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QS Edizioni - lunedì 2 dicembre 2024

Lettere al Direttore

Infermieri, tra realtà e rappresentazione

di Maicol Carvello
28 aprile - Gentile Direttore,
Queste ultime settimane sembrano rappresentare per la professione infermieristica un vero e proprio campo di battaglia, un intenso “tiro alla fune” tra la realtà e la sua rappresentazione. Così, ad esempio, se da un lato aumenta la presenza degli infermieri nel panorama mediatico (con importanti apparizioni anche su canali nazionali), dall’altro siamo costretti a riconoscere che le percezioni del mondo del giornalismo, rispetto alla nostra professione, affondano spesso le loro radici su terreni a dir poco obsoleti.
 
Sul fronte orientale prendiamo atto di trasmissioni televisive che si nutrono con ingorda avidità di infermieri-presunti-killer, dall’altra parte osserviamo con orgoglio migliaia di professionisti che giorno dopo giorno nelle corsie degli ospedali, sulle strade e nelle case dei pazienti, con estrema competenza e dedizione, offrono assistenza, cura e salute. Da un lato della fune la consolidata ed efficiente realtà del Triage di Pronto Soccorso, dall’altro uno straziante tiràge creato “ad hoc” da giornalisti che vivono di semplificazione.

Tuttavia, provando ad ampliare l’orizzonte ed orientando il focus su “casa nostra“, un’analisi puntuale non può non tenere conto anche delle percepibili fibrillazioni interne che, a volte, richiederebbero forse una gestione più strategica ed orientata ai risultati.

Il riferimento va inevitabilmente al recente scambio di battute avvenuto tra il Collegio IPASVI di Pisa e la Federazione Nazionale in merito alla rivisitazione dell’articolo 49 del Codice Deontologico che, ricordiamo, recita: L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale.
 
Il dibattito, legittimo nel merito, fuoriuscendo rapidamente dai canali istituzionali si è tuttavia trasformato, come spesso accade, in pane per i denti di coloro che amano dividere il mondo in “buoni” e “cattivi” e sebbene questo modus operandi dia ampia risonanza al tema, rischia sempre di convertire una ponderata ed utile riflessione in una sterile ed improduttiva serie di colpi e contraccolpi.

Certo, l’espressione “l’infermiere compensa” si presenta come piuttosto indigesta e, per i non addetti ai lavori, assume decisamente un forte sapore di “tappabuchismo” (mi sia concesso il neologismo), tuttavia viene da chiedersi se la semplice rimozione di un termine incriminato possa realmente incidere sulle deprecabili scelte di politica sanitaria spesso messe in campo da talune realtà. E’ importante ragionare - magari nelle sedi opportune - di articolo 49, ma forse occorre guardare l’intero sistema da una prospettiva più ampia: ci sono sempre più infermieri, motivati e competenti, imbarcati per pochi spiccioli da cooperative del profitto, assunti come apprendisti (sic!) da strutture di ogni sorta o addirittura inquadrati come volontari senza alcun diritto, tutela o compenso adeguato.

Da qualche mese, alcuni professionisti della provincia Bologna hanno dato il via ad una interessante iniziativa denominata #NoiSiamoPronti, attraverso la quale infermieri di diversi contesti hanno avuto la possibilità di dimostrare, attraverso un foto pubblicata su vari Social, tutta la loro determinazione ed il loro orgoglio nei confronti del cambiamento, in particolare per quanto riguarda l’orizzonte delle “competenze avanzate”. La riflessione, a questo punto, credo che debba orbitare quindi su questo aspetto: i professionisti si considerano pronti, ma il sistema che li circonda e che dovrebbe favorire il loro sviluppo è realmente pronto ed adeguato? Al netto delle più rosee intenzioni, data per certa la forte identità professionale, siamo veramente una categoria pronta a muoversi coesa verso un obiettivo comune? Ancora, le Università, che dovrebbero rappresentare la genesi ed il motore del cambiamento, adempiono sempre e pienamente al loro mandato?

Purtroppo, dal momento che la prontezza non è un fenomeno oggettivabile, difficilmente si potrà rispondere concretamente a queste domande.
Tuttavia, approfitterei di questo spazio per portare nella discussione almeno un elemento misurabile; nel 2015 infatti, collaborando con l’equipe di infermieri ricercatori coordinata dal Dott. Giancarlo Cicolini, è stato condotto uno studio (successivamente pubblicato sul Journal of Clinical Nursing) volto a sondare l’effettiva applicazione, da parte degli infermieri italiani, delle tecniche fondamentali dell’esame obiettivo, raccogliendo risultati da quasi 1.400 professionisti in buona parte delle regioni italiane. Lo studio, in sintesi, oltre a mettere in evidenza alcune rilevanti lacune nella valutazione dei segni e dei sintomi (elemento fondamentale del sapere infermieristico), ha soprattutto fatto emergere le principali cause di tale limite: non chiare dinamiche nel rapporto medico-infermiere, ma ancor più una insufficiente formazione ricevuta.

Prendendo spunto dall’esempio appena riportato, ritengo sia quindi una condizione necessaria, per tutta la categoria, sentirsi preparati oltre che pronti, nel momento in cui (giustamente) difendiamo il Triage di Pronto Soccorso e le competenze avanzate degli infermieri nella gestione dell’emergenza-urgenza; se già molto è stato fatto (e, in questo senso, gli infermieri italiani dimostrano sempre più una preparazione riconosciuta e condivisa a livello europeo) ciò non toglie che possa, e si debba, fare di più.

La mia conclusione non conterrà quindi mirabolanti novità: ritengo che la nostra categoria potrà veramente dirsi pronta, con profonda cognizione di causa, nel momento in cui tutti gli attori del sistema coinvolti nel cambiamento (IPASVI, sindacati, università, politica, direzioni infermieristiche e professionisti) riusciranno a focalizzare con precisione gli obiettivi da perseguire e metteranno in comune i relativi strumenti per raggiungerli.
 
Maicol Carvello
Infermiere AUSL della Romagna 
28 aprile 2016
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