toggle menu
QS Edizioni - domenica 30 giugno 2024

Lettere al Direttore

Le prescrizioni indotte e le autoprescrizioni: due fenomeni incontrollati dagli effetti disastrosi sulla appropriatezza

di Claudio Maria Maffei
immagine 23 maggio -

Gentile direttore,
il tema della (in)appropriatezza prescrittiva è all’ordine del giorno sia quando si parla di liste di attesa (e cioè tutti i giorni) che quanto si parla di spesa farmaceutica e di antibioticoresistenza (in questo caso non se ne parla abbastanza spesso). A questo fenomeno dai costi economici oltre che sanitari e sociali enorme non può fare da unico o quasi unico argine la medicina generale. Questo orientamento è illogico e andrebbe in tutti modi evitato e per farlo occorre affrontare due questioni difficili da risolvere rispetto a cui non si può però fare finta di niente: la prescrizione indotta (il fenomeno più pesante) e l’autoprescrizione (un fenomeno crescente).

La prescrizione indotta ha cause precise e note, che hanno un unico comune denominatore: cosa prescrivere lo decidono in tanti, ma a prescrivere è quasi sempre uno solo, il medico di medicina generale (MMG), autorizzato all’utilizzo del ricettario per conto di tutti. Facciamo un breve elenco con numeri di quanti sono i casi in cui il MMG prescrive per conto di qualcun altro:

  • il medico specialista in libera professione;
  • il medico specialista in regime privato;
  • la struttura di ricovero privata che dimette;
  • il medico con qualunque rapporto col Ssn che partecipa alle sempre più numerose giornate ad accesso libero e gratuito della prevenzione, della vista, del respiro, del sonno, della salute della donna, ecc.

Proviamo a dare qualche numero tanto per avere una idea. Dall’ ultimo rapporto dell’Agenas nel 2022 sulla attività libero-professionale intramuraria (ALPI) le prestazioni erogate in Alpi sono state quasi 5 milioni. In particolare le visite specialistiche con oltre 3,7 milioni di prestazioni hanno rappresentato il 78% del totale. A livello assoluto la visita cardiologica (588.343) è stata quella più erogata in intramoenia, seguita dalla visita ginecologica (476.643) da quella ortopedica (466.466) e dalla visita oculistica (354.319). Nel 2021 secondo l’ultimo Rapporto SDO le dimissioni da reparti per acuti di strutture private accreditate sono state 789.658 cui si aggiungono altre 53.099 dimissioni da case di cura private non accreditate. Più difficile stimare il numero di prestazioni in regime privato “puro”: se le consideriamo almeno metà di quelle erogate in libera professione (stima molto conservativa, ma proprio molto) parliamo di almeno 1,8 milione di visite. Quanto alle giornate a libero accesso e fee for service alle prestazioni erogate in regime di volontariato dagli specialisti la stima è impossibile. Si tratta comunque di prestazioni concentrate in singole giornate destinate a ricadere il lunedì successivo sugli ambulatori locali della medicina generale. A questo fiume in piena dovrebbero fare da diga 40.000 medici di medicina generale.

Qualche considerazione aggiuntiva prima di fare un accenno all’autoprescrizione. La prescrizione indotta ha una elevata probabilità di essere inappropriata in tutte e quattro le situazioni: nelle prime tre (ALPI, specialista privato e struttura di ricovero privata) perché la spinta alla fidelizzazione del paziente inevitabilmente spinge in quella direzione, mentre nelle giornate “della prevenzione” si corre l’inevitabile rischio di inappropriatezza delle verifiche di casi generati da screening non mirati o validati. La inappropriatezza delle prescrizioni indotte (che si tratti di accertamenti o di farmaci o altro ancora come trattamenti riabilitativi) non può essere controllata al livello della medicina generale. E’ ovvio, credo.

A queste situazioni si aggiungono quelle generate dalla autoprescrizione di “controlli in farmacia” che pure rientrano tra quelle a rischio di generare percorsi di verifica inadeguati perché replicano il problema delle giornate ad accesso libero (e incontrollato). Situazioni anche queste che ricadono sul MMG, come del resto ricade su di lei o lui buona parte dei percorsi di presa in carico che le strutture pubbliche non riescono a fare anche quando dovrebbero, persino in area oncologica (qui la prescrizione più che indotta è “trasferita”). Il che aumenta il suo carico di lavoro burocratico di “impegnativizzazione” delle scelte altrui, carico oltretutto fastidioso da sopportare, oltre che concausa della inappropriatezza prescrittiva “vera” del MMG i cui tempi di lavoro clinici si riducono sempre più.

Soluzioni? Ai tempi della digitalizzazione forse qualche soluzione si può e si deve trovare fosse anche quella, tra le altre, di mettere in discussione il dogma che il ricettario è uno strumento quasi solo del medico di medicina generale (e del pediatra di libera scelta, cui si applicano le stessissime considerazioni).

Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche

23 maggio 2024
© QS Edizioni - Riproduzione riservata