12 giugno -
Gentile direttore,
Un primo esempio di spreco, da ben 500 milioni di euro, viene dalla
radiologia. Oltre cento milioni di esami diagnostici l’anno, che non servono realmente al malato, contribuiscono alla decadenza del sistema sanitario nazionale (SSN). A Foligno, in occasione del 14° Congresso Nazionale dei Radiologi, sono stati discussi i temi al centro del dibattito dei radiologi: gli standard, la radioprotezione, la radiologia interventistica, il rapporto tra le professioni. Il congresso ha affrontato anche una profonda analisi sull’appropriatezza degli esami diagnostici nel nostro Paese, questione che coinvolge tutti i cittadini, con sprechi di denaro e sovrabbondanza di esposizione ai raggi X. Almeno 80 milioni di esami registrati, dai dati del Ministero della Salute, nel 2014. A questi numeri si deve sommare un 25% di esami derivati dal privato pagante (out of pocket), fenomeno ascrivibile alle erogazioni fornite a basso costo, spesso di poco superiore al ticket, da strutture private. L’Italia è tra i paesi più forniti di impianti di TC e RM e produce il più alto numero di risonanze magnetiche al mondo (110 esami per mille abitanti). Questa iperproduzione scaturisce anche da un inadeguato supporto alla appropriatezza prescrittiva: secondo studi di settore, solo il 56% delle richieste risulta pienamente appropriato. I radiologi propongono un modello sperimentato in Sicilia con i medici di medicina generale (Mmg), per combattere il fenomeno. Inoltre, il carico di lavoro è più che raddoppiato per un numero di medici che è rimasto sostanzialmente invariato dal 1994. Ciò ha comportato “la trasformazione dei servizi in esamifici decerebrati, dove il medico radiologo attende, come gli operai alle catene di montaggio del ‘900, il robot che lo sostituisca: circa 10.000 esami all’anno per medico radiologo” (Fnomceo 2012).
L’obiettivo del convegno è stato quello di proporre un modello più ampio ed universale di difesa degli interessi dei malati. Da Foligno, è partito così un programma di iniziative ed azioni volte a recuperare il senso ed il ruolo delle azioni professionali dell’area radiologica in alleanza con tutti i professionisti che abbiano interesse alla buona salute, condividendo i percorsi relativi a valutazioni di: appropriatezza prescrittiva, esecutiva, diagnostica, organizzativa. Un programma di collaborazione ma anche di lotta con le istituzioni di fronte alla responsabilità di governo, per fermare il declino del SSN, prevenendo le degenerazioni indotte dalla medicina difensiva che così tanto hanno degradato le prestazioni sanitarie nel nostro Paese. Questa “operazione verità” ha portato alla constatazione che le misure di Governo e Regioni sono state poco incisive, se non addirittura inutili. Il supporto all’appropriatezza prescrittiva dovrà realizzarsi dalla reale e fattiva collaborazione tra i professionisti, in termini multidisciplinari e soprattutto multiprofessionali.
Scenari e ruoli della medicina di laboratorio
Il 28 maggio scorso a Ospedaletto (Pisa), si è tenuto il corso di aggiornamento “Ruoli e scenari della medicina di laboratorio nell’era del cambiamento”, promosso dalla Società italiana di patologia clinica e medicina di laboratorio (Sipmel). Il convegno, patrocinato dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, ha visto la presentazione degli attuali modelli operativi nell’ambito della diagnostica di laboratorio delle macro-aree, soprattutto in vista dei prossimi cambiamenti organizzativi (unificazione in tre grandi Asl per tutta la Toscana), con uno sguardo ad alcune importanti realtà extraregionali. Dai relatori tutti, difronte alla complessità dei vari modelli, si è levato un coro di necessità di un modello unico dei laboratori; che fosse lo stesso in tutte le aziende sanitarie, che prevedesse una sistematica e sistemica collaborazione e comunicazione tra laboratoristi e clinici, etc. Riorganizzare l’area diagnostica anche in funzione della patologia considerata, nella visione di un concetto più olistico della salute e quindi di una medicina ad personam, cucita addosso, o personalizzata. E questo comporta una rivoluzione culturale che è meno sconvolgente del previsto, e cioè promuovendo con convinzione, e non solo a parole, la comunicazione tra professionisti per efficientare le cure.
La medicina personalizzata è il nuovo paradigma assistenziale
La Società Italiana di Medicina Personalizzata (SIMeP) vuole riunire e coordinare le molte e diverse competenze indispensabili all'assunzione e diffusione, nel sistema reale, delle strategie di medicina personalizzata, utili a diffondere evidenti benefici sociali e finanziari all'intero sistema. La rivoluzione della medicina è già in atto: oggi l'approccio classico di diagnosi e cura è stato superato da una nuova visione clinica paziente-centrica in cui, mediante specifiche analisi epigenetiche, genomiche e metabolomiche, si valuta il profilo individuale del soggetto. Dal profilo individuale, si ottiene un contributo rilevante nella scelta della strategia terapeutica specifica. In questo modo, è possibile ridurre al minimo il “costo tossico" della terapia, migliorando la qualità della vita del paziente e ottimizzando la gestione delle risorse economiche disponibili. Le conoscenze provenienti dal sequenziamento del genoma umano possono modificare sostanzialmente l'operare dei clinici, e generare una nuova cultura che porti ad un'ottimizzazione dell'uso delle risorse farmacologiche. I recenti sviluppi in biologia molecolare e biochimica hanno inciso in modo rivoluzionario sulle domande che vengono poste dagli operatori e dai pazienti ad un laboratorio di diagnostica clinica. L'approccio clinico classico è teso a determinare le condizioni del malato, o del soggetto sano osservato in un regime di prevenzione, valutando una serie di parametri in cui la normalità è definita da determinati intervalli di valori numerici o aspetti citologici specifici.
