16 settembre -
Gentile direttore,
penso che ogni persona di buon senso abbia la percezione che il nostro Paese sta camminando pericolosamente sull’orlo del baratro (default). I dati che sforna mensilmente l’ISTAT sono depressivi in ogni senso e l’Europa ci chiede di rispettare gli impegni per garantire la solvibilità del nostro debito pubblico. Che la legge di stabilità potesse richiedere una correzione di bilancio era da aspettarselo. Infatti, tale situazione era già nota prima dell’estate, evidenziata in diverse prese di posizione - anche su questo quotidiano - che anticipavano la firma definitiva del Patto per la Salute. Allora come ora si parla di circa 20 miliardi di euro. Allora non si sapeva quanto di questo sarebbe toccato alla sanità pagare e si è continuato a dire che i risparmi in sanità sarebbero rimasti in sanità. Poi abbiamo scoperto che i risparmi sul personale non sarebbero rimasti in sanità ma, fatta eccezione forse per le forse dell’ordine, sarebbero andati a risparmio dello Stato. Per ultimo, ma non sarà certo la fine, rispunta l’esigenza di fare un taglio (il 3%?) forse al Fondo sanitario Nazionale.
Oggi noto con piacere:
1. che il Ministro Lorenzin, a mio parere giustamente, critica l’amministrazione regionale del fondo o, meglio, l’incapacità di amministrare (governance) da parte di molti manager, direttori generali, primari, assessori;
2. che la
luna di miele del matrimonio di cui parlava il prof. Cavicchi tra Ministero e Regioni sta forse per finire o quanto meno si vedono i primi segni di crisi;
3. che finalmente si ritorna a parlare di tagliare gli sprechi e di organizzazioni centralizzate, cose che Nursind dice da tempo con proposte di risparmio anche sul personale che salvaguardano chi svolge l’assistenza diretta per evitare che i tagli ricadano sulla quantità e qualità delle cure e del prendersi cura;
4. che
le proposte fatte ieri dal prof. Cavicchi prevedono una maggiore centralizzazione del governo dell’organizzazione dei servizi a garanzia del diritto alla salute che è stato negato in molti casi nelle regioni con piani di rientro perché si sono tagliati i servizi (cose dette anche da Nursind a margine della
riflessione sulla modifica del Titolo V);
5. che tra le altre proposte che il professore indica c’è lo sblocco dei contratti e del turn over come sollecitato anche dalle nostre riflessioni nell’articolo del 14 settembre.
Se abbiamo almeno 5 motivi per essere contenti (nella discussione teorica), la prospettiva di una forte resistenza delle Regioni per salvaguardare la loro autonomia nello sprecare le risorse e nella gestione del malaffare - che
ci ricorda l’Agenas e ieri Cavicchi costa 6 miliardi l’anno – sembra, se avrà l’avvallo del governo, portarci a barcollare pericolosamente sul quel baratro che per la sanità significa la fine del SSN come l’abbiamo conosciuto finora e l’inizio dell’era delle assicurazioni e del SSPN (sistema sanitario privato nazionale).
Nursind, è noto, da tempo ha posto il tema dell’anticorruzione e della trasparenza nella pubblica amministrazione speriamo che dopo la sua scomparsa durante gli
stati generali della salute riappaia oggi per necessità come contropartita per salvare la sostenibilità del nostro sistema sanitario universalistico e solidaristico.
Dr. Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind