26 settembre -
Gentile direttore,
oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera – e da ieri sera su
Corriere.it - troviamo un articolo a firma di uno dei giornalisti di punta della testata, Gian Antonio Stella, dal titolo “Il gioco degli aghi, punito chi denunciò” e come sottotitolo (giornalisticamente “sommario”) “Vicenza, sospeso il primario che svelò gli scherzi di medici e infermieri a danno dei malati”.
Il fatto è noto ai lettori di Quotidiano sanità e anche io stesso ero intervenuto con un contributo dal titolo “
Lo strano caso degli ‘Amici di Maria’. Ma è lecito scherzare sui pazienti? Ecco i verbali dell’Asl di Vicenza dopo lo scandalo della presenta gara delle cannule”.
Stella scrive non avendo letto le carte. Essendo male informato disinforma i suoi lettori. Ricapitoliamo i fatti. Durante una cena di reparto i medici e gli infermieri presenti si prendono vicendevolmente in giro “in ordine alle capacità/incapacità degli medici e degli infermieri di pronto soccorso di reperire accessi venosi” (così nei documenti dell’ufficio disciplinare dell’azienda sanitaria).
Più esattamente erano gli infermieri a ironizzare sulle scarse capacità dei medici. Il tutto rilanciato, come di consuetudine oggi, sul social network whattsapp. Il giorno successivo vengono scritti messaggi sulla chat – chiamata “Amici di Maria” (il secondo nome del primario del pronto soccorso) – relativa a una finta gara su pazienti da parte di medici e infermieri. Le frasi sulla gara – ovviamente mai effettuata - erano frutto del clima scherzoso iniziato la sera prima e proseguito la mattina seguente.
Qualcuno fornisce al primario – che non è parte del gruppo whattsapp – le conversazioni e da dirigente aziendale convoca una riunione. Fino a qui il primario agisce correttamente. Le scorrettezze cominciano nella riunione, che non è stata fatta per accertare il fatto ed acquisire ulteriori termini di conoscenza per poi demandare tutto all’ufficio competente delle sanzioni disciplinari, ma evidentemente, solo per confermare il fatto.
Il primario accusa sei infermieri e due medici di avere inscenato una gara reale contro i pazienti al fine di dimostrare le abilità a chi inserisse l’ago più grosso. Il fatto, se provato, sarebbe stato di una realtà inaudita.
Gli accusati respingono l’accusa e confermano l’inesistenza della gara: nessuno l’ha posta in essere e il contenuto delle conversazioni non corrisponde neanche lontanamente alle prestazioni eseguite quel giorno al pronto soccorso. Il primario, che evidentemente partiva da una posizione preconcetta, capendo che non avrebbe avuto alcun ascolto da parte dei vertici aziendali redige un verbale – a sua firma – in cui informa l’azienda della gara e della confessione dei professionisti.
Qualche partecipante alla riunione, però, aveva registrato il tutto. Dall’audio si scopre che il verbale non era veritiero – quindi sosteneva il falso – e questo ha portato alla archiviazione da parte dell’ufficio disciplinare per cinque infermieri e un medico e alla sanzione per l’utilizzo del cellulare in servizio per le due persone che quella mattina erano presenti al lavoro.
La gara quindi non c’è stata, nessun paziente ha avuto prestazioni diverse da quelle che doveva ottenere e il caso degli “Amici di Maria” è, a pieno titolo, ascrivibile al caso delle bufale mediatiche.
Gian Antonio Stella si stupisce che il primario sia stato sospeso e dis/informa i propri lettori con una ricostruzione che l’azienda stessa ha accertato come falsa. Il primario è stato giustamente sospeso per avere, in un verbale, affermato il falso per accusare ingiustamente sei infermieri e due medici di attività gravissime e mai svolte.
Sulla vicenda, a quanto sappiamo, indaga anche la procura della Repubblica di Vicenza per, supponiamo, il reato di falso ideologico. Il primario è un pubblico ufficiale e dolosamente ha artefatto – per motivi che solo lui conosce, evidentemente - il verbale della riunione.
Ripetiamo: l’autorità preposta, l’azienda sanitaria, chiude il caso e sanziona il primario per avere scritto il falso in un documento ufficiale che avrebbe avuto conseguenze gravissime nei confronti di otto persone accusate di un fatto mai avvenuto: sarebbero state licenziate per giusta causa e radiate dai rispettivi albi professionali se non ci fosse stato l’audio a smentire il primario.
Tutto questo l’autore della “Casta” non lo dice e si trova in buona compagnia. Lui stesso ricorda che lo stesso sindaco di Vicenza è intervenuto a favore del primario. Il sindaco Variatti, infatti, è intervenuto a favore di un dirigente sanitario che, a detta della propria amministrazione, ha scritto il falso su un verbale. Cosa direbbe il sindaco di Vicenza se il direttore generale dell’azienda sanitaria intervenisse a difesa di un dirigente comunale che altera i verbali del Comune di cui Variatti è sindaco?
Il sindaco di Vicenza non è l’unico uomo delle istituzioni a mostrare uno scarso senso del ruolo invadendo campi che non gli competono. Si è registrata anche la presa di posizione del deputato Sbrollini che ha difeso anche lei il primario, omettendo la ricostruzione delle prove artefatte. Il deputato Sbrollini mette sul piatto, italianamente (della serie “Lei non sa chi sono io!”), il peso della carica, ricordandoci che interviene nel suo ruolo di vicepresidente della Commissione affari sociali della Camera. Una persona delle istituzioni – come lo sono il sindaco di una città e una parlamentare – dovrebbero avere il rispetto delle istituzioni non invadendo gli spazi che la legge assegna ad altri.
Per quanto riguarda il giornalista di una grande e autorevole testata, come il Corriere della Sera, dovrebbe prima informarsi e poi informare i suoi lettori. La narrazione che Stella propone parte da presupposti falsi e quindi altera tutto il suo articolo.
Bastava che si informasse dal giornalista del Corriere Veneto per avere il punto della situazione. Dal fustigatore dei cattivi costumi italiani ci saremmo aspettati parole di condanna verso chi forma, da pubblico ufficiale (tale è un primario), atti falsi. Così non è stato.
Stella non trova di meglio che attaccare il sindacato che ha preso posizione sulla vicenda degli “Amici di Maria” accusandolo di “sentenziare”. Stella ha ancora di nuovo torto: ha “sentenziato” l’azienda non il sindacato!
Le pressioni che arrivano esternamente a un’istituzione – in questo caso un’azienda sanitaria locale – non hanno quasi mai finalità limpide.
Stella, Sbrollini e Variatti sono tutti e tre vicentini. Difficile non immaginare che non abbiano gli stessi elementi di conoscenza del reale accadimento della vicenda che ha portato l’azienda sanitaria ad archiviare la posizione di medici e infermieri e a sanzionare il primario.
Forse, visti i loro natali, sono da ascriversi al gruppo degli altri “Amici di Maria”. Solidarietà amicale, quindi, indipendentemente, come abbiamo visto, dai reali fatti che l’azienda sanitaria ha correttamente ricostruito.
Una brutta vicenda che non riesce a chiudersi.
Luca Benci
Giurista