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QS Edizioni - venerdì 2 agosto 2024

Lettere al Direttore

Ddl Zaffini e sicurezza degli operatori e dei familiari

di Renato Ventura
immagine 1 agosto -

Gentile Direttore,
leggo su Quotidiano sanità che la presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) Prof.ssa Liliana Dell’Osso e Emi Bondi presidente del Coordinamento Spdc e presidente uscente della Società Italiana di Psichiatria, riprendono il tema degli operatori sanitari, ma in particolare di quelli della salute mentale, che sarebbero gravemente esposti a rischio di aggressioni da parte di persone affette da disturbo mentale.

Vengono elencati una serie di dati epidemiologico - statistici di aggressioni agli operatori sanitari che consiglierebbero, se verificati e contestualizzati, di accogliere le persone con disturbo mentale che si rivolgono alle strutture psichiatriche, invece che nei CSM, all'interno di un commissariato di pubblica sicurezza. Lo affermo ovviamene in chiave paradossale.

Avevo in precedenza polemizzato su QS con questo modello di psichiatria fortemente ancorato a una visione del disturbo mentale come malattia (organica) gravato da istanze securitarie.

Non meraviglia questa presa di posizione di due rappresentanti degli psichiatri solo che si conosca come tira il vento in psichiatria. Proprio in questi giorni infatti è comparso il DDL a prima firma Zaffini che ripropone, in modo a volte un po' confuso, il tema della sicurezza degli operatori psichiatrici e dei familiari. Questo utilizzo di episodi di aggressione ai sanitari appare evidentemente strumentale (è una brutta parola, ma a pensar male...) per riformulare la legge 180. Del resto una visione securitaria dei problemi sociali appare caratteristica di questa epoca e di questo governo.

Il DDL Zaffini (Fratelli d’Italia) che segue quelli presentati da Sensi (PD), e il DDL Magni (Alleanza verdi e sinistra) è stato ben commentato su QS da Pellegrini e non credo che ci sia nulla da aggiungere in quanto le puntuali osservazioni sono formulate in chiave bensì critica ma non pregiudizialmente contraria ad alcune proposte.

Credo che sia un grave errore, pregiudizialmente, non prendere in considerazione le motivazioni che sono alla base del DDL Zaffini e lo dimostra l’intervento su QS di Dell’Osso e Bondi.

Per non ripetere quanto osservato con più autorevolezza da Pellegrini mi limito pertanto a due elementi critici:

Il tentativo, di introdurre “misure di sicurezza” per proteggere da aggressioni gli operatori (e i familiari). Si ricorre all’intervento (vintage) del Ministero dell’Interno.

L’altro elemento critico è il tentativo, confuso e discutibile, di risolvere il “buco” che risulta nell'attuale legislazione (la 180) circa la effettiva possibilità di gestire persone con disturbo mentale grave che possono avere comportamenti antisociali o commettere reati, se non ricorrendo al TSO quando rifiutano il trattamento.

Non metto in questa sede in discussione le norme che regolano il TSO della legge 180, ulteriormente rinforzate in senso garantistico dai DDL Sensi e Magni. Credo tuttavia che debba essere chiarito che fondamentalmente non spetta alla psichiatria prevenire i reati. Deve essere chiaro, prima agli stessi psichiatri e poi in sede giuridica e della società civile, che è ben possibile che esista il rischio che le persone affette da disturbo mentale grave, in fase di scompenso, possono commettere azioni anti giuridiche, anche gravi (delitti di sangue; specie in famiglia). Deve però anche essere chiaro che il prezzo da pagare per una limitazione della libertà personale, tipica di società dove domina il controllo poliziesco dei comportamenti ritenuti contrari a quanto prescrive il regime, è molto elevato.

Come presidente di un’associazione di familiari di persone con disturbo mentale (La Tartavela ODV) credo che sia decisivo che gli stessi familiari siano adeguatamente informati circa il rischio che un obbligo di cura non sottoposto a rigorosi controlli di legge possano degenerare in una manipolazione della volontà e libertà di autodeterminazione del soggetto affetto da disturbo mentale.

Mi torna in mente, riproponendosi in questi giorni il problema dell’aggressione di un’altra orsa (Kj1) che è stata poi uccisa, un mio scritto su QS nel quale ponevo a confronto, forse utilizzando un paragone un po’ azzardato, l’uccisione della psichiatra Barbara Capovani da parte di un paziente psichiatrico e l’orsa che aveva aggredito e ucciso un runner. Il problema è ineludibile: se vogliamo gli orsi liberi, come vogliamo libere le persone affette da disturbo mentale, dobbiamo prenderci dei rischi.

Dobbiamo prendere atto della nostra fragilità di esseri viventi, preda di forze che ci sovrastano. Ma è anche un utile esercizio alla considerazione circa i nostri limiti e la nostra finitezza. Ma oggi nessuno vuole prendersi dei rischi nonostante tutti sappiamo che c’è un rischio al quale non possiamo sottrarci. Freud sosteneva infatti che il pensiero della morte è soggetto a rimozione.

Dott. Renato Ventura
Psichiatra e presidente La Tartavela ODV

1 agosto 2024
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