27 marzo -
Gentile Direttore,32 anni, oggi, dal DPR del 1992 che istituisce di fatto il sistema di emergenza urgenza nazionale.
Un traguardo che avremmo voluto vedere superato da una riforma seria e credibile in materia di razionalizzazione, valorizzazione delle competenze, riconoscimento di profili che negli anni si sono saputi affermare di fatto, ma senza reali normazioni di competenze e prerogative.
Le ricorrenze si festeggiano, certo, ma in questo caso specifico c’è ben poco da festeggiare. Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di riforme senza mai arrivare a nulla che andasse oltre qualche passerella. Abbiamo scritto, e posso dire “abbiamo” - essendone stato in altro ruolo uno dei firmatari - la Carta di Riva. Un bel documento che avrebbe potuto essere un’ottima base di discussione ma che è rimasta lettera morta, sepolta dalle diatribe di corrente, sia politiche che professionali, veri freni ad un reale cambiamento.
Nel frattempo abbiamo medici che lasciano l’attività, per essere meglio remunerati e per cercare una vita più tranquilla, in senso lato, rispetto a quella che l’attività di territorio e di pronto soccorso possono dargli. Abbiamo infermieri che, in sempre maggiore quantità, vengono impiegati nel sistema di emergenza territoriale, con non sempre chiari e definiti percorsi formativi e professionali e senza una reale e chiara definizione degli ambiti di competenza. Vediamo autisti soccorritori che attendono un riconoscimento della figura che pare non si voglia dare loro e psicologi che, incredibilmente, faticano ad entrare nei sistemi di emergenza per potersi prendere cura di chi cura. Si potrebbe continuare, parlando ad esempio dell’utilizzo del personale volontario nei sistemi di emergenza territoriale non come fondamentale supporto ai professionisti o nella gestione di codifiche a bassa priorità e gravità, ma come attore spesso primario, senza che ci si curi seriamente delle competenze e relative prese di responsabilità che a questo personale si finisce col richiedere in maniera incongrua.
Ancora dopo 32 anni, si subisce la logica del “feudo”, dove chi dirige in maniera illuminata crea sistemi virtuosi e dove chi, invece, non lo fa semplicemente ha la licenza di continuare a non farlo in nome di una autonomia regionale che, in questo caso, crea sacche di difformità nell’assistenza erogata semplicemente inaccettabili per un Paese civile. In questo senso è illuminante, per chi ancora non ne avesse contezza, l’ultimo rapporto AGENAS sulle reti tempo dipendenti da voi pubblicato.
Avremmo voluto festeggiare una finalmente avvenuta riforma del sistema ma, come presidente di una società a carattere scientifico, quale è AIES, che raccoglie tutte le figure operanti nella rete dell’emergenza urgenza tra i suoi iscritti, non posso che farmi portatore del loro disappunto.
Credo che oggi dovrebbe essere una giornata della riflessione. Una riflessione a tutto tondo su dove questo sistema di emergenza, tassello fondamentale della sanità nazionale, voglia essere portato e se realmente, al di là dei proclami da congresso, vi sia la volontà politica, e delle professioni, di fermare una emorragia continua di professionisti, delle relative competenze, di risorse economiche e, non ultima, di fiducia da parte della cittadinanza.
Il tempo sta per scadere e il personale di quest’area, che ogni giorno e ogni notte garantisce il servizio con la propria professionalità, ne ha abbastanza di essere chiamato “eroe”.
Roberto RomanoPresidente AIES - Accademia Italiana Emergenza Sanitaria