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QS Edizioni - lunedì 28 ottobre 2024

Lettere al Direttore

Perché i giovani non vogliono più fare il medico di famiglia

di Ornella Mancin
immagine 28 ottobre -

Gentile direttore,

l’ultimo articolo del collega Bozza (Qs 18.10.24) , arguto osservatore della vita quotidiana dei medici di famiglia nonché attento commentatore dei cambiamenti in atto, termina con una domanda che trovo fondamentale: “Ma noi, siamo ancora medici?”

Il quesito è più che pertinente e meriterebbe una risposta approfondita e seria specie da parte di chi ha in mano la governance della professione.

Tante volte al termine di una giornata di lavoro mi trovo a rivolgermi la stessa domanda specie quando il mio tempo è dedicato per lo più a trascrivere decisioni di altri, compilare moduli, mettere timbro e firma su decine di carte che magari nessuno guarderà mai.

Il medico di famiglia è oggi il centro nevralgico di tutte le richieste burocratiche e non passa giorno che i pazienti o i cittadini non debbano per forza rivolgersi a noi per ottenere qualcosa di necessario per loro o per i loro cari, non necessariamente un qualcosa di utile alla cura, ma qualcosa senza il quale non possono accedere a qualche servizio o ottenere qualche beneficio.

Difficile rendere evidente di cosa è fatto oggi in massima parte il lavoro del medico di famiglia. Si va dall’enorme massa di certificazioni alla compilazione di moduli e richieste per una innumerevole numero di “prestazioni”.

Tutti i giorni abbiamo da rilasciare certificati di malattia, la maggior parte dei quali per patologie stagionali di breve durata che non richiedono alcuna terapia o al più cefalee in emicranici noti, lombalgie acute o lievi malesseri che richiedono pochi giorni di assenza dal lavoro e per i quali sarebbe sufficiente l’autocertificazione come in molti altri stati Europei. A questi si aggiungono tutti i certificati che non vengono rilasciati al momento delle dimissioni ospedaliere e/o dal Pronto soccorso. Dobbiamo compilare i moduli per l’esecuzione di Tac o una Rm con Mdc magari richieste dallo specialista ma la cui autorizzazione spetta immancabilmente al medico curante. Medesima trafila per i pazienti che devono essere operati di cataratta o che devono accedere per qualche ragione in ospedale: si deve compilare l’immancabile modulo spesso cartaceo, spesso diverso per ogni centro ospedaliero.

Poi ci sono i rinnovi dei Pianti terapeutici per gli anticoagulanti orali (addirittura per il Coumadin farmaco in commercio da decenni) e per i nuovi antidiabetici : sono farmaci che conosciamo, prescriviamo e usiamo orami da anni ma per i quali siamo costretti all’ennesimo atto burocratico .

A questo si aggiunge la compilazione delle varie schede SVAMI sanitarie e/cognitive o per disabili con le quali i pazienti possono avere accesso alla graduatoria per la casa di riposo o all’assegno di cura. Se poi devono effettivamente andare in casa di riposo, altri moduli per certificare come stanno e se sono esenti da patologie infettive in atto.

C’è poi da compilare la modulistica per avere i pannoloni e /o i traversi con tanto di indicazione sulla “voluminosità” della incontinenza (lieve, moderata, grave)

Stendiamo poi un velo pietoso sui certificati di ogni tipo che ci vengono ogni giorno richiesti: da quelli vaccinali, ai certificati per i parcheggi disabili ( anche se sono già riconosciuti invalidi al 100%), i certificati di invalidità , i certificati per attività sportiva non agonistica ( in cui viene fatto rientrare tutto, dal nuoto al ballo) , per la patente, per l’esonero ginnastica, per le colonie estive, per le cure termali, perché il bimbo non mangi certi cibi in mensa… fino ad arrivare a fine anno alla richiesta di giustificare le assenze del figlio per evitare la bocciatura . La richiesta di certificazione non ha limiti : chiunque , dall’avvocato al preside, dal commerciante al nutrizionista, sente di poter dire al paziente di chiedere al medico di famiglia di “scrivere due righe dove attesta che….”

Persino la possibilità di riduzione dell’IVA su certi acquisti prevista per i disabili deve essere certificata dal medico curante; richiesta che arriva persino a far sì che i giovani chiedano, su consiglio del venditore, l’esenzione IVA per il materasso (“come sa dottore soffro di lombalgia”).

Tutto questo spesso porta a una situazione di “conflitto” medico-paziente, per l’assurdità delle richieste e la loro inesigibilità.

A questo si aggiunge la ripetizione di impegnative per esami e visite richieste dagli specialisti ospedalieri e non, non sempre appropriate ma che il paziente ritiene suo diritto avere ,avendo consultato chi ne sa molto di più del suo povero medico della mutua .

In un simile marasma di richieste burocratiche capita spesso di chiedersi ma io faccio ancora il medico o sono diventato un “passacarte” come ci descrivono? Ma posso davvero sottrarmi a questa situazione o ormai è insita nel mio essere medico di medicina generale? Se è così, come ci siamo arrivati? Chi ha permesso che la professione diventasse questo?

Eppure la medicina di famiglia ha delle potenzialità enormi: ha una diffusione capillare, permette di raggiungere tutti e di conoscere gli ambiti famigliari e sociali, ha la possibilità di prendersi carico della cura globale della persona conoscendone gli ambiti di vita; può fare prevenzione oltre che diagnosi e terapia .

Perché la nostra professione ha perso il suo ruolo essenziale di cura e di promozione della salute? Cosa ha portato alla “deflagrazione” del sistema al punto che ormai i giovani non ne vogliono più sapere di fare questo lavoro?

Ornella Mancin

28 ottobre 2024
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