5 dicembre -
Gentile Direttore,
nell’esprimere la nostra assoluta contrarietà alle offese rivolte alla Senatrice
Emilia De Biasi di cui ci auspichiamo trovino conforto nella legge, non vorremmo che tutto il polverone che si è alzato sulle “diatribe”, finisse per confondere una parte con il tutto di una categoria, quella dei Fisioterapisti, che, comunque nella stragrande maggioranza e sempre nel rispetto dei ruoli istituzionali, è libera di esprimere il proprio pensiero come detta la nostra Costituzione.
Polverone che, nel confondere le acque, ci fa dimenticare che nessuno ha mai alzato la voce per dire no a nuove professioni sanitarie, ma semplicemente si è chiesto che questo avvenga nel pieno rispetto delle regole che questo Paese si è dato per istituirle.
I
l rispetto dei ruoli istituzionali è certo doveroso e spetta a chi li riveste dare prova della sua imparzialità e come arbitro terzo non deve dare il minimo il sospetto di scendere in campo con una delle parti. Solo così sarà in grado di sopportare le pressioni senza confondere una parte per il tutto.
A sollevare il livello del baillamme sono intervenuti recentemente anche personaggi non facilmente individuabili tra le professioni sanitarie, propriamente dette, che, probabilmente, con lodi sperticate, sperano di entrare nelle grazie del potente di turno, ma con tutto sto baccano sembra vogliano solo coprire quanto hanno sancito, di recente, alcune sentenze riportate magistralmente dal collega Presidente dell’ Aifi, dott.
Mauro Tavarnelli nel suo articolo.
Quanto poi al vantare una loro diretta discendenza dal Decreto Bindi del 1998 ci andrei cauto per-ché, se questo ha riaperto i corsi per i Massofisioterapisti ciechi significa solo che, gli altri, erano stati effettivamente chiusi due anni prima nel 1996. Cosa nota anche ai sassi.
Per questo, rivolgendomi tramite le pagine del suo giornale alla Senatrice De Biasi, ed essendo certo della esperienza e competenza politica della presidente della Commissione Sanità del Senato, vorrei invitare la senatrice a riflettere in merito a formazioni “incompatibili” con le aspettative della popolazione e dei servizi della Sanità Italiana (ed Europea), in quanto il sostenere tali inquietanti “assetti formativi”, non più coerenti con le scelte già fatte dall'Università con il beneplacito della Sanità stessa, è e rimane incomprensibile con le direttive UE e avanza solo ombre di cui il Ssn pubblico e privato non né ha più bisogno, meno che mai i cittadini.
Un po’, come dire, che possiamo riprendere la formazione dell’infermiere generico e che la Federazione Ipasvi se ne fa una ragione? O vale per tutti o per nessuno, così crediamo!
Antonio G. Cartisano
Presidente Spif Ar