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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Lettere al Direttore

Quale futuro per i laureandi e specializzandi in medicina?

di Eleonora Franzini Tibaldeo
10 novembre - Gentile direttore,
vorrei agganciarmi all'interessante lettera di Anaao Giovani su Quotidiano Sanità del 4 Novembre 2014 e fare ulteriori osservazioni, nella speranza che siano di utilità, essendo questo, argomento di tesi di laurea. In Europa la situazione formativa è evidentemente più professionalizzante rispetto all'Italia: gli studenti sono a contatto con il malato fin dal primo anno e la modalità formativa è orientata verso unproblem based learning e un clinical based learning adeguato all'anno di corso.
 
Questi dati sono emersi in seguito ad un lavoro di comparazione pubblicato su www.quaderni-conferenze-medicina.it diAccarroni A., Zucchi R, dal titolo: "Studiare Medicina in Europa. Dai piani di studio all'esperienza sul campo".
Sempre nello stesso articolo si e' notato un' altra evidenza fin ad ora sottostimata: la preparazione italiana è competitiva rispetto al resto dell'Europa, sia dal punto di vista teorico che della capacità di mettere in relazione il sapere teorico con la patologia medica clinica, addirittura pare superiore ai colleghi di pari anno.
 
Dove si trovano le criticità e le inadeguatezze formative, dunque? Nella messa in pratica. Manca insomma una didattica professionalizzante e un riconoscimento del ruolo istituzionale dello studente negli ospedali frequentati, sostiene Andrea Lenzi commentando tale articolo.
Negli anni sessanta Maccacaro si era fatto fautore di una rivoluzione formativa medica volta ad una nuova medicina democratica, e altri pensatori ed intellettuali più recenti ( Cavicchi, Sir Ken Robinson, Tognon...) insieme alle nuove pedagogie, hanno cercato e cercano tuttora soluzioni in grado di rendere la formazione stessa adeguata alle nuove criticità del malato e della realtà lavorativa, promuovendo nuove metodologie didattiche a discapito della classica ed 'antica' lezione frontale.
Quindi la criticità pare dovuta a questa mancanza di innovazione didattica,  metodologica e professionalizzante. Addirittura Cavicchi, che sappiamo essere innovatore e precursore dei tempi, sottolinea nel suo libro " Il riformista che non c'e", la necessità di un cambio di paradigma a favore di nuove epistemologie e nuove didattiche orientate alla clinica senza tralasciare né la relazione né la 'cognizione' .
Difficile da mettere in atto? Assolutamente si'! Ma alcune realtà universitarie stanno incominciando, pian piano, una nuova era formativa: si pensi ai nuovi percorsi didattici iniziati a Torino, ma anche in altre Facoltà. Siamo solo all'inizio.
 
Ancora Lenzi, nel commentare l'articolo sopracitato, sottolinea la ormai chiara realtà che in Italia manca la figura dello studente di medicina inserito nel sistema sanitario nazionale, perché è ancora troppo marginale. Solo in questa maniera tale figura diventa  professionalmente adeguata.
Attualmente i soli 6 anni non sono sufficienti per poter essere medici e lavorare: lo studente, ormai diventato medico abilitato a tutti gli effetti, per poter accedere al SSN e quindi poter lavorare, è obbligato a scegliere una specialità e a concorrere, insieme ad altre decine di migliaia di colleghi, a concorsi sempre più selettivi, con sempre meno posti.
Giustamente Anaao Giovani ha sottolineato questo paradosso: da un lato aumentano i numeri di iscritti alla Facoltà (vedi i recenti ricorsi e le diverse criticità di selezione iniziale che non considera le capacità attitudinali e vocazionali dei giovani aspiranti, come avviene in Svezia) ma dall'altro non aumentano le borse di specialità che vengono anzi ridotte! Creando così false aspettative nei giovani, condannandoli ad un penoso limbo fatto di speranze infrante e sfiducia nel sistema, lasciandoli in attesa di un miracolo, di una sanatoria, o di quant'altro di immaginario che sblocchi lo stallo. Come si e' visto questo Giovane Governo alla fine pare non essere attento alle questioni dei giovani e questa attitudine all'invarianza non fa che commettere un penoso autogol escludendo per sempre dal mondo del lavoro intere generazioni. Cosa potrebbe fare dunque, il giovane medico per sbarcare il lunario? Ripiegare sulle medicine complementari senza neanche crederci? Accettare contratti atipici sottopagati o mansioni demansionanti? Oppure, per i più coraggiosi e ambiziosi, lasciare il paese per cercare 'fortuna' (e un contratto dignitoso) all'estero (vedi la drammatica fuga di cervelli)?
 
La formazione Europea è veramente tutta da lodare ed imitare?
Sempre secondo le preziose osservazioni dell'articolo, vi è un dato preoccupante: la standardizzazione formativa!
Concetto diametralmente opposto rispetto alle preziose lezioni di Cavicchi e di altri esperti del settore, i quali hanno sempre sottolineato l'importanza di favorire lo sviluppo di un pensiero indipendente e critico; addirittura Sir Ken Robinson (celebre pedagogista anglosassone) nelle sue numerose interviste, dichiara quanto sia importante sostenere lo sviluppo di un pensiero laterale fin dalla scuola (!!); Tullio De Mauro e Carlo Bernardini, durante un loro dialogo letterario, sottolinearono l'importanza della prescintificità e dell'intuizione quale base indispensabile per ogni pensiero scientifico; e inoltre, si è sollevata da piu fonti, la necessità a insegnare la tolleranza verso le diverse ideologie, perché solo così è possibile evitare di contestare a priori idee che solo il tempo può dar ragione di validità, evitando di cadere nell'errore del dogmatismo e della semplificazione.
 
Pertanto anche il modello italiano ha punti di forza e di debolezza : troppe lezioni frontali e ancora troppe poche lezioni basate su problem solving eclinical based learining, poca pratica, ma una approfondita cultura patologica teorica.
 
Concluderei con l'augurio che da un lato venga attuata una formazione professionalizzante affinché la figura dello studente sia valorizzata nel SSN, e che dall'altro lato non venga trascurato l'insegnamento alla flessibilità intellettuale affinché non si spenga la freschezza di pensiero del giovane medico.
 
Eleonora Franzini Tibaldeo
Studente Facoltà di medicina - Torino
10 novembre 2014
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