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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Lettere al Direttore

La montagna partorisce (forse) un topolino

di Pierino Di Silverio
immagine 4 novembre -

Gentile direttore,
dopo due anni di lavoro dietro le quinte, silenzioso e, soprattutto, molto atteso, il Presidente della commissione per lo studio della responsabilità professionale medica anticipa, attraverso un articolo di stampa, le novità rispetto alla legge Gelli-Bianco (L.24/2017) che oggi regolamenta la materia.

Premettiamo, dato non da poco, che la commissione in questione non ha al suo interno neppure un membro indicato dal Ministero della Salute, messaggio chiaro e preoccupante, segno tangibile di una assenza quanto meno di dialogo tra due Ministeri che invece dovrebbero agire insieme su un tema delicato come questo. Come se la questione della responsabilità delle professioni sanitarie fosse solo una questione di codici.

Ad alimentare in noi preoccupazione sono, però, le dichiarazioni del Presidente.

Si introduce l’istituto della notizia criminis temeraria, che trova la nostra soddisfazione in quanto possibile deterrente per le cause ‘inutili’ e strumentali. Anche se rimane difficile vederne l’applicazione in caso di esposto alla Procura e non di querela. Le buone nuove però, per quanto ci riguarda, finiscono qui.

Si introduce la figura del consulente tecnico che dovrebbe avere almeno pari professionalità di quella del medico giudicato. Una previsione di difficile applicazione, in assenza di chiarimenti, perché non sarà facile garantire la pari professionalità se non attraverso l’identificazione del ruolo che ciascun operatore sanitario ricopre all’interno del SSN. Nel caos di quelle professioni che non prevedono una distinzione di ruoli, come verrà assicurata la pari professionalità del consulente tecnico?

Ma è la trattazione della colpa grave che rappresenta il vero limite di tutto l’impianto della proposta, il tema su cui ci aspettavamo cambiasse qualcosa, ma che resta inalterato per impossibilità, ci dicono, di modificare l’attuale impianto ordinamentale.

Ora, non vogliamo di certo sostituirci a chi di mestiere si occupa di leggi, ma la proposta di riforma, così come descritta, sarebbe addirittura un passo indietro rispetto all’attuale disposizione sullo scudo penale, in vigore fino a dicembre 2024, che ha il merito di aver introdotto diverse attenuanti nella valutazione della gravità della colpa. Non a caso ci aspettavamo che tale disposizione diventasse strutturale, attraverso la trasformazione in norma positiva che tenga conto della complessità della professione in relazione a fattori strutturali, quali ad esempio emergenza pandemica o dotazione organica o condizioni di lavoro in genere, all’interno di un processo di riforma dell’intera materia.

Insomma, da quanto emerge, manca il coraggio di cambiare modo di operare, ancora una volta manca un vero segnale di attenzione rivolto ai professionisti perché non cambia l’assunto implicito del medico colpevole a prescindere. Non è neanche una questione di depenalizzazione, quanto di un percorso, che porta all’assoluzione nel 95% dei casi, che non viene intaccato se non marginalmente. Il problema da affrontare non è tanto la abolitio criminis quanto la sua non punibilità evitando il corto circuito tra indagato, imputato e condannato. Prima ancora che si aprano le aule del tribunale.

Avevamo chiesto di sostituire il concetto di risarcimento con il concetto di indennizzo, che non presuppone la ricerca di un colpevole e salvaguarda i diritti dei cittadini, in analogia a quanto fanno diversi paesi europei, avevamo chiesto la creazione di una commissione terza che potesse prendere in carico le richieste e analizzarle, prima di avviare un percorso di responsabilità penale, avevamo chiesto di rendere obbligatoria la procedura di conciliazione prima di adire le vie legali. Niente di tutto questo è stato accolto.

Inoltre, si potrebbe quantomeno agire sul regime di decorrenza del termine di prescrizione del reato, utilizzando la recente legge Cartabbia, per evitare che, in alcuni casi, il medico si possa trovare a subire a distanza di anni, per la medesima condotta, una doppia imputazione, sia per il reato di lesioni personali colpose (art. 589 c.p.) che per quello di omicidio colposo (art. 590 c.p.). E, soprattutto, sul percorso di imputabilità del denunciato, rafforzando il ruolo del GIP. in caso di procedimenti palesemente infondati per evitare un processo che, se pure si conclude con una assoluzione quasi certa, comporta un prezzo elevato in termini di reputazione professionale, esposizione mediatica, travaglio giudiziario.

Forse non è colpa della commissione, che ha svolto un lavoro tecnico mantenendosi nei limiti di evidenti indirizzi politici, quanto della totale assenza al suo interno di medici che ancora operano e curano, della totale assenza del Ministero della salute, e forse della totale assenza di volontà politica di offrire maggiori tutele alla classe medica.

Chiediamo pertanto al Ministro della salute un intervento efficace che possa allontanare i legittimi dubbi che il lavoro di questa commissione sia stato infruttuoso. Magari provando a integrare con una lettura professionale un impianto legislativo troppo legato a una visione di tecnica legale lontana dalla consapevolezza che ogni atto medico è esposto alla variabilità diagnostica e terapeutica, non essendo la medicina una scienza esatta.

Anche per questo il 20 novembre saremo in piazza. Per una giustizia giusta anche per noi.

Pierino Di Silverio
Segretario Nazionale Anaao Assomed

4 novembre 2024
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