18 ottobre -
Gentile Direttore,
molto è stato fatto in questi mesi per plasmare il Ddl Gelli a tutela del diritto alle migliori cure possibili per ciascun cittadino, permettendo contestualmente e necessariamente, agli esercenti la professione sanitaria, di compiere tutti gli atti necessari, in ogni singola situazione, affinché nulla rimanga intentato.
Chiediamo ora un ultimo sforzo al nostro Senato, affinché nelle prossime ore, in Commissione Igiene e Sanità, possa affrontare e valutare con grande lucidità, senso di responsabilità e lungimiranza, gli emendamenti a quello che riteniamo il cuore pulsante di tutto il Ddl, quegli articoli grazie ai quali si dovranno assicurare tutte le possibilità ai pazienti e concedere tutti i mezzi ai medici e agli altri professionisti della sanità, quegli articoli dai quali mai dovrà nascere anche solo il sospetto, che medico e paziente possano essere controparti, in quello che per sua natura non può che essere un rapporto tutelato di reciproca fiducia e disponibilità.
Gli articoli 10 e 12 del Ddl dovranno tutelare il paziente cui spetta un giusto indennizzo, ma questo non potrà e non dovrà mai avvenire a prezzo di una riduzione delle possibilità di cura del paziente stesso, prezzo inevitabile se si lascia il professionista solo ad affrontare i rischi insiti in questo lavoro o peggio, se si passa il messaggio che meno si fa meno si rischia e che compiere atti potenzialmente eroici potrebbe trasformarti in sprovveduto autolesionista.
In questa ottica Obiettivo Ippocrate ha presentato al Senato, tra le altre, due proposte di emendamento agli articoli 10 e 12.
Auspichiamo l’abrogazione del comma 3 art 10 che recita “
Al fine di garantire efficacia all’azione di rivalsa di cui all’articolo 9, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in strutture o in enti privati provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un’adeguata polizza di assicurazione”.
Sostituendolo con il seguente:
“
Ciascuna Azienda del Servizio Sanitario Nazionale provvede alla stipula, nelle forme del contratto a favore di terzi e con onere a carico del singolo esercente la professione sanitaria, di una polizza di assicurazione per le ipotesi di colpa grave e dolo in favore dei propri dipendenti.”
Riteniamo opportuno abrogare l’attuale art. 10, comma 3 e sostituirne il disposto con l’attuale formulazione in quanto detta norma, nel testo approvato alla Camera, crea le maggiori e più importanti problematiche e ripercussioni pratiche in via diretta, sugli esercenti la professione sanitaria del settore pubblico e indirettamente all’Azienda Sanitaria, da cui lo stesso medico dipende, nonché al cittadino-paziente.
Ciò in quanto detta norma si inserisce in un sistema assicurativo in cui è estremamente difficile (se non praticamente impossibile) per gli esercenti la professione sanitaria dotarsi di idonea copertura assicurativa.
Difficoltà che non ineriscono solamente l’ammontare dei premi assicurativi, i quali potrebbero essere effettivamente calmierati dai massimali di rivalsa imposti dall’art. 9, comma 5 del DDL 2224.
I problemi aperti sono difatti ben altri e riguardano innanzitutto e nello specifico la facoltà di recesso da parte dell’assicurazione (facoltà che verrebbe ovviamente esercitata proprio in caso di sinistro) e la conseguente impossibilità pratica per il singolo esercente di reperire, a fronte del recesso, una nuova copertura assicurativa.
I medici e gli esercenti la professione sanitaria diverrebbero pertanto immediatamente inadempienti proprio rispetto all’obbligo loro imposto dall’art. 10, comma 3 e conseguentemente impossibilitati ad esercitare la propria professione. Con buona pace per l’Azienda di recuperare quanto anticipato al danneggiato e per il paziente di poter usufruire di un efficace Servizio Sanitario Pubblico.
Senza considerare che, pur in assenza di sinistri ovvero di esercizio di recesso da parte dell’azienda, le attuali polizze assicurative hanno durata annuale, nulla garantendo all’esercente la professione sanitaria che la compagnia rinnovi, alla scadenza annuale, il contratto stipulato, ovvero che la compagnia non alzi esponenzialmente i premi assicurativi.
Ipotesi ovviamente del tutto plausibili nella prospettiva, sopra richiamata, del nuovo contenzioso civile introdotto dall’art. 9, comma 5 del DDL 2224. Dette problematiche sono ovviamente connesse al fatto che il sistema delineato dal DDL 2224 lascia il singolo esercente la professione sanitaria abbandonato a sé stesso per trovare l’assicurazione “meno peggiore”, con l’obbligo di assicurarsi indipendentemente da logiche di mercato su cui, da singolo, non ha ovviamente alcun potere contrattuale.
Sistema che crea un danno drammaticamente trasversale. È danneggiato il medico, che non può lavorare. È danneggiata l’Azienda Sanitaria per cui il medico lavora, che vede le sue risorse umane venir meno (con riduzione delle prestazioni erogabili e aumento delle famigerate liste d’attesa) e vede venir meno la stessa garanzia di recuperare in rivalsa dal medico non assicurato e magari con patrimonio incapiente, le somme corrisposte al terzo danneggiato a titolo di risarcimento danni.
È danneggiato il singolo cittadino, qualora divenga “paziente”, poiché troverà meno medici, meno risorse, più attesa, come se non fosse già abbastanza danno per lui l’esser condannato all’inevitabile medicina difensiva o astensionistica. Si ritiene che l’unica soluzione a questa criticità sia prevedere che siano le stesse Aziende del SSN a contrattare, come del resto hanno fatto sinora, con le compagnie assicurative un’unica polizza assicurativa per colpa grave da far sottoscrivere ai proprio personale dipendente e del cui costo si facciano ovviamente carico i dipendenti stessi.
A tal proposito si rileva in particolare che, soprattutto se non si configurano Azienda e proprio dipendente quali controparti civilistiche e si rispettano i principi contabili della Corte dei Conti, si rispetta la coerenza logico-giuridica dell’obbligo di contrattualizzazione in favore di terzo come delineata dall’emendamento proposto.
Auspichiamo inoltre la soppressione del comma 3 Art. 12 che recita: “
L’impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o di ridurre la propria prestazione”
Riteniamo necessaria l’abrogazione in quanto la norma avrebbe, quale risultato pratico, quello di costringere i professionisti e le aziende alla medicina difensiva ovvero astensionistica, rifiutando il trattamento sanitario nei casi maggiormente complessi, per evitare di subire la rivalsa dalla propria assicurazione. Salvo stipulare un’ulteriore polizza con altra compagnia per assicurarsi verso la possibilità di rivalsa della compagnia con il quale il contraente risulta già assicurato per la colpa grave: una vera aberrazione, un assurdo gioco delle scatole cinesi!
Il vero danneggiato, in questo caso, sarebbe solo il paziente al quale verrebbe negato, proprio nelle situazioni di maggiore criticità e complessità, il proprio diritto alla cura migliore possibile.
Massimiliano Zaramella
Presidente Obiettivo Ippocrate