Lettere al Direttore
Articolo 32 e welfare aziendale non possono andare a braccetto
di Ivan CavicchiGentile direttore,
dopo la conferenza nazionale sulla salute mentale “autogestita” ma, che, da quel che ho capito, in realtà è stata organizzata e coordinata dalla Cgil, vorrei riflettere sulla “via maestra” altra iniziativa della CGIL “insieme per la Costituzione”. Di questa iniziativa ancora in corso mi hanno colpito quattro cose:
-la prima è che, anche essa, come la conferenza sulla salute mentale, rientra nell’orbita politica della Bindi e del suo entourage, che, in sé, non sarebbe un problema se non fosse che assumere la Bindi come riferimento politico per la Cgil vale come assumere il neoliberismo come linea politica e questo si che, secondo me, è un “problema”
-la seconda è che seguendo in più riprese, questa iniziativa a sentire certi interventi, emerge una forte carica polemica nei confronti del pubblico e dello Stato che, alla fine, è visto, in realtà, come una controparte alla quale contendere ruoli e poteri il che, se si pensa alla Cgil, che rivendica in ogni occasione, più soldi per la sanità pubblica, fa riflettere
-la terza è che entrambi le iniziative (salute mentale e via maestra) alla fine, stringi e stringi, contestando allo Stato il suo ruolo ripropongono di fatto il vecchio conflitto tra Stato e mercato che c’era prima della 833
-la quarta è la contraddizione pericolosa che io vedo tra Costituzione e Cgil. Non credo siano compatibili i diritti dei lavoratori con il neoliberismo. Il neoliberismo con i diritti non può fare quello che vuole. Tuttavia, la Cgil, per mezzo della Bindi, sembra dire che di fatto si può essere welfaristi e liberisti. Non sono d’accordo.
Tanti comitati e un solo nemico: lo stato di diritto
La “via maestra”, come la conferenza sulla salute mentale, è sostenuta con liste interminabili di comitati, di ogni taglia, che sembrano tutti molto di sinistra, molto di base, ma che però alla fine non chiedono cose di sinistra ma chiedono ciò che più piace alla Bindi. Penso al terzo settore, al privato sociale. A parte mostrare una forte vis polemica nei confronti del pubblico, questi comitati si comportano, nella discussione, come se fossero outsider della sanità pubblica che chiedono a “controriforme” Bindi invarianti, più spazio sostanzialmente per loro.
Sperimentare la privatizzazione
Che il terzo settore sia usato mettendolo in competizione, con lo stato di diritto, mi ricorda le famose “sperimentazioni gestionali” introdotte dalla Bindi nella sua controriforma e spacciate per “collaborazioni” tra strutture pubbliche e private e che ammetteva la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato ( il famoso “project financing” con il quale si sono appaltati al privato interi ospedali pubblici) .La Bindi da brava “democristiana”, da una parte vietava il privato a favore del pubblico, ma dall’altra lo ammetteva in via sperimentale. Peccato che in via “sperimentale” i contratti di privatizzazione degli ospedali pubblici duravano mezzo secolo dando al privato tutte le possibilità di sfruttamento possibile e imponendo così al bilancio pubblico enormi oneri finanziari. La famosa mucca da mungere.
Rosiconi ma miopi
L’impressione che ho è che gli outsider della cooperazione esattamente con lo spirito del project financing sembrano convocati in casa Cgil non per spingere sul servizio pubblico ma sull’articolo 9 della 229 cioè sull’articolo che ha istituito l’assistenza sostitutiva. E questo non mi pare tanto di sinistra.
Chi lavora nella cooperazione e nel privato sociale che è stato costretto ad accettare la cooperazione sa bene che questo è dovuto prima di tutto ad una restrizione del lavoro pubblico causato anche da quel punto 3 dell’art 1 della controriforma Bindi, con il quale si è sancito il principio di “compatibilità” tra finanziamento e risorse. È in base a questione di compatibilità spacciata per sostenibilità, che è scattato tra altre cose il blocco delle assunzioni e quindi tutto quello che sarebbe dovuto entrare nel pubblico e che ora è cooperazione è stato by-passato al privato. Assunzioni comprese. La salute mentale è in ginocchio anche per questo. Mezzo servizio pubblico è di fatto appaltato al privato sociale.
