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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Lettere al Direttore

Infermieri sottopagati? Iniziamo a sostenere la nostra dignità professionale

di F.Stanga e G.Raineri
14 settembre - Gentile Direttore,
le scriviamo per condividere alcune riflessioni in merito alle diverse forme di esercizio della professione infermieristica. "Diverse forme" si, perchè la nostra professione è varia, versatile ed esprime il proprio contributo al singolo e alla collettività intervenendo in ambiti e con modalità che spesso sfuggono alle aspettative dei nostri utenti. Stiamo parlando, in particolare, della possibilità di esercitare come liberi professionisti, in forma singola o associata. Ciò che troppo spesso viene interpretata come una semplice differenza contrattuale, rappresenta per il professionista una scelta che assume caratteristiche di natura non solo strettamente "sanitaria".
 
Alle abilità e competenze sanitarie, si devono aggiungere capacità imprenditoriali e di management, rappresentando le prime i nostri "prodotti" e le seconde la capacità di promuoverli e valorizzarli. Questi prodotti spaziano dalle prestazioni sanitarie propriamente dette, ad attività formative rivolte sia a sanitari che non (si pensi agli adempimenti DLGS 81/08 per le aziende), a servizi di consulenza di diversa natura (risk management, primo soccorso in azienda, consulenze legali e forensi, organizzazione del servizio di assistenza ad eventi sportivi, e molto altro).

Ovviamente, come per qualunque altra realtà imprenditoriale, l'offerta è proporzionale alle competenze coltivate e sviluppate all'interno dell'organizzazione "aziendale" (sia essa composta da un singolo soggetto e da più professionisti), ma la possibilità di poter ogni giorno "reinventare" la nostra offerta è ciò che, per chi percorre questa forma di esercizio, rappresenta lo stimolo motivazionale a migliorarsi ogni giorno. Poco più di tre anni fa abbiamo scelto questo percorso e tuttora è motivo di grande orgoglio ed entusiasmo. Non possiamo però esimerci dal proporre alcune nostre riflessioni, dal taglio maggiormente autocritico, alla luce di alcuni episodi che si susseguono nella quotidianità e che probabilmente sfuggono agli occhi dei più, ma non a quelli di chi, come noi, ha fatto una certa scelta.

E' sempre bello vedere i colleghi che godono di interessanti occasioni per arrotondare le proprie entrate con prestazioni "extra"... Quello che vien da chiedersi, con un filo di rammarico professionale e imprenditoriale, è: sarà proprio giusto che questi colleghi, con ZERO rischio d'impresa e uno stipendio già assicurato possano allegramente erogare prestazioni a destra e a manca? La risposta la diamo noi: si, è giusto, perchè i liberi professionisti non possono certo avanzare diritto d'esclusiva sul mercato in toto.

Ci sono però alcune condizioni che è necessario non dimenticare:
- un libero professionista deve affrontare una serie di investimenti per poter erogare i servizi che propone. Un esempio semplice: per poter garantire la presenza in occasione di manifestazioni sportive, sarà necessario essere in possesso quantomeno di una divisa da soccorso, che comporta un investimento (restando su qualità e dotazioni medie) di circa 300€. Possiamo quindi pensare che, in linea di massima, la prima giornata di incarico se ne vada per recuperare il costo della divisa. Sarebbe bello poter vedere che chi sceglie di immettersi in questo tipo di mercato, affrontasse lo stesso tipo di investimento; invece sui social media si vedono continuamente immagini di professionisti sanitari dipendenti (talvolta di enti pubblici) che in occasione di prestazioni da lavoratore autonomo, sfoggiano prestigiose divise gentilmente offerte da altri enti (AREU Lombardia, per fare un esempio): questo non è certamente giusto.
- Un libero professionista, in virtù della contribuzione a cui è assoggettato, elabora il proprio onorario che difficilmente sarà competitivo con le competenze esposte da un collega che già percepisce uno stipendio sicuro e che pertanto è certamente meno motivato nella fase della "trattativa". In merito a questo punto sorgono un dubbio e un suggerimento.

Il dubbio: i colleghi dipendenti che erogano quelle che, impropriamente, vengono definite "prestazioni occasionali", si sono curati tutti, come sarebbe d'obbligo, di iscriversi alla Gestione Separata ENPAPI (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza della Professione Infermieristica)? Perché se così fosse siamo certi che la valorizzazione dell'intervento si allineerebbe di certo a quella di un libero professionista.

