30 aprile -
Gentile direttore,
il signor Polillo, lo chiamo signore per compiacerlo e non per sminuirlo visto che lui stesso dice di ritenere il “signore”, ed io sono d’accordo, il titolo migliore cui poter aspirare, continua a rimestare in una confusione che qualcuno sta artificiosamente creando per poter affossare il tanto temuto comma 566. Parla,
nel suo articolo, di esclusività di competenza medica nella attività diagnostica e terapeutica. Di quale attività diagnostica e di quale attività terapeutica parla?
Strano che un insegnante del corso di laurea di Infermieristica scordi che l’attività diagnostica infermieristica esiste ed è utilizzata in maniera proficua in tutto il mondo. Strano che dimentichi che l’attività medica esclusiva in fatto di terapia è quella prescrittiva (anche qui l’Italia si distingue da molti altri Paesi delegando al medico non solo la prescrizione di farmaci ma anche di pannoloni, presidi antidecubito e mille altre cose sul cui uso non è coinvolto e, spesso, risulta anche scarsamente competente) e che comunque all’infermiere, che lui sembra ritenere un “praticone” gravemente impreparato dal punto di vista teorico, è richiesta una attività di controllo sulle prescrizioni al fine di evitare errori di dosaggio e terapeutici. Come ritiene che questo possa essere fatto il signor Polillo? Forse con la praticaccia?
Ripeto, vedo che si rimesta ad arte, ma a volte in maniera un po’ troppo grossolana, sulla paura di delegare atti che possono, proprio in virtù dei corsi di laurea attivi, essere tranquillamente gestiti anche da professionisti non medici senza, peraltro, sconfinare in competenze specifiche che nessuno discute. Come ho già avuto modo di dire l’infermiere non vuole fare il medico (credo che tutti noi avremmo potuto farlo se solo ci fosse interessato) ma quello per cui è formato: l’Infermiere.
Possiamo poi discutere su quella che è l’idea di Infermiere che Polillo e molti come lui hanno di noi. Personalmente la vedo molto falsata. Se io dovessi basarmi sull’idea di medico che posso avere pensando ad alcune tesi di laurea di medicina a cui ho assistito potrei avere una idea di questi professionisti ben diversa da quella che ho, cioè generalmente positiva. Se il signor Polillo ritiene gli studenti del corso di laurea in cui insegna incapaci addirittura di formarsi un giudizio clinico coerente (e non una diagnosi), quindi capaci soltanto di effettuare una mera rilevazione di parametri vitali senza nessuna possibilità di metterli insieme per orientarsi quantomeno su una famiglia patologica, forse dovrebbe incominciare con aumentare il peso e magari la qualità del suo insegnamento in ambito di biologia applicata, proprio per colmare il gap formativo a cui si riferisce.
Forse, poi, noi infermieri dovremmo iniziare a pretendere che i troppi insegnanti medici nei nostri corsi di laurea fossero sostituiti da infermieri, anche qui come avviene in tutto il mondo. Magari sarebbe anche il caso di rivedere, finalmente, tutto il percorso formativo della professione infermieristica, portandolo ad essere un laurea magistrale a percorso unico, prevedendo successivamente i percorsi di specializzazione in aree di alta complessità.
Venga a vedere, il signor Polillo, quegli infermieri praticoni che lavorano nei sistemi di emergenza (DEA e 118), venga a vedere quelli che lavorano nei TMO e nelle Terapie Intensive. Venga a vedere quegli infermieri che lavorano nelle RSA, nelle medicine e nelle chirurgie ospedaliere e che hanno la responsabilità di 40 malati che devono gestire in toto. Io sono uno di quegli infermieri, prima che un loro rappresentante, e come me ce ne sono migliaia. Questa notte sarò, come tanti altri colleghi, su una ambulanza e gestirò in prima persona, seguendo protocolli ben stabiliti ma in prima persona, infarti, incidenti stradali ed arresti cardiaci. Sono praticoni questi infermieri? No signor Polillo. Sono Professionisti e, me lo lasci dire, meritano qualcosa in più che insegnanti che non credono in loro e nella loro preparazione.
Roberto Romano
Consigliere IPASVI Firenze