Una presa per i fondelli
Quindi la Bindi sa bene di pescare in un enorme malcontento ma si guarda bene da chiarire in modo trasparente le sue intenzioni. Essa a parte sostenere il terzo settore si guarda bene, sempre a difesa degli interessi privati, dal proporre una equipollenza dei diritti contrattuali dei lavoratori. La Bindi ha voluto l’assistenza sostitutiva, l’art 9 per l’appunto, ma chi lavora nel privato sociale e nel terzo settore anche se “sostituisce” il servizio pubblico è rispetto al pubblico contrattualmente discriminato. Ma nessuno fiata. La discriminazione tra poveri e ricchi che, con sé avessimo l’art 32, non sarebbe possibile, grazie alla Bindi diventa possibile, perché diventa una fonte di guadagno per il privato ma solo se tra operatori privati e operatori pubblici i primi sono pagati meno che dei secondi. Ma nessuno fiata. Neanche i rosiconi.
Chi è di sinistra
Per chi è di sinistra il pubblico non è mai una “mucca da mungere” e i diritti non sono mai surrogabili ne con la carità ne con la solidarietà sociale, pur riconoscendo, io per primo, loro un indubbio significato etico-sociale. Per me i servizi, in particolare quelli di “comunità” che propongono certi preti o quelli cooperativi che propone “confcoop”, non potrebbero mai “sostituire”, nel senso proposto dall’art 9 della controriforma Bindi, quelli pubblici universali e gratuiti. Neanche in via sperimentale. Al massimo potrebbero dare una mano al pubblico a realizzare i diritti ma nulla di più ma semplicemente perché più in là dell’integrazione, peraltro già prevista nella 833, si lederebbero propri i diritti fondamentali pensati per proteggere i più deboli. Per chi è di sinistra, secondo me, lo stato di diritto viene prima sia del project financing, sia della carità sociale che della solidarietà sociale. Per non apparire lo statalista che non sono e “out of fashion” dico che in sanità c’è spazio per tutti ma ognuno al proprio posto riconoscendo alla Repubblica come dice la Costituzione il compito primario e sovrano di tutelare i diritti attraverso prima di tutto i propri servizi pubblici. Il privato sociale diventa un problema quando pretende di prendere il posto del pubblico.
Movimenti contro-riformatori
Lo stato di diritto per me non è né sostituibile e né contendibile ma per una semplice ragione: senza di esso dice, la Costituzione, le persone povere sarebbero meno libere e quelle più ricche sarebbero più libere. Ma essere discriminati nella libertà dice sempre la nostra Costituzione non è una cosa buona. Per questa ragione morale nella Costituzione c’è l’art 32.Ma per la stessa ragione è stato immorale far fuori l’art 32.
Ma, nonostante le ragioni della moralità se metto insieme la conferenza della salute mentale e la via maestra mi pare che dalla Cgil emerga sostanzialmente una idea di sanità pubblica molto ridimensionata e articolata sostanzialmente in due livelli: una pubblica ma minima per curare per mezzo dello Stato la gente meno ricca e una privata, sotto varie forme, che permette ai cittadini con reddito di avere l’assistenza sostitutiva. Che è l’idea della Bindi ma anche l’idea del welfare aziendale sottoscritta da Landini quando era segretario nazionale dei metalmeccanici poco prima di prendere il posto di Di Vittorio.
Il direttore di orchestra
Ecco perché è la Bindi che è stata chiamata dalla Cgil a dirigere l’orchestra. Ricordo che essa è colei che nel 99 ha fatto il salto da “integrativo” a “sostitutivo”, da pubblico al privato (art 9) e che ciò facendo ha compromesso gravemente, il ruolo primario del servizio pubblico. Ricordo che questo scherzetto a dir il vero molto “democristiano”, è costato al paese, la fine del diritto alla salute come diritto fondamentale, la sostituzione delle usl con le aziende regolate dal diritto privato, la sostituzione del diritto con il reddito quindi l’introduzione del welfare aziendale, la defiscalizzazione di ogni forma di onere a carico del privato e quindi ovviamente il de-finanziamento cronico della sanità pubblica ecc ecc.
