8 febbraio -
Gentile Direttore,
la provocazione del titolo di questa lettera ha l’intento di dare uno scossone a chi riveste un ruolo istituzionale e si occupa della Salute dei nostri concittadini. Da poco meno di due anni le istituzioni si sono risvegliate dal torpore atarassico in merito alla regolamentazione della pratica osteopatica che perdurava ormai da troppo tempo.
I politici non sono stati probabilmente consci dei rischi a cui sottoponevano ignari pazienti e sono rimasti indifferenti nei riguardi delle false speranze che contribuivano ad accendere in centinaia di futuri “professionisti” che, privi di un titolo sanitario, si affacciavano al mondo dell’osteopatia.
L’osteopatia è sbarcata in Italia a metà degli anni ’80 attraverso società private che hanno intrapreso l’attività formativa e che successivamente si sono diffuse a macchia d’olio in tutto il territorio nazionale. Non mi trovo nelle condizioni e anche se lo fossi non mi permetterei, di giudicare la qualità di tali percorsi formativi e la bontà/buona fede di chi insegna(va) ed apprende(va).
Mi permetto, però, di sollevare numerose perplessità e parecchi dubbi sulla legittimità che aziende di diritto privato, senza nessuna autorizzazione e vigilanza da parte di enti terzi pubblici e super-partes (ad esempio il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Ministero della Salute), si eroghino il diritto di formare soggetti, privi di qualsiasi titolo sanitario accademico, nell’erogare prestazioni terapeutiche e sanitarie (che ricordo essere limitate alle professioni sanitarie riconosciute e regolamentate).
La posizione dell’Associazione che mi onoro di rappresentare (il ROFI, Registro dei fisioterapisti diplomati in osteopatia d’Italia) è chiara ed è già stata esposta pubblicamente in diversi contesti: l’osteopatia è una specializzazione del fisioterapista e del medico.
E non siamo i soli a sostenere questo punto di vista: infatti anche in Spagna, il decreto reale 1001/2002 stabilisce che l’attività di osteopatia sia funzione e competenza del fisioterapista e la proposta di norma europea EN 16866 (rev. luglio 2015), tanto citata dal ROI, contiene una serie di A-deviation che limitano fortemente il campo di applicazione del sedicente “osteopata”, poiché tante delle sue peculiarità sono già di pertinenza esclusiva delle professioni sanitarie.
L’art. 4 del DDL Lorenzin, attualmente in discussione in commissione Affari Sociali della Camera, rischia di rendere legali, tutta una serie di pratiche professionali, svolte in modo non corretto e spregiudicato e inoltre rischia di rappresentare un precedente per altri sedicenti operatori. All’indomani della sua entrata in vigore, anche operatori shiatsu, reiki, riflessologi, personal trainer e compagnia cantando, potrebbero richiedere di essere regolamentati come professionisti sanitari.
Inoltre l’eventuale riconoscimento della figura dell’osteopata porterebbe ad una serie di criticità difficilmente risolvibili: in primis la gestione della formazione che dovrebbe passare alle università con conseguente aumento dei costi e su questo aspetto c’è già stato un netto parere negativo da parte della Conferenza Permanente delle classi di laurea delle professioni sanitarie, in secondo luogo si creerebbe il problema di come gestire i professionisti formatisi prima del riconoscimento.
Rivolgo quindi un appello agli onorevoli deputati, che sono ancora in tempo per:
1) stracciare l’articolo 4,
2) portare a compimento il percorso del DDL,
3) favorire la costituzione di tutti quegli Ordini delle professioni sanitarie, che a tutt’oggi mancano e sono fondamentali per salvaguardare il diritto di Salute e tutelare migliaia di professionisti sanitari, che quotidianamente devono lottare contro abusivi e stregoni.
Finito questo iter gli ordini delle professioni sanitarie e le società scientifiche si siederanno attorno al tavolo con le istituzioni preposte, per regolamentare la pratica dell’osteopatia.
Dott. Giulio Barbero
Presidente ROFI