazione, valuta ed interviene su vari aspetti, partendo appunto dalla Storia di vita ma soprattutto Occupazionale della persona, per capire quali erano i suoi ruoli di vita precedenti, come li svolgeva, quanto tempo gli dedicava, quali sono le occupazioni di vita che più gli interessa ritornare a fare, passando per le  funzioni fisiche e cognitive, rapportandosi con l’ambiente/contesto (Fisico, Istituzionale, Culturale, Sociale), gli aspetti psicologici e comportamentali come il tono dell’umore, le esperienze pregresse, la frustrazione, la motivazione, le emozioni, la percezione degli altri e di sé stessi e il comportamento, tutte cose che possono facilitare oppure ostacolare lo svolgimento dell’occupazione desiderata da parte del paziente.
 
Dopo un'accurata valutazione sulla performance della persona e sulle sue capacità, l’intervento di Terapia Occupazionale propone strategie e ausili per aiutarla a effettuare al massimo dell’autonomia possibile le attività della vita quotidiana al fine di produrre un corrispondente aumento della qualità di vita per la persona. Il presupposto è che quando il paziente sfrutta al meglio le sue capacità e riesce a rapportarsi e muoversi nel proprio ambiente, esso sperimenta una migliore qualità della vita.
Come riconosciuto, i bisogni sono aumentati, e, oggi, tutte le figure sono necessarie assieme per garantire il più a lungo possibile il ben-essere della persona e di conseguenza dell'intera comunità.

AITO sente la responsabilità di promuovere la costituzione di tavoli tecnici/decisionali/consultivi,  ai quali far accedere le Associazioni di categoria e le società scientifiche, utili anche nella definizione dei PDTA, in cui tutte le PPSS possano apportare il proprio contributo, partendo dalle singole peculiarità per definire assieme l'operato migliore.
 
Conferma infine l'utilità di rafforzare la formazione sulla cronicità già dai banchi universitari e nell'aggiornamento professionale poi, e si mette a disposizione per collaborare all'individuazione dei bisogni formativi, che dovranno avere riguardo anche delle dinamiche relazionali, comunicative e gestionali, utili a favorire il benessere e l'efficienza del team e, con l'effetto domino, del cittadino, della famiglia e della comunità.
 
Le associazioni di categoria devono essere coinvolte e impegnate nella definizione dei bisogni formativi universitari e dell'aggiornamento continuo di modo da poter illustrare i bisogni dei professionisti e garantire una formazione mirata e senza sprechi.
 
L'approfondimento delle competenze, la conoscenza delle peculiarità di ogni figura, il mettere assieme risorse differenti e complementari, devono essere strumenti utili per fronteggiare la condizione di cronicità e garantire una maggior qualità di vita e benessere bio-psico-sociale.
 
Dott.ssa Gabriella Casu
Segreteria Nazionale AITO
20 febbraio 2017
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