A me pare che se è la Bindi o il suo avatar, la Dirindin, a dettare la linea alla Cgil, soprattutto, se penso a Di Vittorio, si abbia una “leggera” contraddizione e nello stesso tempo non posso fare a meno di pensare che se è la Bindi a dirigere l’orchestra è perché la musica che la Cgil vuole suonare, nonostante Di Vittorio, è in realtà quella neoliberista. Non ho altra spiegazione. E questo mi impensierisce non poco.
La Bindi non ha tradito i suoi ideali ma i nostri
Già la Bindi! La democristiana di sinistra che la svolta a destra del nostro paese sembra essere più a sinistra di tutti. Ormai noi due siamo diventati nostro malgrado una “antinomia”. Ma non è sempre stato così. Molti anni fa quando eravamo in buoni rapporti ha persino scritto la prefazione ad un mio libro. Ma era molto tempo fa. La Bindi, secondo me, è una che ha tradito non i suoi ideali democristiani ma i nostri ideali di sinistra, facendoci credere che fossero i suoi. Per cui, sempre secondo me, chi rischia di tradire non è lei ma chi, come la Cgil, nonostante Di Vittorio, la chiama a fare il direttore di orchestra
Una obiezione morale
Ma la mia obiezione contro la cattolicissima Bindi prima di essere politica è morale e riguarda la dottrina sociale della chiesa che io da laico ho sempre considerato come mia. Il neoliberismo che è nella riforma della Bindi e che ricordo, la Bindi non ha mai ripudiato, annulla di fatto l’antinomia tra cattolicesimo e cinismo ammettendone la conciliabilità. Per me la speculazione sulle sofferenze umane non è carità e contravviene sia alla morale cattolica che al diritto pubblico. Per me il cattolicesimo non è come pensa la Bindi conciliabile con il cinismo. Per me la carità è una delle virtù teologali più importanti della chiesa. Proprio perché essa è infusa da Dio non può essere speculativa. Dio non può essere neoliberista, perché se lo fosse diventerebbe cinico. E Dio non può essere cinico. Nella controriforma della Bindi, i diritti sono un ostacolo sia alla carità che alla speculazione. Infatti, se la sanità fosse, davvero, un diritto fondamentale sia la carità che la speculazione sarebbero al massimo risorse “integrative” ma giammai “sostitutive” del pubblico. Per me la carità come il diritto è amore per l’altro. È il vangelo che dice “amore a Dio come bene supremo e al prossimo per amore di Dio”. Nella legge 229 della Bindi l’amore di Dio, secondo me non c’è. L’amore con la Bindi sembra avere sempre un prezzo. Cioè è solo neoliberismo. Per me l’amore se ha un prezzo è immorale.
La natura cattolica dell’art 32
Per me l’art 32 è l’articolo più “cattolico” della Costituzione intendendo per cattolico quello più conforme alla dottrina sociale della chiesa. Da sempre si sostiene che l’art 32 è storicamente un articolo di matrice socialista il che per certi versi è storicamente vero, ma nello stesso tempo, nessuno dice che esso è anche uno delle più formidabili espressioni della dottrina sociale della chiesa. Favorire la convivenza civile, garantire la giustizia, perseguire il bene comune, garantire ed assicurare le giuste libertà individuali e sociali, questo è l’art 32.Ma questi sono i principali capisaldi della dottrina sociale della chiesa gli stessi che io da laico ho sposato e che la Bindi da cattolica ha messo a mercato.
Oggi nella società laica la prima vera carità passa per i diritti. Essi sono la forma secolarizzata della carità. L’amore di Dio, mi dispiace per la Bindi, per me è out of marcket. L’amore di Dio oggi ha la forma del diritto. E’ art 32 ma non è la legge 229 della Bindi.
