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QS Edizioni - giovedì 5 dicembre 2024

Lettere al Direttore

Se anche le Rems hanno liste d’attesa

di Pietro Pellegrini
26 aprile - Gentile Direttore,
segnalo alla Sua attenzione e a quella dei lettori l'articolo di Luigi Ferrarella "I malati psichiatrici che sono pericolosi ma restano in libertà. Le nuove strutture senza posti, pm in difficoltàCorriere della Sera, 20 aprile 2016. L'articolo riferisce che la REMS di Castiglione delle Stiviere, arrivata ad un livello di presenze (315) ingestibili,  d'intesa con la Regione Lombardia, "ha iniziato a opporre liste di attesa ai pm che bussano per eseguire misure di sicurezza. E ogni volta parte così una "guerra tra poveri" di cui si comincia a cogliere l'eco in un provvedimento ieri della Procura di Milano che, nel prendere atto dell'indisponibilità della REMS, aggiunge l'inciso "fatta salva l'individuazione di condotte penalmente rilevanti nel rifiuto", e sembra così non escludere in futuro l'eventuale reato di omissione di atti di ufficio".
 
Un esempio quasi paradigmatico di come un cambiamento assai complesso, la chiusura degli OPG, non debba essere compromesso da un clima di sfiducia e sospetto tra magistrati e psichiatri (che non metterebbero a disposizione i posti letto nella REMS?) che finirebbe con l'aumentare le pratiche di "psichiatria difensiva" e paralizzare legalmente professionisti, gli psichiatri, già gravati da alte responsabilità e dall'impropria applicazione della c.d. "posizione di garanzia"("Ecco perché lo psichiatra non può essere responsabile delle azioni commesse dai suoi pazienti"; "Psichiatria e medicina difensiva. Un problema interno?")
 
Il problema della piena applicazione della legge 81/2014 è molto serio e richiede una visione di insieme che affronti alcuni punti chiave che ho riepilogato in un precedente intervento ("Un anno senza OPG. Punti chiave per fare funzionare la riforma"). 
 
Relativamente al problema dei posti letto in REMS non si può comprendere senza alcune considerazioni di carattere generale:
a) La legge 81/2014 è una riforma incompleta,in quanto non sono state riviste le norme del codice penale su imputabilità, pericolosità sociale e misure di sicurezza. Non solo ma è entrata in vigore, seppure dopo due proroghe, prima che fosse completata e perfezionata l'intera rete delle REMS e fossero riviste le prassi operative. Questo implica che per applicare la nuova legge occorre trovare nuovi punti di incontro tra giustizia e psichiatria, rielaborare e superare le contraddizioni tra vecchia e nuova normativa.
 
b) Nel complesso si è delineato un impianto per molti aspetti assai fragile, esposto a molti rischi di blocco specie se ciascuna professione tende a collocarsi sulla difensiva o a non tenere conto del punto di vista dell’altra.  Sul piano operativo con la chiusura dell'OPG è necessario il superamento di molte prassi in uso da anni, inadeguate nel nuovo contesto (ad esempio il regolamento penitenziario risulta in larga parte inapplicabile)che implica una profonda reciproca conoscenza di psichiatria e giustizia. Relativamente a questo occorre ricordare che oggi la psichiatria prevede una pluralità di servizi ospedalieri, residenziali e territoriali a diversi livelli di specializzazione e intensità di cura. Un sistema variegato molto poco conosciuto e non ben individuabile dall'esterno (a differenza dell'OPG) che va portato all'attenzione dei magistrati.
 
c) Vista la complessità del compito la legge ha chiamato a collaborare le diverse istituzioni (Magistrati, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Prefettura, Forze dell’Ordine, Regioni, Aziende sanitarie, Comuni) e la funzionalità dell'intero sistema dipende dall'approppriatezza dei percorsi e dalla fattiva ed efficace collaborazione di tutti. Ciascuna parte è chiamata ad un ruolo a partire dalle proprie competenze per dare realizzazione al punto chiave della riforma: alla persona non imputabile in quanto incapace di intendere o volere nel momento del fatto-reato, se pericolosa socialmente, deve essere applicata in primis la misura di sicurezza non detentiva (libertà vigilata). In altre parole è nell’ambito della comunità che la persona deve essere inserita. E' questa la portata rivoluzionaria della riforma. Non luoghi a parte: l’inclusione è la risposta!
In tutti i soggetti, prosciolti per infermità mentale, pericolosi socialmente si è accuratamente valutata la possibilità di applicare misure di sicurezza non detentiva (libertà vigilata)? Se n'è data evidenza? Sono stati adeguatamente coinvolti i servizi competenti per territorio?
 