Il suggerimento: non sarebbe finalmente ora di manifestare uno sforzo collettivo che sia finalizzato anche al giusto riconoscimento economico dell'operato dell'infermiere? Ogni giorno scorrono fiumi di polemiche sulle condizioni contrattuali degli infermieri, giuste e legittime... Ma come possiamo pretendere che i contratti collettivi ci gratifichino se quando abbiamo NOI la possibilità di dichiarare quanto valiamo, tendiamo a promuovere un imbarazzante ribasso?
 
E il pensiero corre a chi accetta incarichi a 9,00 € lordi l'ora in libera professione, a chi questi incarichi li propone (visto che spesso sono essi stessi dei colleghi), a chi sta a bordo pista di importanti competizioni a 18,00 €/h lordi (talvolta anche molto meno, fino ad arrivare a 13€)... Ci si dimentica (perchè forse non sempre lo si fa) che di quei 18€, una parte va in contributi (20% per il dipendente che eroga prestazioni occasionali), una parte deve essere versata all'Enpapi (anche dal collaboratore occasionale), una parte se ne va in quella divisa che abbiamo acquistato (a meno che non si stia indebitamente utilizzando la divisa offerta da altro ente, spesso pubblico). Certo, sappiamo bene che il "Rimborso Spese" non rientra nei casi succitati, quanto piuttosto in quell'elenco di mezzucci tutti italiani che permettono di essere "inattaccabili", ma noi, non vorremmo ripeterci, non siamo l'Agenzia delle Entrate. Ciò di cui stiamo parlando non è l'arte di trovare l'escamotage per abbassare il valore delle nostre prestazioni, ma piuttosto della forza corale che dovremmo esprimere per elevarlo. Per guadagnare di più? Per arricchirci sulle spalle di chi sta male? Polemiche troppo facili e scontate... Certo che no! Per garantire il giusto riconoscimento, sociale ed economico, ad un professionista competente e responsabile che come tale va riconosciuto.

Ci si perdonerà l'apparente cinismo di questa provocazione: se compriamo un'auto e spendiamo poco, le nostre aspettative verso quell'auto saranno proporzionate al suo prezzo. Cambieranno molto nel momento in cui entreremo in un concessionario di alta gamma e cambierà anche la nostra aspettativa di spesa, perchè, nell'immaginario collettivo dei "non addetti ai lavori", il valore economico è uno dei parametri della qualità attesa e pretesa.
 
Perché queste riflessioni? Dopo soli tre anni dall'avviamento della nostra attività, ci sono capitate innumerevoli occasioni sovrapponibili a quelle descritte. Questo non ha certo inficiato la crescita della nostra realtà, che fortunatamente continua ad essere rapida e gratificante, ma non può non stimolare alcune riflessioni.

Esercitare la professione in forma autonoma, è una scelta personale, che trae fondamento da attitudini, ambizioni e aspettative personali, nella stessa misura in cui ne trae fondamento la scelta di esercitarla in regime di dipendenza. Una scelta non è migliore o più prestigiosa dell'altra, ma di certo non si può guardare con diffidenza e talvolta "giudizio" ad una delle due, per poi cercare di trarre massimo beneficio da alcuni selezionati aspetti che la contraddistinguono.

Spieghiamo meglio: se scelgo di esercitare come dipendente, poi è giusto che sia coerente con la mia scelta. Questo non deve precludere certo la possibilità di sviluppare anche altre "opzioni", ma è necessario che io lo faccia rispettando le regole e alle stesse condizioni di chi quelle "opzioni" le percorre ogni giorno assumendosi rischi ben più onerosi.

Certamente può apparire come un discorso di parte e poco oggettivo...probabilmente lo è. Ma non fraintendiamo l'obiettivo: questa non è la dissertazione rancorosa di infermieri frustrati. Queste vogliono essere considerazioni condivise con i colleghi, finalizzate a favorire il giusto riconoscimento della dignità professionale, in primis da parte dei professionisti medesimi. Nulla avremmo su cui riflettere se tutti (dipendenti e non) si impegnassero a garantire i giusti onorari (anche nei confronti dei collaboratori), agissero nella legalità (tasse, Enpapi), non abusassero di certuni privilegi...ma spesso, purtroppo, non è così e questo non lede tanto al libero professionista in quanto tale (che pure ne soffre molto), lede al decoro professionale in generale.

E' necessario che gli infermieri inizino a sostenere la dignità infermieristica, non solamente a chiedere agli altri di farlo.
 
Dott. Fabio Stanga
Infermiere specialista in Infermieristica Legale e Forense

 
Dott. Gianluca Raineri
Infermiere specialista in Infermieristica Legale e Forense

Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche
14 settembre 2015
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