Lettere al Direttore
Tre anni dalla pandemia: poca sensibilità per l’assistenza infermieristica e le sorti del Ssn
di Walter De CaroGentile direttore,
le sfide di tenuta complessiva che sta affrontando il Servizio Sanitario Nazionale si riverberano sempre più sul suo personale, in specie gli infermieri, a pochi giorni dal terzo anniversario della dichiarazione della pandemia da parte dell’OMS, il prossimo 11 marzo.
Sono queste, anche sfide di aspirazione e di sensibilità: Quale è la nostra ambizione? Mantenersi su livelli drammaticamente inadeguati in talune aree di personale e servizi, non riuscendo a soddisfare i bisogni di salute, o pretendere tutti cittadini e professionisti, livello di servizio sanitario e trattamento del personale comparabili, ad esempio, di altri Paesi di riferimento?
Gli infermieri non si aspettavano di trovarsi ancora in questa situazione: profondamente colpiti nel loro quotidiano dalla mancanza della crescita di retribuzioni e di riconoscimento delle competenze, dalle inadeguate condizioni operative e dalla violenza sul posto di lavoro: tutti fattori esacerbati dalla pandemia e da tutti gli scossoni conseguenti e ancora non risolti.
È troppo facile continuare a dichiarare – per coloro che occupano posizioni di Governo e di scelta strategica ai diversi livelli – del loro amore per il SSN o gli infermieri, della stima verso il personale infermieristico che assiste valorosamente pazienti e cittadini, dell’essere una componente importante dei Servizi sanitari, conosciuti per la competenza e l’assistenza compassionevole.
Allo stesso tempo, però continuano a trattare il corpus professionale infermieristico come semplice “passeggero” del servizio sanitario. Passeggeri di cui sono sgradite le eventuali rimostranze, quando per esempio si assiste, pur assenza di robusti dati, al raddoppio dei posti disponibili per i corsi di laurea in Medicina e per le connesse specializzazioni (caso unico di formare più medici che infermieri) e nessuna azione per aumentare l’attrattività per la professione infermieristica che versa in condizioni di carenza drammatiche.
Passeggeri che non sono compartecipi nelle scelte e negli investimenti che vengono fatti ai diversi livelli, anche in presenza di evidenti fallimenti, specie in paragone con altri paesi europei.
Per converso, stupisce, rispetto alle tante dichiarazioni in difesa del SSN, il progressivo finanziamento dei servizi sanitari privati – specie su base assicurativa - da parte di tanti Ministeri, Agenzie, Università pubbliche, espresse in forma di benessere/welfare aggiuntivo per il personale, o la ampia “pubblicizzazione” da parte di organizzazioni legate allo “Stato” di professionisti e prestazioni erogate in regime privatistico.
Qualche interrogativo rispetto alla “vision” che hanno queste Istituzioni può senza altro porsi, visto che queste azioni potrebbero far evidenziare un piano inclinato, con ipotesi di alterazione della concorrenza nello specifico settore, dovuto all’impiego di risorse pubbliche. Questo rileva sempre più la necessità di una specifica regolazione delle partnership pubblico-privato nel sistema salute e una diversa modalità di acquisizione di servizi e personale.
Mentre le liste di attesa sono fuori controllo, la componente out-of-pocket di spesa ha di molto superato il 20%; in molte (tutte?) le Regioni procedono – a geometria variabile - i lavori per le attività del PNRR. Tuttavia, al momento, poco si è tradotto nell’ambito dell’assistenza sanitaria primaria nel cambiamento per i cittadini (partendo dal semplificare l’accesso alle strutture), venendo incontro alle loro esigenze rispetto alle crescenti tendenze (aumento della prevalenza della disabilità, invecchiamento della popolazione, nuove terapie), che portano ad una domanda di salute, in molti casi non adeguatamente corrisposto.
Ancora meno si sta facendo – in concreto per il personale infermieristico in termini di prospettive di autonomia e continuità del percorso assistenziale con la pratica specialistica, la pratica avanzata, la prescrizione di farmaci.
La stessa norma sull’abolizione del vincolo di esclusività per i professioni sanitari resta ancora inattuata in diverse realtà e le anomale proposte di favorire la migrazione internazionale verso l’Italia non sembrano aver il dovuto seguito a molti mesi dalle dichiarazioni, se non continuare a prevede un quadro legislativo che vede possibile l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario, in deroga alle norme sul riconoscimento delle qualifiche professionali: un “unicum” a livello globale.
Non si può infatti, non sottolineare, quindi il tema cruciale e nettamente sempre più emergente della “demoralizzazione” degli infermieri italiani, dopo tutti questi anni di promesse mancate, fatte dall’interno e dall’esterno della professione.
Nulla si è concretizzato per la ridefinizione dei limiti dell’agire professionale tra professioni e dei livelli di organico da garantire per la sicurezza dei pazienti. Prevale un atteggiamento “conservativo” – di mantenimento dello status quo di relazioni – tale da non consentire quegli avanzamenti utili ai cittadini, come facilitare l’accesso all’assistenza sanitaria, attraverso infermieri che possa in autonomia trattare e gestire gli episodi di salute dei cittadini in continuità, oltre alla migliore protezione nelle situazioni di emergenza.
La salute è la vera ricchezza per ogni Paese. Rappresenta il volano principale delle economie e il suo capitale umano; gli infermieri quale professione più numerosa devono davvero passare dall'essere invisibile all'essere considerata preziosa, come sostengono da sempre il Consiglio Internazionale degli infermieri (ICN) e la Consociazione Nazionale delle Associazioni Infermieri (CNAI) e come evidenziato nel recente International Workforce Forum a Stoccolma.
Si auspica inoltre che i dati di confronto e le “prove” sempre più presenti in ambito europeo ed internazionale, possano fornire lo stimolo per convincere i decisori istituzionali e politici dell'urgente necessità di un cambiamento migliorativo per professione infermieristica e per il Servizio Sanitario nazionale pubblico.
Walter De Caro
Presidente Nazionale CNAI