d) La misura di sicurezza detentiva è residuale e temporanea e così la collocazione in REMS. Quindi l’OPG non è sostituito dalla REMS bensì dall’insieme dei servizi sociali e sanitari della Comunità dei quali fa parte il Dipartimento di Salute mentale, al cui interno opera come struttura specialistica la REMS.
La REMS è una residenza la cui gestione è affidata interamente ai sanitari mentre la vigilanza perimetrale è affidata alle forze dell’ordine tramite specifici accordi con le Prefetture; il legislatore ha fissato un massimo di 20 posti letto (quindi non c'è sempre posto), i requisiti sono quelli delle normali strutture sanitarie. Il compito è la cura e non certo alla custodia o la mera esecuzione della misura di sicurezza.
 
e) Gli accessi e le dimissioni dalle REMS avvengono su disposizione della magistratura e in questo percorso vanno migliorati: il ruolo dei periti psichiatri, la qualità delle valutazioni, degli invii, ancora troppo collegati alla cultura dell'OPG e non allo spirito della nuova legge. La misura di sicurezza non è che una componente ed ha senso solo in funzione di un percorso di cura e quindi del quadro clinico e funzionale del paziente che ancora troppo spesso viene considerato secondario e talora nemmeno comunicato ai responsabili delle REMS. Avvengono veri e propri invii al buio molto rischiosi per tutti, paziente e operatori. Quindi va migliorata la presa in cura dei pazienti presso i Dipartimenti di salute mentale e devono essere seguiti i percorsi di cura, prima della REMS e dopo la REMS anche per evitare le ricadute.
 
E' noto che per dimettere dalle residenze (e quindi anche dalle REMS) occorre costruire percorsi, valutare e correre rischi possibilmente condivisi e per questo tutti gli attori, compresi gli psichiatri non solo devono essere tranquilli ma attivamente sostenuti.  Quanti pazienti della REMS possono essere dimessi? Quali sono gli ostacoli? E i tempi per le revisioni delle misure? Ciascuno si interroghi sulla propria parte. Solo questo processo può portare alla disponibilità dei posti letto.
 
I magistrati non possono preoccuparsi solo degli accessi ma devono essere protagonisti compartecipi dell'intera funzionalità del sistema che essendo a carattere sanitario vede una disponibilità predefinita dei posti (che significa un certo rapporto operatori/utenti, possibilità di progetti, qualità ecc.). In altre parole non sono come il carcere dove c'è sempre posto e dove si raggiungono alti livelli di sovraffollamento invivibili e antiterapeutici. Va tutelata la possibilità di curare. Creare grandi contenitori, espandibili "a fisarmonica", non servirebbe a nulla ed innescherebbe un processo vizioso senza fine di distruzione della riforma.
 
Per dare piena funzionalità alla legge e affrontare il tema delle misure di sicurezza non eseguite per mancanza di posti richiede anche altre azioni: 1) va completata la rete regionale delle REMS (e quello della territorialità resta un punto chiave della riforma che deve essere sempre affermato onde evitare inopportune migrazione dei pazienti); 2) Va poi vista l'approppriatezza della misura di sicurezza (ancora viene privilegiata quella detentiva che invece dovrebbe essere residuale) e bisogna rivedere in modo sistematico i progetti dei soggetti ospitati in REMS che in molti casi potrebbero essere dimessi; 3) I pazienti in licenza finale esperimento dovrebbero essere dimessi dalle REMS e presi in carico dai Dipartimenti di salute mentale liberando così posti letto; 4) Le REMS non devono diventare mini-OPG ma presidi sanitari attivi e temporanei, possibilmente vuoti. L'obiettivo è quello di rendere le REMS temporanee e di superarle per inserirle nella rete territoriale ecc..
 
Quindi il problema della mancanza dei posti letto in REMS non si risolve con la sottile minaccia agli psichiatri di incriminarli per omissione di atti di ufficio ma con un valido lavoro di fattiva e reciproca collaborazione che veda il sistema nel suo insieme e sappia affrontare con modalità innovative e sperimentali anche il problema dei soggetti (ad es. quelli con alto grado di psicopatia, resistenti ecc.) che richiedono elevati livelli di custodia e non traggono benefici da percorsi residenziali. Occorre affrontare anche la questione penitenziaria e del suo rapporto con le REMS.
 
Ma tutto questo ancora non basta. Per una psichiatria senza Ospedali psichiatrici giudiziari è essenziale che la politica, in assenza di riforme sistematiche, possa almeno armonizzare le norme e soprattutto sostenga la riforma sia culturalmente sia con mezzi economici e personale, affinchè i servizi per la salute mentale possano migliorare l'assistenza territoriale e utilizzare strumenti nuovi (budget di salute, "residenzialità leggera"), responsabilizzare gli utenti e favorire la recovery, dando a tutti la necessaria tranquillità per adempiere al proprio delicato compito. Infine è necessario la sensibilizzazione e il coinvolgimento delle Comunità locali e del volontariato per superare lo stigma, le povertà e favorire l'inclusione di tutte le persone, anche di quelle autrici di reato che mai sono da considerare irrecuperabili alla vita con gli altri essere umani.
 
Pietro Pellegrini
Direttore del Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale
Dipendenze Patologiche
Ausl di Parma 
26 aprile 2016
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