17 aprile -
Gentile Direttore,ho salutato con entusiasmo la riflessione della dr.ssa Claudia Zamin su QS. L’attenzione da lei riservata alla “comunità”, a fronte della crisi del sistema di welfare, consegna il potenziale evocativo del termine, senza eluderne i rischi. Declinazione, quella della Zamin, che induce ad una ponderazione accurata e minuziosa.
La trasformazione dei modelli di servizio, il governo della domanda e la reingegnerizzazione dei processi di cura impongono un approccio sistemico e risposte coerenti.
La scarsità di risorse, il quadro epidemiologico, le trasformazioni demografiche, con il processo di invecchiamento e la riduzione della natalità, indicano quali priorità: la prevenzione, la gestione delle patologie cronico – degenerative e le fragilità.
Indispensabili risultano:
- la tenuta e la centralità della sanità pubblica;
- un cambio di passo in termini epistemici;
- un approccio globale e sistemico;
- risposte interdisciplinari integrate.
La loro assenza, confinando l’azione al pensiero che ne ha generato la necessità, ostacola il cambiamento e vanifica l’azione del PNRR.
La sfida è tracciare, oltre gli “specialismi e tecnicismi”, una cornice culturale in grado di rispondere alle esigenze:
- di evoluzione e di crescita dei bisogni delle persone;
- di ricomposizione unitaria delle risposte, di presa in carico e di continuità delle cure;
- di alfabetizzazione alla salute quale strategia di empowerment;
- di definizione condivisa ed integrata di Profili e Piani di Salute delle popolazioni.
La nozione polisemica della salute ne sollecita la declinazione in senso generativo e formativo, attraverso un itinerario di comprensione ed organizzazione aperto alla socialità. Lavorando con i diversi mondi che impattano sulla vita delle persone e favorendo la capillarizzazione di competenze ed attività a livello di microsistema, a garanzia di prossimità ed argine alla crisi “comunicazionale” tra le organizzazioni ed i cittadini.
Risultano cruciali, nella costruzione della salute, gli spazi d’incontro e la partecipazione delle persone ad un disegno umano incline all’ascolto, aperto alla complessità del dialogo, immune da logiche di dominio; in grado di contemperare le specificità simboliche, sociali, culturali, geografiche, economiche e politiche presenti nella comunità.
Fondamentale che la “Casa della Comunità” si caratterizzi quale “laboratorio di convivenza”, per la promozione del territorio e delle sue potenzialità. Una progettualità propositiva di cittadinanza dove il bene salute è generato dall’investimento in “tecnologie relazionali”, dalla sinergia di saperi e dalla partecipazione attiva dei diversi portatori d’interesse. Una strategia qualificante la pratica, nell’ottica di apprendimento dinamico, condiviso e motivante, che rende il gioco di “squadra” l’elemento di forza per agire sui determinanti di salute e sulla definizione delle reti.
Su questi assunti il costrutto semantico “Casa della Comunità”, fuori da una logica prestazionale mercificante, si classifica come sintesi significativa e rappresentazione plastica del nuovo paradigma di salute. Creando le condizioni che ne fanno il primo luogo di cura, spazio di partecipazione e di lavoro in rete. Un intreccio di relazioni che, attraverso l’attivazione di processi di “formatività antropologica”, assurge a concreto fattore di crescita umana ed esistenziale capace di:
- declinare il concetto di salute oltre la medicalizzazione del reale;
- valorizzare la presenza umana;
- potenziare il team e le diverse modalità operative;
- progettare in modo integrato e creativo;
- sviluppare processi di apprendimento e di “capacitazione”.
con la consapevolezza che ogni contesto ha repertori culturali e sociali propri che richiedono tempo, comprensione dei valori e delle condizioni materiali nella quotidianità. Senza dimenticare che l’erogazione dei servizi, oltre che dalla capacità dei professionisti, dipende dalla loro legittimazione politica e sociale.
Indispensabile, quindi, che:
- il SSN sia sorretto da risorse pubbliche adeguate;
- le Cure Primarie si fondino secondo l’approccio della “Primary Health Care”;
- si contenga il “produttivismo” a vantaggio del valore di esiti di salute;
- si dia valore alla vita delle persone e delle comunità.
Sono solo alcune delle direzioni su cui investire affinché la “Casa della Comunità” svolga la sua funzione di gestione plurale e di contenimento di derive monocratiche ed autoreferenziali. Entrando nel nuovo attraverso un viaggio che muove la mente, l
asciando che aria nuova soffi sui vecchi giochi.
Flaminia Rozzi Infermiera Resp Percorsi Formativi Comparto (pensionata) Affiliata AIFeC ed APRIRE