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QS Edizioni - giovedì 12 settembre 2024

Lettere al Direttore

Il Terzo settore e il ruolo delle associazioni

di Teresa Petrangolini
immagine 9 settembre -

Nelle scorse settimane al Meeting di Comunione e Liberazione si è riacceso il dibattito sul ruolo del mondo del Terzo Settore, una realtà ricca di servizi, di co-progettazione di attività, di attenzione ai bisogni, alla umanizzazione dei percorsi, alla cura della persona. Il professor Stefano Zamagni, grande esperto di questo mondo, si è domandato se debba ancora essere chiamato” Terzo” in una visione poco comunitaria che lo mette lì tra il pubblico e il privato. Egli propone di chiamarlo “Settore civile”, intendendo con questo una valorizzazione di ciò che la società fa in modo sussidiario per migliorare se stessa e dare maggiore dignità al vivere comune.

Questa spinta civile e forse meglio definirla come “civica” emerge anche da una ricerca appena conclusa, realizzata da ALTEMS - Università Cattolica del Sacro Cuore mediante il Patient Advocacy Lab. Lo studio, pubblicato da Giappichelli, parla di “Storie di sanità partecipata..” e raccoglie, analizza e classifica 21 esperienze di azione civica condotte da altrettante organizzazioni di advocacy dei pazienti nei campi di loro interesse, dall’oncologia alle malattie respiratorie, dalle patologie rare al diabete. Ne viene fuori un quadro interessante di competenze acquisite, di strade costruite, di alleanze promosse, di capacità di stare sul pezzo e di produrre dati, che stride un po' con la definizione così restrittiva di Terzo Settore. Ci sono molte informazioni utili per i decisori politici e amministrativi affinché migliorino il loro dialogo col mondo associativo dei pazienti, conoscendone meglio le potenzialità e le capacità strategiche.

Ma quale è il campo di maggiore impegno delle associazioni? Sicuramente il coinvolgimento istituzionale, seguita da assistenza legale e advocacy, dai temi di diagnosi e prevenzione e infine dai progetti e iniziative di salute. Molto presenti l’accesso ai farmaci e alle terapie, la formazione ed educazione e la costruzione di collaborazioni ed alleanze.

Per ottenere buoni risultati servono competenze, prima fra tutte la capacità di connettersi con i canali politici e amministrativi, di costruire partnership, di dialogare con le altre associazioni, di capire e sapere intervenire nei contesti di riferimento. Un elemento comune e trasversale alle esperienze presentate è l’aumentata capacità delle associazioni di produrre dati ed informazioni: report, dossier, survey, monitoraggio, attività di valutazione per rendere evidenti le proprie esigenze. E fanno questo utilizzando in modo intelligente i dati e gli studi dei tecnici e delle società scientifiche, come può avvenire per avanzare la richiesta di inserimento di una determinata patologia nei LEA; oppure producendo dati propri attraverso le segnalazioni, le attività di monitoraggio, le survey condotte direttamente dalle associazioni.

Non basta però il saper fare ma serve anche il sapere essere: sorprende infatti la forte prevalenza di competenze interiori, quale la determinazione, o la pazienza. Spesso non le consideriamo come tali, o sono considerate competenze “soft”, quando invece esse rappresentano (forse) la base fondante di tutte le altre. In conclusione, non sono pochi gli ostacoli messi in luce dalle associazioni, ma accanto ad essi l’analisi dei risultati mostra numerosi punti di forza, strategie e strumenti che hanno reso possibile la realizzazione di tali pratiche.

E i risultati si vedono: dalle leggi approvate (si pensi al campo delle cefalee) all’allargamento degli screening neonatali, dall’inserimento nei LEA di nuove pratiche e patologie ai successi in campo legale, come nel campo delle malattie respiratorie per arrivare alla riduzione dell’incidenza di determinate patologie (interessanti i dati sull’HIV a Milano), dalle semplificazioni amministrative per l’accesso ai trattamenti alle azioni di supporto ormai insostituibile di famiglie, persone e comunità.

Una risorsa civica e “comunitaria” come direbbe Zamagni, agire che sta agendo a tutela della sostenibilità del SSN, ma anche del suo potenziamento e dell’innovazione, scongiurando ogni tentativo di congelamento e riduzione degli investimenti sulla salute delle persone.

Teresa Petrangolini
Direttrice del Patient Advocacy Lab di ALTEMS Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma

9 settembre 2024
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