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QS Edizioni - mercoledì 4 settembre 2024

Lettere al Direttore

Salviamo la Sanità pubblica, salviamo la Costituzione  

di Martina Giovanni e Lorenzo Podestà
immagine 3 settembre - Gentile Direttore,
seguiamo da tempo con attenzione ed interesse il dibattito sulla sanità in Italia dalle pagine di Quotidiano Sanità online. I toni e gli argomenti di tale dibattito sono soprattutto grida d’allarme e di denuncia relativamente alla deriva privatistica, giunta ormai prossima ad un punto di non ritorno. Non mancano in tale dibattito idee e proposte tali da ricondurre il nostro sistema sanitario allo spirito ed ai principi della legge di riforma del 1978, la 833.

Una legge che nella prima fase ha fatto giustizia nei confronti dei meno abbienti e soprattutto una riforma che a distanza di 30 anni esatti dal varo della legge Costituzionale, dava attuazione all’articolo 32 secondo cui il diritto alla tutela della salute è per tutti e di tutti, universalistico dentro e fuori i luoghi di lavoro.

I principi della 833 sono, lo ricordiamo, prevenzione, cura e riabilitazione finanziati attraverso la fiscalità generale (chi più ha più paga), nessuna differenza di trattamento si diceva tra l’operaio FIAT ed il suo padrone (Agnelli), questo lo slogan di quegli anni.

Una grande conquista, fortemente perseguita da un grande movimento dei lavoratori, guidato dalle forze politiche della sinistra di allora (il PCI innanzi tutto) e dalle organizzazioni sindacali confederali CGIL-CISL-UIL (Lama-Carniti-Benvenuto). Quelle organizzazioni erano allora guidate da gruppi dirigenti che di “ragione”, come quella intesa da Ivan Cavicchi, ne avevano da vendere. La battaglia per quella grande conquista incrociò allora forze politiche di governo anch’esse guidate da gruppi dirigenti, con altrettanta ragione da vendere e soprattutto incrociò una grande ministra della sanità (Tina Anselmi) che fu prima di tutto una partigiana combattente per la libertà e componente dell’Assemblea Costituente, incaricata di redigere la legge fondamentale della Repubblica Democratica, quindi anche l’articolo 32.

A quell’epoca uno di noi era un giovane operaio attivista comunista e delegato di fabbrica CGIL l’altro militante di sinistra e tutti e due parte del movimento dei lavoratori. Con quei gruppi dirigenti, politici e sindacali, con tanta ragione da vendere, alla guida del movimento di lotta, in quegli anni si realizzarono altre grandi conquiste (lo statuto dei diritti dei lavoratori, la riforma della scala mobile per la difesa del potere d’acquisto dei salari di tutti i lavoratori e lavoratrici, la conquista dei diritti civili divorzio e aborto e la sconfitta del terrorismo). Quelle conquiste resero il nostro paese più forte economicamente, più autorevole sul piano internazionale e più giusto sul piano sociale. Quella riforma sanitaria si incaricò di realizzare un sistema di tutele della salute tra i migliori del mondo, il meno costoso tra tutti i paesi occidentali, favorendo un’aspettativa di vita tra le più longeve al mondo.

Il fine vita secondo natura, gli eventi della storia, nazionali ed internazionali si incaricarono di selezionare nuovi gruppi dirigenti politici, sindacali ed anche imprenditoriali. Con gli occhi di oggi possiamo riconoscere che non ci è andata granché bene in quanto a ragione (come intesa da Ivan Cavicchi). La prima conseguenza successiva al cambio dei gruppi dirigenti fu l’indebolimento progressivo del movimento di lotta. Le vicende che ne sono seguite costringono oggi milioni di cittadini italiani a rinunciare alle cure, oppure a rivolgersi dire􀆩amente alle strutture private, pagando una prima volta di tasca propria attraverso la fiscalità generale ed una seconda volta le compagnie di assicurazione o direttamente le strutture private.

Siamo al paradosso di una grande “ingiustizia” (la privatizzazione) per “sanare” una grande giustizia contenuta nella legge 833 del 1978 dettata dall’articolo 32 della Costituzione. Che fare?

L’appello alla ragione rivolto dal professor Cavicchi alle forze politiche e sindacali, alcune impegnate a contribuire a realizzare la grande ingiustizia (privatizzazione), altre che con le loro politiche di contenimento hanno di fatto finito per favorirla, non ha “cavato un ragno dal buco”, ma rimane giusto il tentativo, che abbiamo condiviso. Come pure condividiamo la proposta della costituzione di comitati territoriali di cittadini, finalizzata alla formulazione di una nuova riforma del sistema sanitario unico nazionale, aderente al dettato costituzionale e quindi pubblico e scevro da interessi economici. I comitati territoriali di cittadini diffusi su tutto il territorio nazionale possono, in luogo della mancanza di gruppi dirigenti con la ragione e di un movimento di lotta, rappresentare una valida alternativa.

Suggeriamo l’attivazione di un tavolo nazionale invitando a parteciparvi coloro (individui) che in questi decenni si sono opposti alla deriva privatistica e discriminatoria, al fine di elaborare una proposta con cui avviare nel paese un vasto dibattito attraverso la creazione e diffusione dei comitati territoriali. Riteniamo altresì opportuno la costituzione di un coordinamento nazionale e di comitati regionali e provinciali.

L’istituzione dei comitati territoriali per la difesa del SSN sono ancora più urgenti data l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata, che se portata alle sue estreme conseguenze rappresenta certamente il colpo di grazia al sistema sanitario unico nazionale, ma anche la rottura della unitarietà del paese. Ciò rende ancora più urgente la necessità di una risposta popolare di massa.

Martina Giovanni
già consigliere regionale Lombardia

Lorenzo Podestà

P.S.
Da ultimo circa un mese fa, ad uno di noi, dopo un periodo durato mesi con medici di medicina generale che venivano assegnati a tempo, è stata assegnata dalla AST una brava dottoressa facente parte di una cooperativa di medici denominata: medici insubria soc. coop (insubria).
3 settembre 2024
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