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QS Edizioni - sabato 14 dicembre 2024

Lettere al Direttore

Perché scegliamo sempre la retorica e non azioni concrete per un nuovo Ssn?

di Roberto Polillo, Mara Tognetti
immagine 12 dicembre -

Gentile direttore,
la proliferazione di appelli di partiti politici e di associazioni professionali per la difesa del SSN va di pari passo alle periodiche esternazioni del ministro Schillaci sul rilancio delle cure primarie; ultima quella di soli pochi giorni orsono. Pratiche discorsive che fanno sentire gli autori e il ministro dalla parte del giusto ma che restano parole al vento, cause senza effetti, se non si dice come trovare le risorse e le formule normative per dare gambe a ciò che proclama.

Su questi temi siamo intervenuti più volte proponendo una serie di atti normativi e legislativi da attuare per introdurre quel cambiamento da tutti auspicato, ma da nessuno concretamente perseguito.

Al primo punto abbiamo posto la necessità che il fondo sanitario sia nelle esclusive competenze del ministero della salute, sollevando quest' ultimo dalla umiliante attuale condizione di ministero senza portafoglio in cui si trova di fatto.

Basterebbe per questo un articolo di legge di sole poche parole di modifica del Bilancio dello Stato con cui il fondo sanitario viene spostato dal capitolo del MEF a quello del ministero della salute, sottraendolo al primo. In caso contrario sarebbe più logico proporne un accorpamento del ministero salute con quello delle politiche sociali per avere un approccio integrato tra cura e assistenza sociale.

Al secondo punto un adeguato finanziamento del FSN, ottenibile solo creando un sistema fiscale di tipo universalistico e non più calibrato sulle diverse professioni e i diversi regimi contributivi. Il contrario di quanto sta avvenendo oggi dove invece si sta portando avanti un sistema di aliquote corporativamente differenziato che soffoca il ceto medio, personale sanitario in primis, sottoposto oggi a una tassazione del 56% e che blandisce invece gli evasori incalliti, tassati quando va bene a un misero 35%.

Serietà vorrebbe che non ci si erga a difensori del SSN se non si è disposti a proporre una seria riforma fiscale che recuperi almeno in parte gli 80 miliardi sottratti ogni anno alle casse dello stato per destinarle a quelle vuote del servizio sanitario.

Non è neanche sufficiente schierarsi contro l’autonomia differenziata se non si è disposti a superare l’altrettanto distorsivo e pre- risorgimentale centralismo regionale che ha privato di ogni voce gli enti territoriali più prossimi ai cittadini e gli stessi cittadini, ridotti al ruolo di clienti -consumatori.

Ricreare validi strumenti di partecipazione dei comuni e degli utenti alle scelte pubbliche deve dunque essere un obiettivo non meno importante di quello del mantenimento e rafforzamento del ruolo dello Stato nella programmazione degli obiettivi generali di salute ( LEA in primis) validi erga omnes.

Lo stato deve inoltre, attraverso le proprie agenzie come AGENAS, farsi promotore con le regioni e gli altri soggetti istituzionali, della implementazione di nuovi modelli assistenziali a iniziare da quello basato sulle reti cliniche per le principali patologie che ogni singola regione declinerà in dettaglio poi nel proprio territorio.

Nelle reti cliniche, unico modello organizzativo in cui è possibile garantire presa in carico effettiva dei pazienti e uniformità dell’offerta in termini quali- quantitativi tra i diversi ambiti territoriali, devono rientrare a pieno titolo le case della comunità. Queste strutture, oggi disabitate, devo trasformarsi in punti di snodo e coordinamento tra assistenza ospedaliera e territoriale tra riabilitazione e prevenzione.

Il ministro Schillaci continua a sostenere che i medici di famiglia devono diventarne i protagonisti attraverso l’implementazione del lavoro in team ma non riesce a dire che per fare questo è indispensabile prevedere per il personale che vi dovrebbe operare un unico contratto e non l' attuale spezzatino normativo soffocato dai distinguo.

Una questione irrisolta che ha impedito finora una vera riforma delle cure primarie e il varo di una medicina del territorio pro attiva.

La prevenzione individuale e collettiva non abita più nelle strutture del SSN perché la medicina è stata completamente riorientata su un paradigma biomedico (ultima nata la medicina di precisione) indifferente alle cause remote delle malattie e interessata solo alle prossime su cui concentrare le nuove miracolose molecole farmacologiche.

Una illusione epistemica che non vuole cogliere la complessità multifattoriale insita nella patogenesi delle malattie e che si limita a intervenire solo a cose fatte.

Senza nulla togliere ai meriti insiti nella commercializzazione dei farmaci biologici e delle small molecules, che hanno fortemente migliorato la prognosi delle malattie ad andamento cronico, bisogna ribadire con forza che le patologie non comunicabili ad andamento cronico riconoscono cause ambientali che iniziano ad agire fin dal concepimento e che diventano pienamente efficienti nel corso degli anni attraverso i meccanismi epigenetici di condizionamento dell’attività genica.

Un processo di accumulo di fattori di nocività su cui la medicina curativa anche se di precisione è totalmente impotente. Pertanto, sono necessarie modalità di intervento, presa in carico, ma innanzitutto di prevenzione, coerenti con un quadro nosologico ad ampio spettro che necessità un sistema di approccio integrato, un nuovo sguardo è una nuova cultura della presa in carico, della salute e della malattia. Ovviamente oltre ad un modello organizzativo in linea con le nuove necessità.

È necessario e urgente prevenire le malattie limitando l’esposizione ai fattori di nocività ambientali e lavorativi e implementando corretti stili di vita e tali attività riconoscono nelle case di comunità il luogo naturale di implementazione.

Ecco perché è necessario sviluppare a pieno e dare concreto avvio alle case di comunità riempiendole di professionisti competenti e comprendenti il loro ruolo e non solo pensando a una ristrutturazione di vecchi ambulatori.

Ovviamente poiché siamo di fronte ad un diverso modo di concepire gli interventi per la salute è necessario e urgente formare e sensibilizzare i professionisti e gli utenti sull’importanza del lavoro e dell’accesso alle case di comunità, ma anche finanziare la ricerca non solo clinica in tal senso.

Quindi se il Ministro ritiene fondamentale il ruolo delle case di comunità, come effettivamente lo sono, stante il quadro nosologico in continua evoluzione, oltre ad operazioni immobiliari, ossia risorse finanziarie per ristrutturare, poi come i vecchi ambulatori per trasformali in nuovi spazi, deve richiedere, trovare e mettere a disposizione risorse finanziarie e normative che aiutino la costruzione di una cultura della prevenzione e della promozione della salute a partire dalla formazione e dalla sensibilizzazione degli operatori e dei cittadini su quanto siano importanti interventi e strutture di prossimità e non limitarsi ade nunciarne la vuota importanza.

Roberto Polillo
Mara Tognetti

12 dicembre 2024
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