18 settembre -
Gentile Direttore,“Faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. Queste parole di Manzoni ritraggono i capponi di Renzo nei Promessi Sposi, è la circostanza che, purtroppo, riguarda noi medici del Ssn.
L’atteggiamento più comune, quando si è in difficoltà estrema, è cercare un responsabile, sempre al di fuori della propria cerchia: il nemico responsabile di tutto, anziché unire le forze e gli intenti e cercare tutti insieme di cambiare le cose. È una caratteristica della strategia populista che deve sempre avere un comodo nemico da combattere per non prendersi il disturbo di rimboccarsi le maniche e fare fronte comune contro le avversità. Nel nostro caso: ospedale contro territorio, l’uno contro l’altro armati.
Il medico di pronto soccorso che punta il dito contro i medici di base che, a suo dire, lavorano poco, non fanno filtro per i codici bianchi e gialli, si rendono irreperibili e si nascondono dietro una segreteria che non fornisce risposte concrete agli assistiti, naturalmente non mancano i guerrafondai: tutta quella stampa fatta da giornalisti che hanno dimenticato da tempo come si fa una inchiesta e anziché sporcarsi le mani andando a constatare di persona sul campo, ascoltano la “pancia” della gente e il “sentito dire”, scrivendo da una comoda scrivania di redazione.
Risultato: è vero, il medico di base lavora tre ore al giorno e guadagna cifre stratosferiche, quando non è alle Bahamas o a Dubai. La tentazione di fare di tutta l’erba un fascio, è talmente radicata e divisiva che inevitabilmente si arriva ad una Sanità per contenitori stagni dove ognuno è colpevole di qualcosa e la gente esasperata prende a ceffoni il primo medico o infermiere a tiro. Non è un solo settore della Sanità a non funzionare, è tutto il sistema che non funziona, ma la soluzione non può essere beccarsi a vicenda come i capponi di Renzo, diventa necessario riprendere quel dialogo tra ospedale e territorio. Unirsi nell’unico intento che ci accomuna: essere medici e curare, cercando di individuare e superare i limiti di ognuno, lavorare insieme per lavorare meglio.
Questo non è compito della politica o delle aziende sanitarie, fa parte della nostra buona cultura ippocratica e scientifica, deve partire da noi medici l’esigenza di ascoltarci, lavorare insieme e migliorare le cose, individuare le nostre anomalie di sistema e risolverle tra noi, senza puntare il dito contro il collega di turno. Di certo, la medicina del territorio deve essere riformata e aggiornata, partendo dalla naturale e logica inclusione nel sistema cure: medico di base dipendente e strutturato nell’azienda per cui lavora, in continua relazione operativa con l’ospedale e il distretto.
Qualche regolata dovrebbero darsela anche i giornalisti, basta con i titoloni acchiappa-complottisti e informazione corretta e controllata nelle fonti. Abbiamo già abbastanza odio da fronteggiare ogni giorno, non aggiungiamo benzina sul fuoco per qualche copia o qualche like in più. Comincia a diventare di costume assaltare il pronto soccorso o farsi giustizia da soli. I capponi di Renzo.
Enzo Bozzamedico di base per i Comuni di Vodo e Borca di Cadore (BL)