13 novembre -
Gentile Direttore,il tema è dibattuto e sempre più centrale nella politica sociosanitaria nazionale, regionale e locale. Una vera, grande e inequivocabile questione che deve veder impegnata la programmazione socio-sanitaria e politica nella ricerca di modelli che garantiscano l’equità della salute e una migliore vivibilità per i cittadini ricostruendo sistemi di sanità di prossimità, utili a garantire i livelli di assistenza di base, in territori dove lo spopolamento e la desertificazione la fanno da padrona.
La riflessione nasce naturale dall’analisi pubblicata recentemente sul Sole 24 Ore che mette in fila dati preoccupanti e certifica, qualora ve ne fosse stato ulteriormente bisogno, che “la crisi demografica nelle zone interne dell’Italia corre a velocità doppia rispetto al trend nazionale”.
Le aree interne del Paese, infatti, segnano uno spopolamento che in termini percentuali è più del doppio rispetto alla media nazionale (- 2% per l’Italia, - 5 % per le aree interne). Il dato ancor più allarmante è per quelli che Istat classifica come territori periferici: questi, negli ultimi 10 anni hanno fatto registrare un calo del - 7.7% della popolazione residente, declino demografico ancor più accentuato nelle aree interne, montane e nei piccoli comuni.
Metà dell’Italia oggi è area interna: un Comune su due (il 48% di tutti i Comuni italiani) dove vive un quarto della popolazione nazionale (13,6 milioni di persone) è a una rilevante distanza dai principali “centri di offerta di servizi”. Tra questi poi vi sono i piccoli Comuni delle Aree Interne, quelli cioè con una popolazione che non raggiunge i mille abitanti, che sono in tutto 1.383.
Territori con marcate difficoltà demografiche, orografiche e di accesso ai servizi dove LEA e LEP faticano ad essere garantiti per ragioni storiche e di volumi prestazionali, che però resistono stoicamente nella loro funzione policentrica e con un diffuso patrimonio storico-territoriale. Paesi dove le relazioni sociali, i valori condivisi, oltre che le norme di cooperazione tra i cittadini spesso over 65 rafforzano la definizione di obiettivi di sviluppo locale e comune.
Partendo quindi dalle loro specificità, da considerarsi come risorsa e non come svantaggio, si dovrà valorizzare il ruolo delle aree interne come territori con uno specifico grado di potenzialità rispetto alle politiche di sviluppo economico e coesione sociale.
Spetta quindi alla politica (anche a quella sanitaria e socio-sanitaria) l’importante compito di offrire prospettive e nuovi modelli di presa in cura della persona nelle Aree Interne del Paese. Un terreno fertile, una AI Valley – per mutuare il modello del centro globale per l'alta tecnologia e l'innovazione della Silicon Valley - per proposte e sperimentazioni condivise tra Comuni, Medicina di Base, Farmacie dei Servizi, ASL e Terzo Settore tali da superare il concetto di aree svantaggiate geograficamente, economicamente e socialmente a favore di una nuova visione di servizi.
La salute è dunque il driver indispensabile per la programmazione, tale da impostare proposte programmatorie di servizi sociosanitari e assistenziali, favorite dal protagonismo amministrativo-gestionale delle piccole Amministrazioni.
Le dinamiche dell’invecchiamento e l’evoluzione dei bisogni di salute dati dalla inesorabile quanto crescente frequenza di patologie croniche sono fenomeni che riguardano direttamente questi territori con forte spopolamento e che richiedono, soprattutto nelle aree interne, un ripensamento dei servizi sociosanitari sempre più orientati verso la presa in cura della persona.
Negli ultimi anni sono tante sono le sperimentazioni che vedono coinvolte le Aziende Sanitarie e i Comuni nella realizzazione di un percorso di assistenza e cura per i cittadini delle Aree Interne. Sperimentazioni che si realizzano con risorse “spot” e con la condivisione di forti energie non strutturali che fanno leva sul sentimento di appartenenza e sulla voglia di resistere.
Il tratto innovativo e moderno si ritrova anche nel casuale ma evocativo acronimo delle aree interne che rimanda all’argomento del momento, l’intelligenza artificiale, che insieme alla tecnologia diffusa dovrebbe essere il volano dello sviluppo di proposte innovative e realizzabili.
In questo senso, l’ASL Salerno ha pensato e realizzato un modello sperimentale, integrando il DM/77 nella rete territoriale di assistenza delle Case e degli Ospedali di Comunità, per portare i servizi sanitari e socio-sanitari nelle aree del Cilento interno: le Botteghe della Comunità. Un nuovo tassello che rafforza la costruzione di un modello organizzativo, che sistematizza le energie del territorio e abbina diverse fonti di finanziamento.
Un modello pubblico sperimentale in cui gli operatori sanitari e sociosanitari, volontariato e Istituzioni locali rappresentano il collegamento fra i residenti e i Servizi all’interno di una proposta condivisa con la Regione Campania e con i Sindaci del territorio, con la ASL capofila, per combattere lo spopolamento, aumentare il grado di equità del sistema sociosanitario e contrastare le fragilità sociali.
Le prime Botteghe prenderanno vita ufficialmente il 16 novembre, partendo dai 216 abitanti del paese più piccolo del Cilento interno, e coinvolgeranno progressivamente tutte le 29 Amministrazioni locali che partecipano al framework assistenziale sperimentale delle Botteghe della Comunità. Lo scopo è quello di potenziare i servizi di assistenza territoriale nei Comuni ricompresi nell’area interna del Cilento, con l’intento di offrire alla popolazione cilentana percorsi multidisciplinari e integrati, basati sulla collaborazione di differenti figure specialistiche che, integrandosi, possano offrire alla persona un percorso di salute duraturo e ben collaudato. A questa nuova sperimentazione di servizi sul territorio partecipano tanti partner istituzionali (Regione Campania, Agenas, Federsanità, ANCI, Università, SNAI, Servizio Civile Universale, Ambiti Territoriali Sociali, Comunità Montane ed Ente Parco).
Un modello riconoscibile sin dalla predisposizione dell’immobile (così come previsto dal DM 77 per le strutture territoriali), con spazi realizzati e arredati uniformemente per ognuna delle Botteghe, che in questa formula interessa circa 30mila persone.
Come funzionano le Botteghe? Il modello prevede la realizzazione di una Bottega, spazio messo a disposizione da ognuno dei 29 Comuni che funzionerà da “spoke” multispecialistico della Casa della Comunità, dell’Ospedale di Comunità e dei Distretti n. 69 e n. 70 e da raccordo con la Medicina Generale e con le Farmacie dei servizi. Alla tecnologia e alla telemedicina è poi deputato il ruolo di elemento favorente per la condivisione delle informazioni tra professionisti, della stratificazione della popolazione, in maniera tale da avere in comune il pregresso e la storia clinica del paziente, per un corretto orientamento all’interno del percorso di assistenza e cura, a favore anche di una migliore aderenza alle terapie e un maggior coinvolgimento attivo della persona nel suo percorso di cura.
Gennaro Sosto Direttore Generale ASL Salerno e vicepresidente vicario Federsanità