12 dicembre -
Gentile direttore,
desidero esprimere delle riflessioni a margine dell’articolo del dott.
Luca Benci sulla sentenza della Corte d’Appello di Roma sul demansionamento. Non è mai piacevole ribadire a posteriori le proprie ragioni ma ancora una volta sento la necessità di ripetere, nei confronti della Federazione IPASVI perché unico ente ad emanare il codice deontologico, che il Nursind aveva chiesto da tempo di abolire l’art. 49 perché nocivo alla salute degli infermieri e dei cittadini.
Che l’art. 49 del codice deontologico IPASVI non fosse utile né per gli infermieri (compensare le carenze non giova alla dignità della professione) né per i cittadini (alla compensazione è preferibile sempre l’ordinaria gestione e l’adeguato organico) lo si era capito da tempo, tanto è vero che già nel 2009 quand’era in via di stesura il codice deontologico IPASVI gli infermieri avevano posto il problema e anche Nursind aveva chiesto lo stralcio della parte sulla compensazione delle carenze.
Per la festa internazionale dell’infermiere (12 maggio) 2015 abbiamo chiesto
attraverso una lettera aperta alla Federazione e ai collegi provinciali IPASVI l’abrogazione dell’art. 49 del codice deontologico. Abbiamo promosso una campagna in tal senso perché abbiamo capito, forse prima di altri, che le condizioni di lavoro in un contesto sempre più soggetto a tagli e definanziamento avrebbero condotto la compensazione a sistema. Così è stato e così è! Blocco del turn over, tagli ai beni e servizi (appalti di pulizie), assenza di personale di supporto, invecchiamento e usura del personale, sostituzione delle carenze di altro personale come amministrativi, tecnici di laboratorio (sostituiti da infermieri che usano i POCT), tecnici di radiologia (sostituiti da infermieri nelle sale operatorie e nelle emodinamiche per esempio), farmacisti (infermieri impiegati nella distribuzione farmaci), sono alcune delle situazioni per cui gli infermieri vengono impiegati in mansioni non afferenti alla loro professione.
L’IPASVI chiede le competenze avanzate e poi giustifica deontologicamente – ed ora giuridicamente – le circolari delle amministrazione che prevedono l’impiego degli infermieri per chiudere i rifiuti. Ma quale evoluzione e tutela dell’immagine professionale possiamo chiedere se il primo ad avallare il demansionamento degli infermieri è l’ente pubblico che rappresenta la professione?
Come si può dare credito alle continue dichiarazioni sull’importanza di adeguare le dotazioni organiche e valorizzare gli infermieri se poi si sostengono le politiche regionali (per es. il minutaggio in Veneto) e nazionali di tagli al personale e il blocco contrattuale? Perché la Fnomceo si è fatta promotrice degli stati generali e della manifestazione dei medici portandoli in piazza e l’IPASVI si è limitata a qualche dichiarazione di circostanza senza muovere in dito?
Se il codice deontologico è degli infermieri allora tale codice deve essere il frutto della sintesi di un dibattito aperto nella professione che raccolga tutti i suggerimenti che dagli infermieri arrivano e non il solo frutto di un lavoro di un gruppo ristretto attentamente selezionato.
Non possiamo che prendere atto che l’ente di rappresentanza non segue i suggerimenti che vengono dagli infermieri e dalle altre rappresentanze degli infermieri e nel mantenere l’art. 49 dà forza ai giudici – come nel caso di specie - e alle aziende per sostenere il demansionamento degli infermieri.
A chi giova un IPASVI cosi? #StopDemansionamento è la campagna che il Nursind continua a sostenere per rinnovare la richiesta dell’apertura di un dibattito nella professione, un dibattito aperto e strategico. Cosa che finora è sempre mancata.
Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind