30 aprile -
Gentile direttore,
la scomposta difesa della sperimentazione degli Ambmed del Lazio tradisce, nel suo piccolo, molte cose. L’attitudine ad analizzare i fenomeni ed i dati con la lente deformante del proprio, personale, particulare.Un complesso di inferiorità dell’assistenza territoriale rispetto a quella ospedaliera. Un’assenza di indirizzo e di visione dello sviluppo dell’assistenza primaria.
E’ raro trovare qualcuno che non si scagli contro gli sprechi, sempre localizzati a debita distanza da se stessi. Vediamo gli AmbMed.
Sono stati attivati 11 Ambmed nei PS del Lazio. In tutto hanno visitato 33.000 pazienti in un anno, sono costati alla disastrata sanità Laziale 2,5 ML di €.
Insomma, per fare 8 viste al giorno (in 12 ore) abbiamo speso 75 € a visita, per una spesa giornaliera di 630 € e mensile di 19.000 € per ogni Ambmed. Numeri eloquenti. I soldi sono relativamente molti, ma sono stati spesi bene?
Chi sono i pazienti che si sono fatti visitare? Dai dati, pare che circa il 90% sia stato rimandato a casa senza somministrazione di alcun farmaco, senza prescrizione di approfondimenti diagnostici e senza neanche la prescrizione di esami di laboratorio.
Qualcuno può mettere seriamente in dubbio che con questi soldi non si possa produrre maggiore e migliore assistenza?
Appare evidente che questi cittadini non avessero alcun bisogno del PS. E perché ci sono andati? Si divertivano a fare la fila al PS? No di certo.
Significa allora che non hanno trovato risposta ai loro dubbi, alla loro varia richiesta assistenziale presso il suo luogo naturale: il territorio e l’ambulatorio del proprio medico di famiglia. E sono stati costretti a spostarsi verso i PS.
D’altro canto, i PS del Lazio, come era facilmente prevedibile e previsto, stanno peggio di prima (vedi Can Camillo), non essendosi realizzato nessun intervento riorganizzativo e di risanamento dei DEA. E non potendo ricevere nessun beneficio dagli ambmed.
In sostanza, con gli AmbMed la Giunta Polverini, diventata famosa per la capacità di allocare le risorse, ha di fatto coperto l’assenza di intervento sia nella riorganizzazione territoriale sia in quella ospedaliera. Ha dato solo l’illusione, cementata dai soliti specifici incentivi…e qualcuno si è fatto incantare. Pazienza, ma almeno si eviti di insistere, e di cercare giustificazioni stravaganti. E’ molto singolare additare un deficit colossale di 10 MLD della sanità laziale per giustificare il “proprio” contributo al deficit di appena 2,5 ML.
Si denuncia la pervicace attenzione alla ospedalità pubblica e si dimentica che il Lazio è la regione con la maggiore presenza di ospedalità privata in Italia. Il risanamento richiede scelte radicali e coraggiose. E riguarda tutti.
Si è contrari alla ospedalizzazione, si predica lo sviluppo del territorio…e si ospedalizzano anche gli ambulatori dei medici di famiglia.
Invece di dare una risposta sanitaria più vicina alla residenza dei cittadini li si costringe a recarsi comunque in ospedale, PS o Ambmed che sia. In controtendenza mondiale.
La logica degli AmbMed, adottata anche in altre regioni italiane, toglie in sostanza risorse al territorio, e accentra l’assistenza anche per patologie croniche nei PS contribuendo (per quota parte) al loro malfunzionamento.
Qualcuno mostra pure preoccupazione per la inevitabile chiusura. Dove andranno i poveri cittadini ora che gli AmbMed sono stati chiusi? Si parla come se nel Lazio non ci fosse un medico di famiglia ogni 1100 abitanti circa. Il SSN provvede già a dare queste ed altre risposte ai cittadini garantendogli un medico di fiducia.
Il punto è che il MMG oggi è oberato dalle richieste assistenziali e dalla burocrazia. Non può più essere il medico della mutua di 30 anni fa. Per sopravvivere deve realmente cambiare. Per questo si deve strutturare, con lui ed intorno a lui, l’assistenza territoriale, all’interno del Distretto Sanitario.
Il problema investe tutte le Regioni. Registriamo interventi contraddittori e disparati in molte realtà. La proposta più nociva, secondo noi, è stata promossa dalla Lombardia che con i CREG produce una inaccettabile privatizzazione delle cure primarie.
Si sente fortemente, in questo campo, la mancanza di solidi riferimenti nazionali. Il 10 maggio scadranno i 180 giorni, previsti dalla Riforma Balduzzi, per adeguare le convenzioni nazionali agli indirizzi contenuti nella legge, relativamente alle cure primarie.
Ad oggi non si è fatto nulla, e non per responsabilità della SISAC. Manca perfino l’atto di indirizzo per avviare la contrattazione nazionale.
Anche dalla organizzazione dell’assistenza nel territorio dipende la qualità e la sostenibilità stessa del SSN.
Il territorio del futuro non potrà più essere semplice filtro passivo, ma centro di tutela e promozione della salute, di erogazione dei trattamenti. Centro di coordinamento assistenziale a disposizione del cittadino, per tutte le sue esigenze, comprese le prestazioni ospedaliere.
Ci riferiamo alle unità di cure complesse primarie, alle case della salute, al chronic care model, alla medicina d’iniziativa, ecc.
E’ questo dibattito delle idee, autorevolmente sollevato dal Dott. Roberto Polillo, che interessa la FP CGIL Medici. Su questo attendiamo positivi contributi da parte delle altre Organizzazioni sindacali e un serio impegno delle Regioni e del Governo.
Dr. Nicola Preiti
Coordinatore Nazionale FP CGIL Medici medicina convenzionata