La "genericità" dei sistemi di diagnosi e cura classicamente intesi, può essere superata grazie alla disponibilità, acquisita negli ultimi anni, di nuovi strumenti per la comprensione a livello molecolare delle malattie e per lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, possibilmente personalizzabili in base al profilo di espressione genica che è peculiare in ciascun paziente. L’obiettivo è pertanto sviluppare un sistema condiviso tra scienze di base e scienze cliniche in cui, ad una diagnosi personalizzata, si associ una strategia terapeutica studiata per il singolo caso, ovvero attuare in ambito ospedaliero un metodo di ricerca traslazionale che concretizzi l'applicazione e la diffusione della “Medicina Personalizzata”. È intuitivo l'impatto di tale approccio, non solo sulla qualità della vita del paziente, ma anche sulla ottimizzazione nella gestione delle risorse sanitarie. La Società Italiana di Medicina Personalizzata promuove la conoscenza e lo sviluppo di questa disciplina sostenendo la comunicazione scientifica, la ricerca, l'innovazione tecnologica e la formazione. Inoltre, intende definire, insieme agli organi istituzionali competenti, normative adeguate e percorsi assistenziali efficienti e sostenibili per l'erogazione dei servizi di medicina personalizzata.
La rivoluzione ed il cambiamento partono sempre dal “basso”
“La misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, nonché alla crescita delle competenze professionali, attraverso la valorizzazione del merito e l'erogazione dei premi per i risultati perseguiti dai singoli e dalle unità organizzative in un quadro di pari opportunità di diritti e doveri, trasparenza dei risultati delle amministrazioni pubbliche e delle risorse impiegate per il loro perseguimento” (art. 3 comma 1Dlgs.150/09). La pubblica amministrazione, a seguito delle leggi in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione, è stata chiamata ad un cambiamento delle logiche e dei modelli di comportamento legati all’efficienza, alla nuova “cultura manageriale” e ad una continua attenzione rivolta alle reali necessità dell’utente.
Con la strutturazione di un sistema di valutazione orientato ai risultati, i dirigenti sono tenuti a formalizzare obiettivi e strategie ed i dipendenti si trovano coinvolti nel cambiamento, costretti ad una “navigazione a vista” e ad un continuo “working in progress”. Concetti come obiettivi, indicatori, valutazione della performance sono entrati nel gergo quotidiano senza essere passati per un approfondimento e aggiornamento professionale del personale. Ciò non permette una vera comprensione ma una semplice responsabilizzazione passiva del cambiamento richiesto.
La formalizzazione degli obiettivi, la definizione dei tempi di realizzazione, la definizione degli standard e degli indicatori a diversi livelli operativi, obbligano ogni struttura ad analizzare le proprie attività per individuare i punti di criticità e le azioni di miglioramento organizzativo da approntare.
In questa ottica, un’efficace esperienza è stata fatta nel corso del biennio 2008-2010 dall’ufficio per le relazioni ed i servizi al pubblico dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA). Tale istituzione ha acquisito un’esperienza rivolta all’incremento dell’utenza, alla creazione di nuovi servizi e all’individuazione di strumenti di valutazione. Avere un’attenzione costante verso le necessità dell’utente, “ragionare come l’utente”, stimola la necessità di ridefinire i servizi erogati in termini di flessibilità e, soprattutto, fornire risposte differenti a differenti richieste, dando la percezione di un contatto affidabile, rapido e personalizzato.
In ogni struttura organizzativa, si attua un complesso sistema di relazioni e di scambi; “il cambiamento” altera questi rassicuranti assetti raggiunti, e costringe le persone a modificare abitudini, comportamenti e modi di lavorare, nonostante cambiare provochi risposte diverse, a volte scettiche, la priorità e l’urgenza stanno nell’uscire dalla visione statica della propria organizzazione ed avventurarsi verso un processo di modernizzazione. Accettare la sfida significa creare un approccio al cambiamento, semplice e condivisibile, per evitare che il percorso sia percepito come un “controllo” e quindi “negativo”.
