6 gennaio -
Gentile Direttore,
la situazione delle donne medico rappresenta da anni un vulnus non solo nel Sistema Sanitario italiano ma anche in quello internazionale. Le professioniste si trovano ormai annosamente ad impattare, nell’esercizio dell’arte medica, in ostacoli quali la mancata progressione nelle carriere, il gender pay, a subire comportamenti discriminatori soprattutto in discipline quali quelle chirurgiche ,ad essere vittime di molestie sessuali e a incontrare resistenze nell’occupare posti di potere evidenziabili, ad esempio, nella scarsa rappresentatività nei Consigli degli Ordini Professionali.
Purtroppo da quanto si evince dai dati presenti in web, ultimamente, le donne medico non appaiono essere le sole vittime di comportamenti discriminatori, accompagnate sempre più spesso da un numero crescente di medici giovani e di over 50 che patiscono in vario modo e in varie forme di espressione negativa la crisi di un sistema ormai diafanizzato da tagli e logiche economicistiche .
Ci chiediamo, pertanto, se la meritocrazia sia ancora un concetto valido per la Sanità e quanto si possa coniugare con il benessere organizzativo. Non è ormai il tempo di cominciare a pensare di attuare nel Sistema Sanitario Italiano il processo aziendale di Diversity Managment, ossia la valorizzazione e la gestione della diversità nelle organizzazione del lavoro intendendo per diversità il genere (uomo/donna) l’età (le generazioni, giovane/anziano), l’orientamento sessuale (omosessuale o eterosessuale), l’etnia (avere origini differenti rispetto all’Italia), la disabilità (fisica o psichica), i carichi familiari (avere o non avere figli)?.
Tale concetto, nato negli Stati Uniti circa trenta anni orsono, si è affermato in Europa anche grazie a direttive della Ue che hanno promosso la tutela della parità di trattamento sui luoghi di lavoro.
La Commissione Europea ha condotto nel 2003 una ricerca, “
Costi e Benefici della Diversità”, dalla quale è stato rilevato che tra i principali benefici percepiti della diversità vi è la riduzione dei costi dovuta all’azione di una forza lavoro soddisfatta e ben integrata nel tessuto organizzativo che riesce ad abbattere ad esempio, i tassi di assenteismo e a incrementare la creatività e l’innovazione
Ci troviamo in un’epoca in cui in ad esempio si ritrovano in contesti lavorativi persone con contratti flessibili ed altri con contratto di dipendenza, situazioni che rendono spesso difficile il lavoro di squadra. Si può attraverso il Diversity Managment valorizzare i talenti rispettandone le differenze?
Non sarebbe necessario creare una “mappatura” delle varie aziende e strutture sanitarie per cercare di capire gli elementi di differenze nelle risorse umane all’interno delle organizzazioni lavorative per individuare le strategie più idonee a rendere inclusivo l’ambiente lavorativo e rendere possibile la valorizzazione del singolo individuo ? Non si potrebbe pensare all’istituzione di un Diversity manager in Sanità ?
Ci piace concludere con una frase di Don Milani: “
Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”.
Dott. Maria Ludovica Genna e Dott. Domenico Crea
Osservatorio sanitario di Napoli