Come un broker di wall street
La Bindi potrebbe replicare dicendo che lei, l’art 32, non l’ha mai abrogato, che è sempre, li, anzi che per difenderlo ha addirittura messo in piedi una associazione. Io replico che in realtà non è vero in realtà lo ha abrogato in modo indiretto togliendogli l’aria per respirare. Dall’aria buona dello stato di diritto si è passati all’aria cattiva del neoliberismo e del cinismo. L’art 32 è morto come se fosse in una camera a gas.
Oggi se restano le controriforme della Bindi ridare vita all’art 32 è impossibile. Come è impossibile rilanciare la salute mentale. Se la Bindi avesse voluto davvero difendere l’art 32 l’avrebbe potuto fare intanto opponendosi come ministro all’aziendalismo e fermandosi alla sanità integrativa (cosa che non ha fatto). In questo caso non avrebbe dovuto comportarsi come se fosse un broker di wall street ma avrebbe dovuto comportarsi come una cattolica coerente con i valori della dottrina sociale della chiesa.
Più privato per forza meno pubblico
Fino ad ora ho sperato che il tradimento dell’art 32 fatto dall’ Ulivo fosse recuperabile cioè fosse legato ad una particolare fase politica del paese, passata la quale si sarebbe potuto aggiustare la cosa in qualche modo. Ed ho sempre sperato che la Bindi avesse, proprio perché cattolica, il coraggio non solo della coerenza morale, ma anche dell’autocritica, il coraggio della verità, ma soprattutto della “pietà” verso i più deboli e i più poveri e i più indifesi. Ma nella sua contro-riforma non c’è pietà. C’è solo mercato. E il mercato di pietà ne ha poca. Ma la stessa cosa vale per il welfare aziendale della Cgil pensato per favorire i forti e per penalizzare i deboli e favorire gli speculatori e gli sfruttatori. Alla Cgil non viene in mente, come di recente, ho spiegato all’onorevole Malavasi del PD (Qs 9 gennaio 2025), che per dare gli incentivi fiscali alle mutue e ai fondi lo Stato deve ridurre i finanziamenti alla sanità pubblica. E questo di cattolico ma anche di sinistra non ha niente.
Contraddizione in adiecto
Ma chiedere al broker di wall street di non fare il broker gli scolastici direbbero che sarebbe una “contraddizione in adiecto”.
A uno sciacallo dorato, ad esempio, non puoi chiedere di non essere un canis aureo. Se è un canis aureo allora esso è uno sciacallo dorato. Ma se è uno sciacallo dorato è inutile illudersi di poterlo convincere ad essere diverso da ciò che è. Ma chiedere alla Cgil di fare la Cgil non è una contraddizione in adiecto, al contrario, è chiederle di essere coerente con i suoi valori fondanti cioè di rispettare la Costituzione e la sua storia. Cioè è chiederle di trovare il modo per uscire dalle contraddizioni in cui, anche grazie alla Bindi, si è cacciata. Quando mai la Cgil il sindacato dei diritti per antonomasia, per fare le mutue solo a chi lavora nega i diritti fondamentali di tutti, quindi degli altri, anche di quelli che il lavoro non ce l’ha, o dei pensionati, con una pensione da fame.
Conclusione
Oggi non passa giorno che non muore qualcuno nei luoghi di lavoro ma Landini che promuove un referendum contro il job act negando la questione del welfare aziendale temo che non abbia capito. Se si fanno le mutue e i fondi allora è difficile salvare la pelle agli operai. La prevenzione con l’art 32 svuotato è praticamente una vecchia teoria. Landini ignora che le controriforme, fatte anche dalla Bindi, sono state le prime grandi mazzate alla prevenzione la stessa nata negli anni 70 proprio nelle fabbriche che lui conosce meglio di altri. A chi specula sulla malattia non interessa né l’art 32 e né prevenire le morti sul lavoro. A Landini dico con affetto, anzi con tanto affetto, che si sbaglia e che mentre gli operai muoiono sul lavoro per la Cgil rinunciare all’art 32 cioè all’unico diritto fondamentale che abbiamo in Costituzione per tenersi le mutue e parlare di “rivolta sociale” rischia di essere per molti di noi piuttosto disorientante. “Credo quia absurdum”.
Ivan Cavicchi