23 ottobre -
Gentile Direttore,ho letto con interesse
l’articolo di Gabriele Gasparini pubblicato su QS del 21 Ottobre che ci fa riflettere sul Progetto Case di Comunità. L’argomento che troverei interessante affrontare, suggerito dall’articolo, è quello dove ci si sofferma su Case “di” o “della” Comunità.
Questo introduce il concetto della differenza tra Società e Comunità, soprattutto quando nell’Edizione 2024 di VIS, Venezia in Salute che si è tenuto nella nostra Città , si è parlato di Medici & Mattoni come Convegno di riflessione sull’istituzione di queste nuove Strutture.
La Società è più un costrutto che una struttura realmente riconoscibile, è un concetto che potrebbe trovare definizione anche senza un luogo che la descriva. E’ legata insieme da regole, da cooperazione tra individui, da contratti.
La Comunità, invece, è qualcosa di più spirituale. È un insieme di uomini, di persone che fanno parte di un gruppo definito e che attraverso il medesimo ideale o un progetto condiviso si mettono insieme. La Comunità ha uno spazio di riferimento e attraverso quello si riconosce.
Pertanto la Casa della Comunità non può essere confusa con una Casa della Società.
Quindi emerge quel particolare linguistico che, pensandoci, potrebbe non essere banale: saranno Case di Comunità o Case della Comunità?
Sembra sia la stessa cosa, ma dal punto di vista semantico crediamo non lo sia: l’articolo partitivo rende il significato più ampio.
Se fosse solo “di” potremmo dire che sono le case di qualsiasi Comunità, mentre con la specificazione ne attribuiamo un possesso a quella parte di Comunità.
La casa della Comunità diventa un luogo di aggregazione con la suggestione che sia un luogo dove la solidarietà si respira, dove la Salute viene gestita con una modalità di aiuto umanizzato.
Abbiamo detto che la Comunità ha un luogo mentre la Società è un costrutto senza luogo, pertanto aver intitolato Camici& Mattoni, il Convegno VIS 2024, ha un senso perché cerca di concretizzare un luogo ben definito dove non erogare solo un Servizio Sanitario, ma dove oggi accogliere alcuni bisogni che fanno fatica ad essere affrontati tra il domicilio e l’ospedale, in un lembo/ limbo di territorio che a volte non sono di pertinenza specialistica, ma neppure così gestibili a casa.
Tra i bisogni emergenti vi è ovviamente un bisogno di Ricovero. Quest’ultima è un'altra parola che potrebbe essere arricchita di significato e che il Covid ci ha indotto a revisionare, insegnandoci che le Pandemie devono essere affrontate nel territorio e non negli ospedali.
Nella storia, gli ospedali sono partiti da luoghi di ricovero per gli sbandati e i cronici senza speranza e sono diventati negli ultimi anni luoghi di raffinata cura dove la tecnologia raggiunge le sue massime espressioni e dove lo spirito di servizio si associa ad una incredibile velocità in cui dare una risposta specialistica. I ricoveri, così, in ospedale sono sempre più brevi perché una persona entra con un problema di salute e nel minor tempo possibile ne dovrebbe uscire con il riconoscimento e la risoluzione del problema stesso.
In un mondo sanitario così veloce il raggiungimento del risultato, ovvero della risoluzione del problema, sembra effettivamente conseguito.
Purtroppo, però, quando il malato arriva a casa, spesso non ha risolto tutto il problema, perché la patologia è cronica o vi sono patologie compresenti, o ha un’età che non consente il pieno recupero. Ed ecco che a quel punto il vero ricovero come situazione occasionale di riparo di protezione, di riabilitazione, diventa la Casa della Comunità. Un’appendice della propria casa che per le ore necessarie alla gestione di questioni cliniche più complesse diventa essenziale.
Ecco, un ricovero in Casa della Comunità potrebbe essere una soluzione importante per mantenere una situazione domiciliare e per dare delle opportunità di cura che a casa sarebbero inattuabili.
Un ricovero breve, efficace, ovviamente senza il pernotto classico.
A questo punto diventa fondamentale la chiara Organizzazione che dovranno avere le Case della Comunità. Qualora a capo ci fosse qualcuno che il territorio e quindi quella Comunità non la conosce si duplicherebbe una gestione impersonale sia del malato sia della malattia con i potenziali rischi che conosciamo e non otterremmo quella De-Tensione degli ospedali che si vorrebbe raggiungere abbassando quei numeri importanti di accessi non necessari e non urgenti che attualmente li ingolfano.
Marco BallicoPsicoterapeuta, Coordinatore Comitato Scientifico Fondazione Ars Medica