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QS Edizioni - sabato 27 luglio 2024

Lettere al Direttore

Le Cure Palliative in area neurologica: una competenza da far crescere 

di Eugenio Pucci
immagine 26 luglio -

Gentile Direttore,
le Cure Palliative (CP) rappresentano un aspetto cruciale nell’assistenza ai malati e alle persone a loro vicine in presenza di “malattie caratterizzate da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, che non rispondono più a trattamenti specifici” (Legge 38/2010). Le malattie neurologiche purtroppo sono frequentemente causa di disabilità gravi e gravissime fonte di enormi bisogni per il malato, i suoi cari e caregiver che potrebbero trovare risposte con un approccio palliativo.

Tuttavia, il ruolo delle CP nella patologia neurologica è ancora trascurato livello istituzionale. La dice lunga il fatto che lo stesso indicatore sul tema delle CP all’interno del Nuovo Sistema di Garanzia per il monitoraggio dei LEA da parte del Ministero della Salute sia relativo esclusivamente alla patologia oncologica: “numero di deceduti per causa di tumore assistiti dalla Rete di cure palliative sul totale dei deceduti per tumore”. Fino a quando l’indicatore sarà di questo tipo le Regioni si sentiranno autorizzate a non considerare una priorità intervenire sui percorsi di palliazione di altre aree come quella neurologica.

Peraltro i dati 2022 relativi al suddetto indicatore evidenziano una preoccupante situazione in tutte le Regioni, con una media a livello nazionale del 37,27% di pazienti oncologici deceduti presi in carico dalla rete di CP. Il dato del Ministero della Salute sulla inadeguatezza dei percorsi di palliazione in campo oncologico, trovano ovviamente conferma, come verifico quotidianamente nella mia esperienza diretta, in ambito neurologico, dove si registra comunemente l’assenza di un approccio palliativo al paziente con prognosi infausta ed al suo contesto di vita/assistenza. Questo non riguarda solo il processo del morire (e ricordo che nelle demenze la morte biologica è preceduta negli anni dal morire della vita biografica), ma anche il perdurare della vita in condizioni di "vita inedita" a causa di disabilità gravissime (impossibilità muoversi, impossibilità di alimentarsi/idratarsi, deprivazione neurosensoriale, perdita della capacità di comunicare, ecc).

L’attenzione dei neurologi al tema delle CP non è nuova. Già nel 2018, come ebbi modo di scrivere con alcuni colleghi a nome del Gruppo di Studio per la Bioetica e le Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia (SIN) anche su Qs, era uscito un documento intersocietario scritto con la Società Italiana di Cure Palliative (SICP) in cui concludevamo che nell’ambito della nostra disciplina “I programmi di CP, con qualificata assistenza ai malati e alle loro famiglie nelle varie fasi della malattia, potrebbero ridurre il numero di accessi in P.S. e ricoveri in emergenza (spesso impropri e traumatici per il malato e la famiglia) e le ospedalizzazioni in letti per acuti nelle fasi finali della vita.” Purtroppo il documento non trovò poi concreta applicazione se non in alcune realtà locali e per questo ritengo opportuno rilanciare l’attenzione al problema.

In linea con quanto a suo tempo riportato nel Documento intersocietario, ritengo che la soluzione non sia solo nelle cure palliative specialistiche, dove per specialistiche si intendono qui le cure erogate da strutture, servizi e professionisti che si occupano solo e specificamente di palliazione. L’idea prevalente nella letteratura internazionale è che le CP debbano essere precoci e simultanee e non necessariamente “specialistiche”, ma erogate secondo livelli di complessità che si integrano tra di loro, mano a mano che i bisogni delle persone da assistere si modificano alla luce dell’evoluzione della traiettoria di malattia e degli eventi intercorrenti (non solo sanitari, ma anche sociali). Si tratta di modelli dinamici che prevedono almeno un doppio livello di assistenza: le CP cosiddette “generali o di base” e quelle “specialistiche”.

Nel caso delle CP neurologiche di base, compito dei neurologi deve essere quello di pianificare la cura, intercettare i bisogni e provare a gestirli e consegnare al momento giusto (alla luce dei cosiddetti “nodi decisionali” o “trigger point”) il caso ad eventuali interventi di “specialisti in medicina e cure palliative”, rendendo il più possibile autonomi nelle scelte i loro pazienti (grazie anche alla Pianificazione Condivisa delle Cure prevista dalla Legge 219/17), fornendo adeguate informazioni, con modalità progressive e adatte alle persone che si trovano di fronte. In questo quadro, un ambulatorio neurologico di secondo livello (Centro Sclerosi Multipla, Centro SLA/malattie neuromuscolari, Centro malattie rare neurologiche, Centro Disturbi Cognitivi e Demenze, ecc.) deve arricchirsi di conoscenze palliative e deve avere il tempo per farle crescere e diffondere con lo strumento della formazione. Se si accetta questa impostazione non abbiamo solo bisogno di professionisti specialisti in CP che stanno dentro i nodi specialistici della rete palliativa, ma anche di professionisti (neurologi, infermieri e psicologi) che siano in grado nei centri specialistici neurologici di affrontare le gravi disabilità con approccio palliativo. Altrimenti continueremo a saturare rapidamente anche quel poco di risorse specialistiche palliative di cui dispone la maggioranza delle Regioni.

Bisogna (ri)partire allora dalla consapevolezza che la presenza di una competenza palliativa in ogni equipe neurologica è clinicamente indispensabile nei percorsi di presa in carico dei pazienti con gravi patologie croniche di competenza neurologica. Chi se non l’equipe neurologica che ha seguito un paziente fin dalla diagnosi, può farsi meglio carico del passaggio di testimone alle CP specialistiche? Chi, se non il neurologo, può avere competenza per prognosticare ed affrontare l’eterogeneità, la peculiarità e la complessità dei sintomi e dei problemi che la disabilità neurologica pone all’intervento palliativo? Le CP specialistiche interverranno laddove sarà richiesto dalle “cure neurologiche palliative di base” in presenza di particolari difficoltà e complessità.

Ovviamente questi due livelli di assistenza devono trovare le loro fondamenta nella partecipazione consapevole della comunità neurologica che deve impegnarsi non solo a formarsi in tema di approccio palliativo, ma anche a contribuire allo sviluppo di una cultura della palliazione nella società, cultura che come tutti passiamo ha un elevato valore etico.

Eugenio Pucci,
Neurologo,
Coordinatore del Gruppo di Studio di Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia e Segretario Regionale per le Marche della Società Italiana di Neurologia.

26 luglio 2024
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