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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Lettere al Direttore

I sindacati medici rischiano l’irrilevanza?

di Maurizio Andreoli
18 marzo - Gentile Direttore,
lo stato dell’arte: in questi ultimi 20/30 anni l’azione sindacale non è riuscita ad arrestare efficacemente il declino delle condizioni lavorative (professionali, economiche, giuridiche) dei medici, un fenomeno che avanza di pari passo con il degrado e lo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale. E i sindacati perdono iscritti.

Non stupisce più di tanto la “conta” dei sindacati medici certificata dalla SISAC per la medicina convenzionata nel suo insieme. Il trend è in costante discesa da oltre un decennio, con una perdita, ad esempio, per la sola medicina generale di quasi il 30% delle deleghe (da 41.495 MMG iscritti ai sindacati nel 2011 a 29.342 nel 2023, dato SISAC). Trend negativo che si ripropone anche per la dirigenza medica, con adesioni scese dalle oltre 79.000 deleghe del triennio 2016-18 alle 69.600 del 2022-24 (-12,6% dato ARAN).

Alcuni contrappongono a questa situazione un dato più generale: la sindacalizzazione medica rimane comunque al di sopra della media italiana che era pari al 32,5 per cento nel 2019 (OECD), attestandosi sopra il 60 per cento nella convenzionata e sopra al 50 per cento nella dirigenza (55,1% in totale, figura 1). Anche in termini assoluti, né il numero totale degli addetti, né il numero totale delle deleghe sindacali sfigura in confronto ad altre categorie di dipendenti pubblici ben più numerose, quali il comparto sanità o la scuola, o di dipendenti privati quali il settore metalmeccanico (figura 2).


E allora come si spiegano i risultati così scarsi dell’azione sindacale, al netto del disinteresse della politica per una questione, la difesa del SSN e dei suoi operatori, che disgraziatamente non viene considerata una priorità? La interpretazione più convincente, tanto logica quanto evidente, è la frammentazione giuslavoristica della categoria medica (convenzionati e dirigenti) e la conseguente ulteriore frammentazione sindacale.

Se osserviamo il peso relativo delle due principali sigle sindacali per numero di deleghe rispetto al totale di tutti i medici del SSN, troviamo una rappresentatività poco sopra al 9 per cento per la medicina generale e poco sopra l’8 per cento per la dirigenza. Il loro reale peso politico sindacale è quello. A seguire dopo di esse altre 16 sigle nella medicina generale di cui solo 4 superano lo sbarramento della rappresentatività, e altre 45 (!) nella dirigenza, delle quali 7 rappresentative.

Per fare un confronto, i sindacati confederali del comparto SSN raccolgono oltre il 60% delle deleghe, rappresentando quasi il 40% di tutti i lavoratori. Ben altri numeri, ben altro peso.

C’è da dire però che forse la frammentazione sindacale medica è funzionale ad un certo tipo di politica sindacale, molto più attenta a garantire rendite di posizione che a tutelare la professione nel suo insieme.

Come superare queste debolezze? Intanto riunendo le due anime della medicina pubblica: una proposta forte è, almeno in prospettiva, quella di un contratto unico per tutti i medici del Servizio Sanitario declinato secondo le varie peculiarità degli incarichi, proposta che FISMU avanza da tempo. In seconda istanza cercando di fare fronte comune, ridurre insomma gli effetti negativi della eccessiva frammentazione delle sigle (i confederali del comparto insegnano). E infine distinguendo nettamente l’azione sindacale da ogni altro incarico, introducendo l’incompatibilità tra cariche sindacali e altre cariche, a partire dalle previdenziali (ENPAM) e dalle ordinistiche; che dire poi della cogestione di fatto dei corsi regionali di formazione MMG (fonte di nuove deleghe, magari non proprio tutte adesioni spontanee), cogestione che va di pari passo con la resistenza di alcune sigle alla trasformazione dei corsi regionali in scuola di specializzazione universitaria come avviene in mezza Europa e come noi chiediamo da sempre.

Senza questo “ritorno alle origini” della azione sindacale, sempre più medici si allontaneranno vuoi per disaffezione, vuoi per sfiducia, vuoi per disillusione. E la classe medica vedrà diminuire man mano la sua influenza. Forse è il caso che qualche dirigente sindacale finalmente ci pensi un po’ su.

Maurizio Andreoli
Centro Studi e Ricerche Sociali e Sanitarie G.M. Maccacaro - FISMU
18 marzo 2024
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