I
l “know-how” e la conoscenza dei processi di lavorazione forniscono gli strumenti per essere consapevoli, coinvolti e capaci di condividere la propria esperienza; rendersi consapevoli delle attività svolte, capaci di individuare le procedure e il flusso delle lavorazioni (per SSN le prestazioni) ma soprattutto coinvolti nell’analisi e pronti a condividerne gli obiettivi. Concentrarsi su ciò che conta per trovare il focus sui processi delle attività, stimola il lavoro di gruppo e la condivisione delle conoscenze, a volte personali e, come tali, frammentate per definizione. L’individuazione e la relazione fra gli input e gli output esistenti, mettono in risalto l’interdipendenza fra le attività e gli uffici. Attuare uno schema di analisi dei processi e delle procedure adottate, permette di creare un obiettivo unificato e una consapevolezza della mission istituzionale che aiuta il passaggio del personale verso la ri-organizzazione delle strutture operative. E tutto questo vale anche per i sistemi complessi come il Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
L’esperienza suggerisce fasi critiche così riassunte:
Fase 1) Individuazione
Si riferisce al momento dell’individuazione delle macro attività, dei processi svolti e, infine, degli input e output.
Fase 2) Scomposizione
Disaggregare le attività e cogliere come il processo risponda ai bisogni dell’utente, sia esso esterno che interno all’istituto/ente/istituzione; comprendere, definire e misurare qualitativamente e quantitativamente il processo e chi ne fa parte.
Fase 3) Analisi
Impostare un’analisi che consenta di evidenziare il nesso tra l’attività e le risorse impiegate,
prevedendo il monitoraggio delle stesse. Studiare e predisporre semplificazioni attraverso modifiche che prendano in considerazione azioni di miglioramento ambientale, d’informazione e comunicazione, di operativi e soprattutto di risorse tecnologiche.
Fase 4) Reporting Procedure
Istituire un “sistema di reporting” orientato al monitoraggio continuo dei processi e di chi ne fa parte.
Fase 5) Assegnazione responsabilità
Individuare la figura del responsabile di una procedura o di un servizio è fondamentale per garantire che le attività e le azioni, volte ad assicurare che le risorse umane e tecniche, siano impiegate secondo gli obiettivi stabiliti.
Fase 6) Monitoraggio
Monitorare costantemente il lavoro svolto attraverso il “sistema di reporting” adottato e creare questionari interni e online per monitorare il feedback degli utenti.
Fase 7) Valutazione e pubblicazione dei risultati
Analizzare i dati del “sistema di reporting” per provvedere ad eventuali modifiche organizzative e diffondere l’impegno nel raggiungimento dell’obiettivo.
Il monitoraggio sistematico, lo studio del contesto e l’analisi dell’utenza portano l’attenzione sull’importanza della dimensione interfunzionale della struttura e del raggiungimento di standard qualitativi dei servizi.
In conclusione, per il raggiungimento di qualunque obiettivo strategico, ogni sfida dovrà necessariamente passare attraverso il coinvolgimento, la formazione e l’aggiornamento di chi è soggetto e oggetto di questo cambiamento (il cittadino, sia esso professionista che utente).
Che cosa fare come sistema da subito
- a livello di medicina di laboratorio e di dipartimenti dei servizi diagnostici tutti, identificare gli esperti che indirizzino e supportino alla appropriatezza prescrittiva;
- favorire e promuovere, fin dalla realtà lavorativa quotidiana, non solo la multidisciplinarietà ma anche e soprattutto la multiprofessionalità, vera fonte ancora inutilizzata di cultura all’interno del SSN, e potente strumento/mezzo di democratizzazione e valorizzazione dei ruoli;
- valorizzare e dare pari opportunità di carriera ai dirigenti sanitari in ambito manageriale, favorendo una riorganizzazione delle risorse secondo un sistema di dipartimentalizzazione per patologia e di management per gerarchia orizzontale, operando per priorità e competenza in termini strategici, al fine di ottenere risultati duraturi nel tempo ed equi per l’utenza;
- dove la variabilità individuale suggerisce la necessità di una terapia su misura, sarà opportuno creare condizioni che promuovano il potenziale del personale con competenze adeguate già in forza, la formazione ed investire di più in capitale umano (clinici, ricercatori, care giver, etc);
- uno dei limiti del SSN è sicuramente la sua forte struttura gerarchica, che non favorisce il cambiamento: dall’”alto” risulta difficoltosa un’adeguata percezione dei bisogni dell’utenza, o di altre criticità se non dopo che le stesse hanno esitato in qualche inefficienza (i.e. episodio di malasanità) o in un aumento della spesa (i.e. bilancio non in pari). Pertanto occorre coinvolgere attivamente gli operatori, motivandoli e responsabilizzandoli, ed ascoltarne gli eventuali suggerimenti e proposte;
- tutti gli operatori e i professionisti della salute, impegnati in prima linea, con opportune deleghe e/o mandati, sono sicuramente le figure più esperte per arginare la problematica dell’inappropriatezza;
- infine è fondamentale, in qualunque azienda, compresa quella sanitaria, valorizzare la cultura e condividere le esperienze, al fine di favorire una visione più olistica del concetto di salute, e realizzare così la medicina personalizzata, che necessita di un notevole bagaglio di competenze intra ed inter professionali.
Maria Chiara Dell’Amico
Biologa molecolare e project manager